Da La Repubblica del 31/05/2005
Ankara scopre nuovi ostacoli nell'avvicinamento alla Ue. "Acceleriamo le nostre riforme"
La delusione turca: "Per noi, più difficile"
di Marco Ansaldo
La paura turca è tutta nella vignetta pubblicata sulla prima pagina di Sabah: Erdogan nuota verso l' "isola della salvezza" (l'Europa) che comincia a sprofondare via via che il primo ministro si avvicina. «Proprio quando pensavamo di essere arrivati alla Ue», recita amaramente la didascalia. Dopo il ‘no' in Francia, la Turchia capisce che il suo sarà un percorso zeppo di ostacoli. Il governo conservatore guidato da Erdogan - l'islamico moderato capace in due anni di aver fatto più riforme che gli altri premier laici nei dieci anni precedenti - nega oggi di vedere legami tra il voto francese e il possibile ingresso di Ankara nell'Unione. Ma il paese comincia a percepire quanto sia forte in Europa la diffidenza nei confronti del candidato anatolico, e quanto in realtà il ‘no' transalpino sia stato un'espressione contro l'allargamento e soprattutto contro la Turchia nella Ue.
Le reazioni ufficiali tendono a essere prudenti. «Il risultato del referendum non ci danneggia - sostiene il ministro degli Esteri, Abdullah Gul - non c'è nessun collegamento con noi». «Il voto non è una sorpresa - aggiunge il giovane ed emergente ministro dell'Economia, Ali Babacan, fedelissimo di Erdogan da pochi giorni premiato con l'incarico di negoziatore con la Ue - a breve termine ci possono essere dei punti di domanda. Ma molto dipenderà dalla reazione del paese. Se Ankara è davvero concentrata sul processo di riforme, allora non avremo niente da temere». I turchi non sembrano così rendersi conto che, forse, il problema non sarà la realizzazione delle promesse fatte. Quanto i timori circa il loro stesso ingresso, in ogni caso.
I contraccolpi del voto di domenica cominciano comunque ad avvertirsi. Ascoltate informalmente, alte fonti diplomatiche turche ammettono che «sì, il risultato proveniente da Parigi non è un buon segnale». «Il no francese - scriveva ieri nell'editoriale il quotidiano Turkish daily news - renderà la cose ancora più difficili di quanto non fossero, e complicherà la prospettiva europea per un lungo periodo». «La Turchia non dovrà commettere errori», sostiene il rappresentante della Tusiad (la Confindustria turca) a Bruxelles, Bahadir Kaleagasi, per non offrire così il destro a quanti si dicono contrari al suo ingresso.
I turchi sanno bene infatti che d'ora in poi nessuno farà loro sconti, e che il numero degli avversari è in aumento. Ampiamente dibattuta negli ultimi giorni è stata la questione di quanti armeni appartenenti alla comunità in Francia (circa 400 mila persone) potessero votare per il ‘no', per opporsi a un eventuale accesso di Ankara nella Ue. E adesso la paura dei turchi dalla Francia si allarga alla Germania dove, in caso di vittoria di Angela Merkel alle elezioni in autunno, il margine di successo diverrebbe per loro ancora più stretto.
Le reazioni ufficiali tendono a essere prudenti. «Il risultato del referendum non ci danneggia - sostiene il ministro degli Esteri, Abdullah Gul - non c'è nessun collegamento con noi». «Il voto non è una sorpresa - aggiunge il giovane ed emergente ministro dell'Economia, Ali Babacan, fedelissimo di Erdogan da pochi giorni premiato con l'incarico di negoziatore con la Ue - a breve termine ci possono essere dei punti di domanda. Ma molto dipenderà dalla reazione del paese. Se Ankara è davvero concentrata sul processo di riforme, allora non avremo niente da temere». I turchi non sembrano così rendersi conto che, forse, il problema non sarà la realizzazione delle promesse fatte. Quanto i timori circa il loro stesso ingresso, in ogni caso.
I contraccolpi del voto di domenica cominciano comunque ad avvertirsi. Ascoltate informalmente, alte fonti diplomatiche turche ammettono che «sì, il risultato proveniente da Parigi non è un buon segnale». «Il no francese - scriveva ieri nell'editoriale il quotidiano Turkish daily news - renderà la cose ancora più difficili di quanto non fossero, e complicherà la prospettiva europea per un lungo periodo». «La Turchia non dovrà commettere errori», sostiene il rappresentante della Tusiad (la Confindustria turca) a Bruxelles, Bahadir Kaleagasi, per non offrire così il destro a quanti si dicono contrari al suo ingresso.
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