Da Corriere della Sera del 26/04/2005
Originale su http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/04_Aprile/26/calipari_r...
Il retroscena
Dipartimento di Stato «bruciato» dai militari
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Le anticipazioni del Pentagono sul rapporto che assolverebbe la pattuglia americana dall'uccisione di Calipari hanno colto di sorpresa il Dipartimento di Stato. Negli ambienti diplomatici di Washington nessuno pensava che i militari bruciassero i tempi, visti i buoni rapporti tra l'America e l'Italia, la crisi di governo a Roma, e la ricerca di un accordo sulle cause e le responsabilità della tragedia. Si sperava ancora in una conclusione comune della inchiesta entro qualche giorno. Ma ieri il Pentagono ha preferito forzare la mano alla diplomazia americana per proteggere i soldati. La sensazione prevalente al Congresso per esempio, dove peraltro i parlamentari hanno rifiutato commenti, è che il Pentagono abbia compiuto un’azione preventiva per condizionare i media e l'opinione pubblica Usa, non solo proclamando l'innocenza della pattuglia, ma precisando anche che gli inquirenti italiani non sono d'accordo. E che abbia chiuso gli occhi alle possibili ripercussioni in Italia.
Già due settimane fa quando, nonostante le smentite, aveva svelato l'assoluzione della pattuglia nel rapporto, la tv Msnbc aveva spiegato i motivi della posizione del Pentagono. I militari Usa hanno troppi problemi interni in Iraq: il fuoco amico, che ha fatto decine di vittime tra civili e alleati; una certa carenza di comunicazioni nella catena di comando; l'inadeguatezza dei regolamenti; il morale delle truppe. Colpevolizzare chi sparò su Calipari o altri sarebbe stato come ammettere gli errori. Non a caso, ieri, il Pentagono ha affermato che «i soldati hanno seguito le consegne dei posti di blocco, non hanno commesso alcuna negligenza», pur lasciando aperta la possibilità che la procedura sia modificata.
È la stessa linea adottata per la tragedia del Cermis nel '98, in cui morirono 20 persone, corretta parzialmente anni più tardi col processo e le lievi condanne dei due top gun che la causarono. E confermata negli scandali degli abusi dei detenuti in Iraq, in cui il Pentagono ha protetto e continua a proteggere gli alti comandi. Ma è una linea che pone i militari americani al di sopra della legge e che mette a dura prova non solo la diplomazia ma anche la politica e le alleanze.
Già due settimane fa quando, nonostante le smentite, aveva svelato l'assoluzione della pattuglia nel rapporto, la tv Msnbc aveva spiegato i motivi della posizione del Pentagono. I militari Usa hanno troppi problemi interni in Iraq: il fuoco amico, che ha fatto decine di vittime tra civili e alleati; una certa carenza di comunicazioni nella catena di comando; l'inadeguatezza dei regolamenti; il morale delle truppe. Colpevolizzare chi sparò su Calipari o altri sarebbe stato come ammettere gli errori. Non a caso, ieri, il Pentagono ha affermato che «i soldati hanno seguito le consegne dei posti di blocco, non hanno commesso alcuna negligenza», pur lasciando aperta la possibilità che la procedura sia modificata.
È la stessa linea adottata per la tragedia del Cermis nel '98, in cui morirono 20 persone, corretta parzialmente anni più tardi col processo e le lievi condanne dei due top gun che la causarono. E confermata negli scandali degli abusi dei detenuti in Iraq, in cui il Pentagono ha protetto e continua a proteggere gli alti comandi. Ma è una linea che pone i militari americani al di sopra della legge e che mette a dura prova non solo la diplomazia ma anche la politica e le alleanze.
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