Da Corriere della Sera del 28/04/2005

VISTO DAGLI USA

«Dai nastri avrete sorprese»

L’ex capo dell’antiterrorismo Cia Cannistraro: la tragedia si poteva evitare

di Ennio Caretto

WASHINGTON - La pattuglia che sparò su Calipari «aveva il grilletto facile» e il Pentagono non dovrebbe cercare di nasconderlo. Ma c'è anche una responsabilità italiana nella tragedia e forse il Pentagono sa più di quanto non dica, grazie alle intercettazioni telefoniche. Lo spiega l'ex capo dell'antiterrorismo della Cia Vincent Cannistraro, oggi consulente al Congresso, che lavorò a Roma negli anni Ottanta. «La tragedia fu causata da errori di entrambe le parti, poteva essere evitata - dichiara Cannistraro, che ne ha discusso di recente coi servizi e i militari Usa -. Sono possibili sorprese, dipenderà dal contenuto delle vostre telefonate registrate dal Pentagono».

Che registrazioni sarebbero?
«Mi lasci procedere in ordine cronologico. Il governo italiano ci tenne all'oscuro dei negoziati sulla Sgrena, probabilmente perché non voleva che sapessimo che pagavate un riscatto, cosa a cui siamo contrari. Ma il coordinamento con noi era opportuno: se ci fosse stato fin dall'inizio, avremmo potuto provvedere in qualche modo alla sicurezza dell'agente e della giornalista».

Ma la notte della tragedia Calipari avvertì del suo arrivo i vostri militari all'aeroporto.
«Non fu completamente trasparente, forse aveva ricevuto ordini in merito: non rivelò che aveva la giornalista a bordo. Ma era un particolare importante: anche all'ultimo minuto avremmo potuto prendere misure per proteggerli, sia pure improvvisate. Comunque la nostra pattuglia fu troppo precipitosa nello sparare».

Le registrazioni mettono l'Italia sotto accusa?
«E' difficile dirlo, ma probabilmente il loro contenuto è delicato. In una guerra come quella in Iraq i militari e i servizi si concentrano sul nemico, non sull'alleato sul terreno. I telefoni di uno o più mediatori di Calipari e anche di qualcuno dei sequestratori potevano essere sotto controllo. Ed è probabile che fu intercettata qualcuna delle numerose telefonate tra l'Iraq e l'Italia».

Il Pentagono come avrebbe raccolto il materiale?
«Penso che al ministero si siano dati da fare per scagionare i nostri soldati prima ancora dell'apertura dell'inchiesta. Forse si sono rivolti anche alla National Security Agency, il nostro spionaggio elettronico, che dall'America intercetta migliaia di comunicazioni al giorno in tutto il mondo. La Nsa inserisce nomi e parole chiave in potenti computer e ascolta le registrazioni. E' uno strumento prezioso contro il terrorismo, anche se non sempre tempestivo».

Crede che il materiale del Pentagono sia imbarazzante per il nostro governo?
«Lo sarebbe per esempio se fosse vero che la fretta di Calipari fu motivata dall'ordine di riportare la Sgrena a Roma in tempo per il Festival di Sanremo, come avete scritto sul vostro giornale. Una cosa grave. Retrospettivamente la fretta appare curiosa, andò a danno della sicurezza dei vostri agenti e della giornalista».

Secondo lei, la vostra pattuglia venne avvertita del passaggio dell'auto?
«Si è detto di tutto, ma rimane un mistero. Il guaio è che non si trattava di un posto di blocco fisso, ma mobile. Terroristi e insorti scoprono subito quelli fissi, e per ridurre il pericolo per i nostri soldati i comandi adottano quelli mobili. Spesso mandano loro in appoggio un mezzo blindato. Con questo tipo di blocchi gli incidenti sono più facili. E' chiaro che le regole d'ingaggio vanno cambiate. Ma se il Pentagono lo facesse adesso sarebbe come ammettere che è il primo responsabile della morte di Calipari».

E' possibile che il Pentagono giunga a un accordo con gli inquirenti italiani?
«E' difficile. Ha assunto sulla tragedia la stessa posizione che assunse sugli abusi dei detenuti iracheni ad Abu Ghraib: i soldati che spararono non hanno colpe, come non le ebbero i comandi nello scandalo delle torture. E purtroppo non ci sono testimoni indipendenti».

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