Da Corriere della Sera del 12/10/2005
Voto regolare, ma milizie ribelli si avvicinano alla capitale
La Liberia insegue la pace nelle urne
Nessun candidato sembra in grado di vincere al primo turno
di Massimo A. Alberizzi
MONROVIA - Ieri mattina le strade di Monrovia erano deserte. La gente si è svegliata prestissimo per raggiungere i seggi e le prime file hanno cominciato a formarsi già attorno alle 2 del mattino. In alcune delle zone più periferiche della capitale liberiana le operazioni di voto sono continuate per tutto il giorno e sono andate avanti fino a notte fonda. Alle 18, ora prevista per la chiusura dei seggi, le lunghe code di gente in attesa di poter votare non erano ancora smaltite. Così, come era nei patti, le operazioni sono andate avanti finché l’ultimo degli elettori in attesa non ha esercitato il suo diritto.
Non ci sono stati incidenti. Osservatori della Nazioni Unite sentiti dal Corriere hanno confermato che anche nelle altre città più importanti del Paese le operazioni di voto si sono svolte regolarmente. Facce rabbuiate nei quartier generali di 20 candidati presidente che le previsioni danno lontani dal traguardo. Facce sorridenti a casa dei due contendenti principali, George Weah ed Ellen Johnson-Sirleaf. Davanti ai giornalisti, entrambi, con una certa monotonia, hanno ripetuto la stessa frase: «Sicuramente vincerò al primo turno». I diplomatici occidentali a Monrovia sono di diverso avviso: nessuno dei due raggiungerà il 50 per cento dei voti e si andrà al ballottaggio.
Mentre i liberiani sono impegnati a votare per determinare il futuro democratico del Paese, dopo una dozzina d’anni di violenze, si riparla ancora di guerra. Fonti di intelligence della missione dell’Onu in Liberia (Unmil) riferiscono che alcune piantagioni di caucciù attorno alla capitale sono state invase da ex combattenti per ora privi di armi. Secondo le stesse fonti i miliziani sono comandati dal generale Coco Dennis, un seguace di Charles Taylor, il presidente dittatore cacciato dai ribelli nel 2003, e interi arsenali sarebbero stati nascosti.
In Liberia ci sono 15 mila caschi blu. La loro presenza, però, non sembra impensierire troppo chi, se dovesse perdere le elezioni, potrebbe ritornare a combattere.
Non ci sono stati incidenti. Osservatori della Nazioni Unite sentiti dal Corriere hanno confermato che anche nelle altre città più importanti del Paese le operazioni di voto si sono svolte regolarmente. Facce rabbuiate nei quartier generali di 20 candidati presidente che le previsioni danno lontani dal traguardo. Facce sorridenti a casa dei due contendenti principali, George Weah ed Ellen Johnson-Sirleaf. Davanti ai giornalisti, entrambi, con una certa monotonia, hanno ripetuto la stessa frase: «Sicuramente vincerò al primo turno». I diplomatici occidentali a Monrovia sono di diverso avviso: nessuno dei due raggiungerà il 50 per cento dei voti e si andrà al ballottaggio.
Mentre i liberiani sono impegnati a votare per determinare il futuro democratico del Paese, dopo una dozzina d’anni di violenze, si riparla ancora di guerra. Fonti di intelligence della missione dell’Onu in Liberia (Unmil) riferiscono che alcune piantagioni di caucciù attorno alla capitale sono state invase da ex combattenti per ora privi di armi. Secondo le stesse fonti i miliziani sono comandati dal generale Coco Dennis, un seguace di Charles Taylor, il presidente dittatore cacciato dai ribelli nel 2003, e interi arsenali sarebbero stati nascosti.
In Liberia ci sono 15 mila caschi blu. La loro presenza, però, non sembra impensierire troppo chi, se dovesse perdere le elezioni, potrebbe ritornare a combattere.
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