Da La Repubblica del 14/05/2005

L'ex capo della polizia segreta rivela i dettagli della "guerra sporca" agli oppositori e accusa Pinochet: "Ordinava tutto lui"

Cile, la confessione di Contreras

Documento choc: "Ecco dove abbiamo sepolto 600 desaparecidos"

di Omero Ciai

È una breccia nell'omertà delle Forze armate cilene quella che si è aperta ieri quando l'avvocato dell'ex generale Manuel Contreras ha annunciato l'esistenza di un documento, circa trenta pagine, nel quale si rivelano i dettagli sulla sorte di circa 600 desaparecidos durante la dittatura militare (1973-90). Scritto dall'ex capo della polizia segreta, la Dina, che si trova in carcere dove sconta una condanna a 12 anni, il documento, una dichiarazione notarile consegnata al ministero della Giustizia e alla Corte Suprema, si compone di 11 pagine d'introduzione e di altre venti nelle quali l'ex braccio destro di Pinochet indica i luoghi dove vennero seppelliti i corpi di oltre mezzo migliaio di detenuti uccisi nel corso delle torture che si svolgevano a Villa Grimaldi, il palazzetto sede della Dina.

È la prima volta che un funzionario del livello di Contreras riconosce l'esistenza dei desaparecidos e la sua confessione - se sarà corroborata dai fatti, dal ritrovamento dei resti dei cadaveri - costituisce, a quindici anni dalla fine della dittatura, il contributo di gran lunga più efficace per ricostruirne la storia più oscura. Nel 1991, la Commissione che si occupò della violazione dei diritti umani e che prese il nome dall'avvocato che la guidò, Raul Rettig, stabilì, sulla base delle testimonianze dei parenti delle vittime che, nel corso della dittatura, erano scomparse senza lasciare traccia 2.940 persone. Un dato, cui hanno fatto riferimento tutte le ricerche e i processi successivi, che non è mai stato ammesso né dalle Forze armate né, tantomeno, dal generale Pinochet. Il vecchio dittatore se n'è sempre lavato le mani sostenendo, a seconda dei casi, che non si occupava della repressione o che qualche militare aveva travisato i suoi ordini.

Contreras, invece, nel suo dossier scrive chiaro e tondo che Pinochet sapeva perfettamente ogni cosa e che riceveva comunicazioni quotidiane sulla «caccia ai sovversivi». Proprio Pinochet sembra essere il vero obiettivo della confessione di Contreras. Una confessione che, dalle frasi rese note dell'introduzione, è frutto dell'amarezza e della delusione di un militare che si ritiene tradito e abbandonato dal suo comandante.

Per molti anni, Pinochet e Contreras furono una coppia inseparabile. Uniti, com'erano, dallo stesso modo di vedere le cose e dalla stessa idea di come andassero risolte. Una comunione che trasformò Contreras nell'uomo di fiducia di Pinochet, in colui al quale andavano affidati tutti gli affari più sporchi. Fu così che Manuel Contreras organizzò l'omicidio - a Washington - dell'ex ministro di Allende, Orlando Letelier; l'agguato - a Buenos Aires - nel quale trovò la morte l'ex capo delle Forze armate, il generale Carlos Prats; la sparatoria - a Roma - , complice addirittura Stefano delle Chiaie, col tentativo fallito di uccidere il capo della Dc in esilio, Bernardo Leighton; e, infine, l'operazione Colombo: la caccia, cattura e uccisione di 119 militanti dei partiti di sinistra (Mir, comunisti e socialisti) che si erano rifugiati in Argentina, Paraguay e Brasile.

Ora l'anziano braccio destro ha deciso di parlare, e non per chiedere perdono. Contreras rivendica di aver «sradicato il terrorismo» dal Cile «in meno di quattro anni», e se la prende con Pinochet perché «fa finta di non saper nulla sui metodi che utilizzammo».

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