Da Corriere della Sera del 12/07/2005

In Israele l’inviato Ue Solana

Le critiche dell’Europa al muro di Gerusalemme «Causerà altri problemi»

di Lorenzo Cremonesi

GERUSALEMME - Per ora tacciono gli Stati Uniti. Ma la diplomazia europea non esita a criticare la decisione israeliana di completare la costruzione del muro destinato a separare Gerusalemme da alcuni dei quartieri arabi nelle zone occupate dal 1967. «Riteniamo che Israele abbia il diritto di difendersi. Però pensiamo anche che il muro costruito al di fuori del territorio israeliano non sia legale e sia destinato a creare problemi umanitari per la popolazione araba», ha dichiarato ieri il responsabile della politica estera europea, Javier Solana, dopo l'incontro con il ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom.

Un problema noto. Sin dall'inizio della costruzione del muro in Cisgiordania, nel giugno 2002, la comunità internazionale ha condannato la scelta israeliana di non seguire il tracciato dei confini precedenti la guerra del 1967. Ma al contrario di penetrare nel profondo delle regioni occupate, sino a creare un nuovo status quo, con l'annessione di fatto di terra palestinese (si stima oltre 800.000 chilometri quadrati, che causano problemi di vario genere a circa mezzo milione di persone). «Se il muro avesse percorso i vecchi confini precedenti il conflitto del 1967, nessuno avrebbe detto nulla», osservano nei circoli diplomatici europei locali.

Da parte israeliana si risponde mostrando le cifre dei massacri causati dagli attentati del terrorismo palestinese. Nella sola Gerusalemme, a partire dallo scoppio della seconda intifada nell'ottobre 2000, gli attentati sono stati una novantina, di cui 34 perpetrati da kamikaze, che hanno causato 183 morti e 1.454 feriti. Dati terrificanti, diminuiti praticamente a zero però dagli inizi del 2005, quando secondo le autorità militari la capacità deterrente del muro si è fatta sentire.

Ieri pomeriggio l'incubo del terrorismo è riapparso. Il ritrovamento di un pacco sospetto legato con fili elettrici a una bombola del gas nella centralissima stazione degli autobus ha creato giganteschi ingorghi per molte ore. Sino a che gli artificieri non hanno scoperto che si trattava di una finta bomba posta dal movimento degli estremisti nazionalisti israeliani contrari allo smantellamento delle colonie ebraiche da Gaza (previsto dal 17 agosto). «Il ritiro vi scoppierà in faccia», si leggeva nel volantino provocatorio trovato sul posto.

Ma la scelta di terminare il muro a Gerusalemme Est, escludendo tra l'altro almeno tre quartieri e un campo profughi abitati da circa 55.000 palestinesi con diritto di residenza nella municipalità, sta già creando ansie e difficoltà. Termometro più evidente del nuovo disagio arabo è la crescita dei prezzi degli appartamenti a Gerusalemme Est.

In pochi mesi sono letteralmente quintuplicati gli affitti. Gli sfortunati che vivono all'esterno dei posti di blocco svendono le loro ville pur di acquistare per centinaia di migliaia di dollari un monolocale nelle zone annesse dagli israeliani. Il governo Sharon spiega che si tratta di una «misura di sicurezza, reversibile in ogni momento». Ma la risposta di Saeb Erekat, tra i massimi responsabili palestinesi del negoziato con Israele, ieri è stata inequivocabile: «Si sta solo cercando di espellere il massimo numero di palestinesi. Vogliono imporre il futuro di Gerusalemme ancora prima di iniziare le trattative».

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