Da Corriere della Sera del 08/09/2005
Primo stato americano a legalizzare questi matrimoni
Nozze gay, sì in California Ma «Schwarzy» non firma
Insorgono i repubblicani: deve mettere il veto
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Per la prima volta, un Parlamento statale Usa, quello della California, ha legalizzato i matrimoni gay, approfondendo la spaccatura tra l’America rossa di George Bush (il colore repubblicano), ad essi fermamente contraria, e l’America blu di Hillary Clinton (il colore democratico) a essi tiepidamente favorevole. E mettendo in grave difficoltà l’idolo della destra statunitense, il governatore ed ex attore Arnold Schwarzenegger, a cui il partito ha chiesto di opporre il veto alla nuova legge. Ma sconfessando lo stereotipo del Terminator, Schwarzenegger si è abilmente levato dalla mischia, annunciando che non firmerà la legge e aspetterà il responso dei tribunali. «Il governatore» ha riferito la portavoce Mary Thompson «ne avallerà volentieri la sentenza, qualunque sia. Ha sempre sostenuto che la questione dei matrimoni gay va risolta dagli elettori o dai giudici, non dai politici».
Schwarzenegger, di cui si dice che propenda segretamente per i gay, aveva adocchiato la via d’uscita già da tempo: alcuni mesi fa in California un tribunale ordinario giudicò incostituzionale le leggi che finora ne avevano vietato i matrimoni, e una Corte d’appello sta riesaminando la sua sentenza. Per il governatore in preda alla tempesta, fu ed è un salvagente. Ma non è chiaro fino a quando «Schwarzy» potrà temporeggiare. I «neocon» sono pronti ad accusarlo di fare il Ponzio Pilato, se non addirittura di tradire il Partito, sottolineando che i democratici, la maggioranza in Parlamento, non posseggono i voti per superare il veto: la Camera ha approvato i matrimoni gay solo 41 a 35, e per scavalcare il veto occorrono ben i due terzi dei voti. Con la sua popolarità al minimo, il 36%, l’ex attore esita comunque a rischiare il proprio futuro politico.
Si profila una dura battaglia che potrebbe travolgerlo, sebbene Hollywood, schierata in prevalenza a sinistra, lo inciti a resistere alle pressioni della destra. La deputata repubblicana Sharon Runnes ha protestato che nel 2000 la California si pronunciò contro i matrimoni gay con un referendum popolare, e ammonito che ne organizzerà un altro alle elezioni del novembre 2006.
Sul versante opposto il deputato Mark Leno ha affermato che i californiani sono ora per lo più su posizioni liberal, ricordando che a San Francisco si celebrarono oltre 2 mila matrimoni gay prima che lo stato intervenisse. I gay si sono già mobilitati: «Abbiamo girato l’angolo» ha commentato Geoff Kors, uno dei loro leader. «La nuova legge sancisce il matrimonio tra due persone, non più tra un uomo e una donna. Non permetteremo che si torni indietro».
Il presidente Bush, che deve la propria rielezione nel 2004 anche alla difesa dei valori tradizionali, segue con allarme la vicenda. Al principio dell’anno, due altri stati, il Vermont e il Connecticut, avevano sancito in Parlamento «unioni civili» tra gay, e la Corte suprema di un terzo, il Massachusetts, aveva abolito il divieto del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ma in tutti e tre gli stati i repubblicani hanno presentato ricorso, e paiono avere buone probabilità di successo. La California non si è soltanto spinta oltre, ha anche una magistratura riformista che potrebbe pronunciarsi per i gay. Nello stato considerato il laboratorio politico degli Usa, ci sono più di 30 mila coppie che figurano come «partner domestici» nei registri comunali, e che godono di benefici simili a quelli dei coniugi eterosessuali.
Schwarzenegger, di cui si dice che propenda segretamente per i gay, aveva adocchiato la via d’uscita già da tempo: alcuni mesi fa in California un tribunale ordinario giudicò incostituzionale le leggi che finora ne avevano vietato i matrimoni, e una Corte d’appello sta riesaminando la sua sentenza. Per il governatore in preda alla tempesta, fu ed è un salvagente. Ma non è chiaro fino a quando «Schwarzy» potrà temporeggiare. I «neocon» sono pronti ad accusarlo di fare il Ponzio Pilato, se non addirittura di tradire il Partito, sottolineando che i democratici, la maggioranza in Parlamento, non posseggono i voti per superare il veto: la Camera ha approvato i matrimoni gay solo 41 a 35, e per scavalcare il veto occorrono ben i due terzi dei voti. Con la sua popolarità al minimo, il 36%, l’ex attore esita comunque a rischiare il proprio futuro politico.
Si profila una dura battaglia che potrebbe travolgerlo, sebbene Hollywood, schierata in prevalenza a sinistra, lo inciti a resistere alle pressioni della destra. La deputata repubblicana Sharon Runnes ha protestato che nel 2000 la California si pronunciò contro i matrimoni gay con un referendum popolare, e ammonito che ne organizzerà un altro alle elezioni del novembre 2006.
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