Da La Repubblica del 09/10/2005
Sisma violentissimo, colpito anche il Kashmir indiano. "Non avevamo mai visto una simile devastazion
Terremoto in Pakistan, migliaia di vittime
di Raimondo Bultrini
NEW DELHI - Di qua e di là dai più tormentati confini del mondo, nel Kashmir in guerra diviso tra India e Pakistan, sui maledetti altipiani dell'Afghanistan, lungo la Karakorum highway, attraverso le valli dell'Hindu Kush, la terra ha tremato e ucciso ieri mattina poco prima delle 9 migliaia e migliaia di persone: 2000 dicono le prime stime, in realtà un numero incalcolabile, aggiungono fonti governative e locali. E' stato un terremoto paragonabile in intensità - 7,6 della scala Richter - solo a quello di quasi cinque anni fa nel Gujarat, quando una scossa di intensità 7,7 uccise ventimila indiani
Ma stavolta l'area colpita è molto più vasta e ha accomunato nel dolore e nel lutto popoli di ogni etnia e religione. L'epicentro è stato rilevato 95 chilometri a nordest della capitale pachistana Islamabad, dove si sono sgretolati interi edifici e le vittime, secondo le prime stime, sono centinaia. Le testimonianze parlano di corpi mutilati ovunque, schiacciati dal crollo di palazzi a quattro e cinque piani. Un italiano residente a Islamabad risulta disperso, si teme per la sua sorte: potrebbe essere tra le vittime ancora sepolte nelle macerie degli edifici crollati. La Farnesina sta conducendo «accertamenti» su altri nostri connazionali che vivevano nelle aree colpite.
Gli effetti della potente scossa si sono fatti sentire perfino a New Delhi, Lahore, a Kabul e fino a Dhaka, nel Bangladesh. Ma è lungo il confine tra Pakistan e India che ha portato morte e distruzione ovunque, cancellando dalla faccia della terra intere comunità, nei villaggi di fango e sassi di questa regione divisa tra la giurisdizione pachistana e indiana, lungo tutto il corso del fiume Neelum, lungo la strada appena riaperta in segno di pace tra Srinagar e Muzzaffarabad, capitali dei due Kashmir contesi. Entrambe le città sono state duramente colpite: certamente centinaia, forse addirittura migliaia di morti.
Sul versante indiano la città di Uri è stata quasi interamente rasa al suolo. Autorità della zona raccontano che circa 52 villaggi dell'area sono adesso inaccessibili, e che molte famiglie stanno già seppellendo i morti. L'esercito impedisce a chiunque di entrare, lo stesso a Kupwara e Baramulla, lungo la "Linea di Controllo" dove un muro di filo spinato divide i due paesi e impedisce alla popolazione di scambiarsi aiuti e viveri (i separatisti hanno del resto continuato a combattere fino a poche ore prima del sisma), sebbene il primo ministro indiano Manmohan Singh abbia subito offerto piena solidarietà e collaborazione al presidente pachistano Pervez Musharraf.
Tra storie di orrori indescrivibili che non comprendono ancora i dettagli sulla sorte delle popolazioni di centinaia di piccoli villaggi montani totalmente isolati dalla distruzione delle strade di collegamento e delle linee telefoniche ed elettriche, ce n'è una giunta da Mansehra, una cittadina della provincia della frontiera a nordovest del Pakistan, dove il 90 per cento degli edifici sarebbe stato raso al suolo. In due scuole elementari risultano morti 400 bambini travolti dal crollo degli edifici, mentre almeno mille persone sono rimaste uccise e ferite nel resto del centro abitato. Testimoni hanno riferito che centinaia di volontari hanno scavato tra le macerie nel tentativo di salvare qualcuno dei bambini, ma ovunque nel resto della città i sopravvissuti erano impegnati nell'opera di soccorso che è apparsa fin dal primo momento disperata.
Al termine di una giornata tra le più sconvolgenti nella storia di queste regioni non è ancora chiaro non solo il numero delle vittime, ma anche l'entità delle distruzioni avvenute negli stessi ospedali, in aree remote difficilmente raggiungibili se non con gli elicotteri, che sono pochi e tutti impegnati 24 ore su 24. Gli operatori umanitari chiedono viveri e acqua potabile: il sisma ha danneggiato anche i pozzi. L'opera di soccorso continua incessante tra polemiche per i ritardi, spesso inevitabili, spesso dovuti al rigido protocollo militare di questa frontiera tra le più calde del pianeta, dove due anni fa gli eserciti di Delhi e Islamabad hanno schierato oltre un milione di soldati mentre i governi sono stati a un passo dalla guerra nucleare. La speranza è che i recenti segnali di pace possano favorire la collaborazione per i soccorsi alle vittime.
Il presidente pachistano Pervez Musharraf ha parlato di «una tragedia nazionale» senza precedenti, e il suo portavoce ha precisato che «i morti potrebbero essere migliaia». Nessuna notizia invece giunge ancora dalle regioni nordorientali dell'Afghanistan, dove pure il sisma è stato potentissimo. Dopo la prima scossa, inoltre, ne sono seguite alter 28 di assestamento, tutte di intensità tra i 4 e i 6 gradi, originate da una faglia profonda 10 chilometri.
Ma stavolta l'area colpita è molto più vasta e ha accomunato nel dolore e nel lutto popoli di ogni etnia e religione. L'epicentro è stato rilevato 95 chilometri a nordest della capitale pachistana Islamabad, dove si sono sgretolati interi edifici e le vittime, secondo le prime stime, sono centinaia. Le testimonianze parlano di corpi mutilati ovunque, schiacciati dal crollo di palazzi a quattro e cinque piani. Un italiano residente a Islamabad risulta disperso, si teme per la sua sorte: potrebbe essere tra le vittime ancora sepolte nelle macerie degli edifici crollati. La Farnesina sta conducendo «accertamenti» su altri nostri connazionali che vivevano nelle aree colpite.
Gli effetti della potente scossa si sono fatti sentire perfino a New Delhi, Lahore, a Kabul e fino a Dhaka, nel Bangladesh. Ma è lungo il confine tra Pakistan e India che ha portato morte e distruzione ovunque, cancellando dalla faccia della terra intere comunità, nei villaggi di fango e sassi di questa regione divisa tra la giurisdizione pachistana e indiana, lungo tutto il corso del fiume Neelum, lungo la strada appena riaperta in segno di pace tra Srinagar e Muzzaffarabad, capitali dei due Kashmir contesi. Entrambe le città sono state duramente colpite: certamente centinaia, forse addirittura migliaia di morti.
Sul versante indiano la città di Uri è stata quasi interamente rasa al suolo. Autorità della zona raccontano che circa 52 villaggi dell'area sono adesso inaccessibili, e che molte famiglie stanno già seppellendo i morti. L'esercito impedisce a chiunque di entrare, lo stesso a Kupwara e Baramulla, lungo la "Linea di Controllo" dove un muro di filo spinato divide i due paesi e impedisce alla popolazione di scambiarsi aiuti e viveri (i separatisti hanno del resto continuato a combattere fino a poche ore prima del sisma), sebbene il primo ministro indiano Manmohan Singh abbia subito offerto piena solidarietà e collaborazione al presidente pachistano Pervez Musharraf.
Tra storie di orrori indescrivibili che non comprendono ancora i dettagli sulla sorte delle popolazioni di centinaia di piccoli villaggi montani totalmente isolati dalla distruzione delle strade di collegamento e delle linee telefoniche ed elettriche, ce n'è una giunta da Mansehra, una cittadina della provincia della frontiera a nordovest del Pakistan, dove il 90 per cento degli edifici sarebbe stato raso al suolo. In due scuole elementari risultano morti 400 bambini travolti dal crollo degli edifici, mentre almeno mille persone sono rimaste uccise e ferite nel resto del centro abitato. Testimoni hanno riferito che centinaia di volontari hanno scavato tra le macerie nel tentativo di salvare qualcuno dei bambini, ma ovunque nel resto della città i sopravvissuti erano impegnati nell'opera di soccorso che è apparsa fin dal primo momento disperata.
Al termine di una giornata tra le più sconvolgenti nella storia di queste regioni non è ancora chiaro non solo il numero delle vittime, ma anche l'entità delle distruzioni avvenute negli stessi ospedali, in aree remote difficilmente raggiungibili se non con gli elicotteri, che sono pochi e tutti impegnati 24 ore su 24. Gli operatori umanitari chiedono viveri e acqua potabile: il sisma ha danneggiato anche i pozzi. L'opera di soccorso continua incessante tra polemiche per i ritardi, spesso inevitabili, spesso dovuti al rigido protocollo militare di questa frontiera tra le più calde del pianeta, dove due anni fa gli eserciti di Delhi e Islamabad hanno schierato oltre un milione di soldati mentre i governi sono stati a un passo dalla guerra nucleare. La speranza è che i recenti segnali di pace possano favorire la collaborazione per i soccorsi alle vittime.
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