Da Il Messaggero del 17/10/2005
Viaggio tra seggi e gazebi nella Capitale, dove nasce una nuova specie politica: “l'italiano da primarie”
Tutti in fila. E la matita diventa una clava
Al voto tra sfoghi sui prezzi troppo alti, rabbia anti-premier e voglia di contare
di Mario Ajello
E' NATO un nuovo tipo d'italiano? Forse sì. E' l'italiano da primarie. Appartiene a una specie umana che, ieri, si è scoperta numerosa e molto forte. E si è presa, clamorosamente, tutta la scena. Eccolo l'italiano da primarie, che fa la fila ai seggi e ai gazebo, nei quartieri ricchi e nei quartieri poveri. E' un tipo un po' attempato. Non giovane, paziente mentre aspetta il suo turno per votare, e implacabile. Prende la matita fra le dita, si avvicina alla scheda gialla e sembra dire: «Questa matita è la mia clava!». Non perché l'italiano da primarie sia cattivo d'animo. Però si è messo paura del Cavaliere resuscitato e lo vuole sommergere sotto un mare di X (per Prodi o per gli altri).
L'italiano da primarie si sente bello. Almeno agli occhi dei sostenitori del Polo. Qualcuno di questi, a Roma, al gazebo del Flaminio o al seggio della Bufalotta, ronza intorno ai luoghi del voto. Un vecchietto, con in pugno due giornali di centro-destra, invece di gridare «schifosi comunisti!!!» dice agli avversari che stanno in fila: «Beati voi!». Avrebbe voluto votare anche lui, alle primarie del Polo, che non si faranno. Nel bar di fronte alla sezione Ds del Nuovo Salario, a piazza Ateneo Salesiano, un gruppo di ragazzotti di destra guardano gli unionisti alle urne. Ma che fascisti siete, neanche li menate a questi qui? «No, questa è la democrazia», dice uno con il look da duro di periferia. Aggiunge: «Alle nostre primarie, io voterei per Rauti». «Io per Berlusconi». «Io per Alemanno». Ma c'è già Silvio che ha votato per sé.
Dunque, l'italiano da primarie si gode il fair-play con cui lo guardano gli altri (ma non i vertici del Polo). Lui non è un agit-prop, né un fante di una truppa cammellata. E' un cittadino normale. Che si sente promosso, perché gli chiedono di firmare condizione per essere ammesso al voto il mini-programma dell'Unione, cioè una specie di Contrattino con gli italiani. «L'anti-Berlusconi sono Io», pensa in quel momento l'omino o la vecchietta o il ragazzo ruspante o il radical chic, con la matita in mano. Anche le suore votano copiosamente. Una, al seggio dell'Eur, in piazzale Kennedy, incontra Rutelli e si baciano. «E' stata la mia maestra d'asilo», dice il Bello Guaglione.
Suora, prete o punkabbestia (ce n'è uno al gazebo di piazza Fiume: «Può votare anche il mio cane?»), talvolta può essere qualunquista l'italiano da primarie. Al Tiburtino, una signora: «Io non sono di nessun partito. Ma ho voglia di cambiare. Ha visto quanto costano le pere al mercato?». A piazza Melozzo, come in altri seggi, c'è uno scrutatore che funge anche da radar umano anti-stupidotti (così Prodi chiama i polisti che vorrebbero infiltrarsi nel voto). Signor radar, ha intercettato qualche sabotatore? «No». Possibile? «Alcuni di An sono venuti a salutarci». Altra scenetta al Nomentano: «Sono qui le primarie del Polo?», chiede un anziano davanti alla sezione Ds.
Intanto parte, ovunque, la caccia alla fotocopiatrice. Bisogna fabbricare altre schede, perché quelle che ci sono non bastano. Nessuno protesta. Si sente anglosassone l'italiano da primarie. Inglese, perché in attesa della nuova fornitura di schede sta in fila anche due ore, senza sacramentare. Americano, perché questa consultazione viene dagli States e rappresenta, ai suoi occhi, la contrapposizione perfetta all'arci-italianità del ritorno al proporzionale imposto dal Cavaliere. Chi, dopo aver votato, invia verso Arcore un bel «tiè!!!», con tanto di braccio a ombrello. Chi, a piazza Euclide, ingaggia questa discussione con un azzurro. «Berlusconi è un ladro!». «Se ha le prove, le vada a portare ai magistrati». «E che ci vado a fare? Quello i giudici se li compra...». Si vive come un partigiano e un resistente l'italiano da primarie. E il voto di ieri è il suo sparo contro il berlusconismo considerato nella sua fase finale e più cruenta, modello Salò.
E comunque, al seggio ci sono animali e bambini, storpi e badanti, chic e filippine. E le schede sono finite un'altra volta. «Non importa dice l'italiano da primarie , io posso pure fare notte!». E' molto motivato questo nuovo omino sullo stile di quelli disegnati da Altan, ma stanco di avere sempre l'ombrello piantato nel didietro sia per mano degli avversari sia per mano delle nomenclature di sinistra. Quindi, se potesse, voterebbe due volte. Qualcuno ci prova. Lo pizzicano. Protesta con il responsabile del gazebo: «Compagno, che me stai a reprime'?!».
Ora i seggi sono chiusi. Pendono ancora i poster ufficiali della consultazione: «Io partecipo, io scelgo, io governo». L'italiano da primarie ha partecipato e ha scelto. Se poi governerà, è tutto da vedere.
L'italiano da primarie si sente bello. Almeno agli occhi dei sostenitori del Polo. Qualcuno di questi, a Roma, al gazebo del Flaminio o al seggio della Bufalotta, ronza intorno ai luoghi del voto. Un vecchietto, con in pugno due giornali di centro-destra, invece di gridare «schifosi comunisti!!!» dice agli avversari che stanno in fila: «Beati voi!». Avrebbe voluto votare anche lui, alle primarie del Polo, che non si faranno. Nel bar di fronte alla sezione Ds del Nuovo Salario, a piazza Ateneo Salesiano, un gruppo di ragazzotti di destra guardano gli unionisti alle urne. Ma che fascisti siete, neanche li menate a questi qui? «No, questa è la democrazia», dice uno con il look da duro di periferia. Aggiunge: «Alle nostre primarie, io voterei per Rauti». «Io per Berlusconi». «Io per Alemanno». Ma c'è già Silvio che ha votato per sé.
Dunque, l'italiano da primarie si gode il fair-play con cui lo guardano gli altri (ma non i vertici del Polo). Lui non è un agit-prop, né un fante di una truppa cammellata. E' un cittadino normale. Che si sente promosso, perché gli chiedono di firmare condizione per essere ammesso al voto il mini-programma dell'Unione, cioè una specie di Contrattino con gli italiani. «L'anti-Berlusconi sono Io», pensa in quel momento l'omino o la vecchietta o il ragazzo ruspante o il radical chic, con la matita in mano. Anche le suore votano copiosamente. Una, al seggio dell'Eur, in piazzale Kennedy, incontra Rutelli e si baciano. «E' stata la mia maestra d'asilo», dice il Bello Guaglione.
Suora, prete o punkabbestia (ce n'è uno al gazebo di piazza Fiume: «Può votare anche il mio cane?»), talvolta può essere qualunquista l'italiano da primarie. Al Tiburtino, una signora: «Io non sono di nessun partito. Ma ho voglia di cambiare. Ha visto quanto costano le pere al mercato?». A piazza Melozzo, come in altri seggi, c'è uno scrutatore che funge anche da radar umano anti-stupidotti (così Prodi chiama i polisti che vorrebbero infiltrarsi nel voto). Signor radar, ha intercettato qualche sabotatore? «No». Possibile? «Alcuni di An sono venuti a salutarci». Altra scenetta al Nomentano: «Sono qui le primarie del Polo?», chiede un anziano davanti alla sezione Ds.
Intanto parte, ovunque, la caccia alla fotocopiatrice. Bisogna fabbricare altre schede, perché quelle che ci sono non bastano. Nessuno protesta. Si sente anglosassone l'italiano da primarie. Inglese, perché in attesa della nuova fornitura di schede sta in fila anche due ore, senza sacramentare. Americano, perché questa consultazione viene dagli States e rappresenta, ai suoi occhi, la contrapposizione perfetta all'arci-italianità del ritorno al proporzionale imposto dal Cavaliere. Chi, dopo aver votato, invia verso Arcore un bel «tiè!!!», con tanto di braccio a ombrello. Chi, a piazza Euclide, ingaggia questa discussione con un azzurro. «Berlusconi è un ladro!». «Se ha le prove, le vada a portare ai magistrati». «E che ci vado a fare? Quello i giudici se li compra...». Si vive come un partigiano e un resistente l'italiano da primarie. E il voto di ieri è il suo sparo contro il berlusconismo considerato nella sua fase finale e più cruenta, modello Salò.
E comunque, al seggio ci sono animali e bambini, storpi e badanti, chic e filippine. E le schede sono finite un'altra volta. «Non importa dice l'italiano da primarie , io posso pure fare notte!». E' molto motivato questo nuovo omino sullo stile di quelli disegnati da Altan, ma stanco di avere sempre l'ombrello piantato nel didietro sia per mano degli avversari sia per mano delle nomenclature di sinistra. Quindi, se potesse, voterebbe due volte. Qualcuno ci prova. Lo pizzicano. Protesta con il responsabile del gazebo: «Compagno, che me stai a reprime'?!».
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