Da La Repubblica del 17/11/2003
Originale su http://www.repubblica.it/2003/h/sezioni/politica/imisir/partita/partit...

L'imputato non ha molto in mano, se non la speranza d'allungare i tempi per altri 54 giorni

La Cassazione e la partita di Previti

A Milano si gioca contro il tempo dopo il 9 gennaio processo da rifare

di Giuseppe D'Avanzo

PUÒ essere, per Cesare Previti, l'ultima possibilità di evitare la sentenza del tribunale di Milano ormai matura (accusa e difese hanno già argomentato le loro ragioni). Oggi la sesta sezione della Corte di Cassazione dovrà dire se ci sono fondati e concreti elementi per trasferire a Brescia il "processo Sme" a causa delle "gravi situazioni locali" che influiscono sul giudizio. Come sostiene ancora una volta Previti che si è già visto bocciare, con Berlusconi, una prima istanza di rimessione (è il termine tecnico che definisce l'atto che disloca altrove il giudizio).

Viene utile tutto nel processo o per evitarlo, e la mossa dell'imputato (accusato di aver corrotto i giudici di Roma per manipolare gli esiti dell'affare Sme) ha l'inequivoco obiettivo di conquistare tempo. Il tempo per Previti è necessario come l'aria che respira. In fondo, gli mancano soltanto 54 giorni (Natale e Capodanno inclusi) e 20 udienze per il rien va plus che può annichilire i tre anni del dibattimento (come si sa, Berlusconi è per il momento sospeso e "immunizzato" dal lodo Schifani che sarà il 9 dicembre al vaglio di costituzionalità). Un mese dopo, il 9 gennaio, i giochi saranno chiusi a Milano. Il giudice Guido Brambilla passa ad altro incarico e il processo, se ancora privo di sentenza, sarà da rifare nell'attesa che la prescrizione lo cancelli del tutto, e chi s'è visto s'è visto...Del tempo (e dei suoi artefici), dunque, bisogna discutere per venire a capo di questo scorcio processuale.

Finora Previti ha dato prova di saperselo guadagnare sostenuto dal legislatore che ha modificato procedure e leggi, lavorando fino alla sfacciata e sottile intimidazione, se così si può dire, per rendere prudenti alcune decisioni del tribunale e addirittura permissive fino alla concessione e al privilegio altre decisioni della Cassazione. In qualche caso c'è riuscito. L'imputato ne ha lucrato spazio di manovra e occasioni per nuove manovre dilatorie. Non è altro l'obiettivo che Previti si prefigge con questa seconda istanza di remissione. A vagliarne le ragioni, l'istanza sta in piedi come un sacco vuoto anche alla luce del buon senso. Accade questo. Un "comitato per la giustizia", diretto da un dirigente politico del partito di Berlusconi e Previti con la collaborazione del curatore del sito Internet dell'imputato, denunciano alla procura di Brescia i pubblici ministeri di Milano. Ilda Boccassini e Gherardo Colombo: con dolo, avrebbero nascosto nel fascicolo d'indagine che ha dato origine al processo Sme le prove dell'innocenza dell'imputato.

La vicenda era già stata affrontata senza esito dagli ispettori spediti a Milano dal ministro Castelli. Sarebbe stata una ragione in più per liquidare con sollecito rigore la denuncia, ma il procuratore di Brescia sente la pressione, si fa cauto e prende tre mesi per concluderla (vedremo come). Il lasso di tempo è sufficiente per costruire una nuova richiesta di trasferimento del processo. Previti chiede che anche il ministro del "suo" governo faccia la sua parte avviando un'inchiesta disciplinare contro i due pubblici ministeri. Anticipa troppo il gioco. Gli avvocati di Previti danno l'inchiesta già in movimento. Il ministro, "imbarazzato", è costretto a negarla (a meno che non la resusciti nelle prossime ore). A favore di Previti rimane soltanto quel che hanno imbastito il dirigente del suo partito e il curatore del suo sito: la denuncia alla procura di Brescia. In base a questa denuncia, Previti chiede che i pubblici ministeri abbandonino il processo, siano sostituiti o si astengano o che, caso estremo, ci sia l'avocazione del fascicolo "sospetto" da parte del procuratore generale. Come è ragionevolmente ovvio, le richieste dell'imputato sono respinte. E allora - già previsto dalla strategia difensiva - quei rifiuti diventano il fondamento della seconda richiesta di rimessione perché, scrive Previti, "ci sono delle vistosissime anomalie comportamentali e procedimentali dei pm nel processo che trovano riscontro in analoghi comportamenti della Procura, della Procura generale e del Tribunale".

Ora se il signor Pincopallo si presentasse con questo garbuglio senza capo né coda dinanzi alla Cassazione per chiedere il trasferimento del processo che lo impegna, le sue carte diventerebbero in un battibaleno carta straccia per assoluta e manifesta infondatezza. In questo caso, però, l'imputato si chiama Previti e la Corte di Cassazione, e in particolare il primo presidente Nicola Marvulli, decide di muoversi con i piedi di piombo: la decisione non spetta alla sezione dove ritualmente finiscono i casi irrilevanti, ma alla sesta sezione che affronta il reato di corruzione. Come se si trattasse, appunto, di una questione fondata e quindi seria.

Non è la prima volta che la Suprema Corte concede all'imputato, socio del capo del governo, un'arbitraria possibilità. È accaduto quando, a esempio, la Cassazione inviò alla Corte costituzionale una questione di legittimità sul legittimo sospetto (vanno via otto mesi) o ancora quando inopinatamente, tornato l'incarto dalla Consulta alla Corte di Cassazione, questa evita di decidere subito, prima di Natale 2002. Prende tempo. Passano altri due mesi e, a fine gennaio, rigetta l'istanza di trasferimento del processo con un'ordinanza inutilmente prolissa dove un "aggiunta" dell'ultima ora ricorda che "se è vero che non compete alla corte verificare se e in quale misura sono fondati i rilievi dedotti dalla difesa degli imputati in ordine all'eccepita incompetenza territoriale, a tale onere non potrà sottrarsi il giudice del processo...". Come se la questione della competenza territoriale di Milano non fosse stata esaminata in ogni ordine e grado giurisprudenziale nel corso degli anni. Fu "un'affermazione irrilevante, in parte ovvia e in parte errata", come scrissero gli addetti, che però, pur ininfluente ai fini della motivazione, apparve idonea a creare un ulteriore problema al "processo infinito".

È lo schema che oggi Cesare Previti vuole riproporre. Sa di non potersi attendere che la Cassazione accolga sua richiesta di rimessione. Non si illude di poter vincere la partita. La procura di Brescia, per di più, ha chiesto l'archiviazione dell'indagine contro i pubblici ministeri di Milano. E, dunque, che cosa gli resta in mano? Nulla se non la speranza, a partire da quel niente, di poter giocare la partita ancora per altri 54 giorni e 20 udienze. Per spuntarla ha bisogno di nuove richieste, nuove occasioni, nuove mosse. E soprattutto di una Cassazione timida che, in nome del "quieto vivere" e della prudenza gli apra dei varchi di manovra con decisioni e attendismi o "affermazioni ininfluenti" che a favore del comune cittadino sarebbero interdette. È quello che accadrà? Alla fin fine, il processo contro Berlusconi e Previti è stato fin dall'inizio stretto dentro questa domanda: quei due imputati (imputati di reati commessi quando non avevano alcun incarico pubblico) sono dinanzi alla legge e al giudice uguali agli altri?

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