Da La Repubblica del 17/04/2005

La Corte dei conti: pochi fondi, cantieri fantasma

Quel bluff infinito delle grandi opere

di Giovanni Valentini

Ricordate il fantasmagorico "Berlusconi Show", alla vigilia delle ultime elezioni politiche, quando il leader di Forza Italia si presentò in televisione ad annunciare il suo piano per le "grandi opere" con l´ausilio di una lavagna e di una carta geografica dello Stivale, su cui in un accesso di megalomania propagandistica disegnò strade, autostrade, ponti, viadotti, passanti e chi più ne ha più ne metta?

Sembrava di assistere alla fondazione di Mussolinia, la "città forestale" che in "Privo di titolo" - l´ultimo romanzo storico di Andrea Camilleri - i fascisti di Caltagirone progettano in un bosco di querce in attesa della "calata" del duce. Solo che poi, quando il Cavaliere a distanza di tempo chiede notizie sull´andamento dei lavori, il gerarca locale è costretto ad allestire in tutta fretta una scenografia di legno e compensato per esibire a Roma un album fotografico della città-fantasma.

Berlusconia doveva essere, appunto, l´Italia delle "grandi opere" contemplate dalla cosiddetta Legge Obiettivo (n. 443) che il centrodestra approvò in pompa magna il 21 dicembre 2001. Quello stesso giorno, con un apprezzabile tempismo, il Comitato interministeriale per la programmazione economica deliberò il primo Programma per le infrastrutture strategiche: oltre 250 interventi per un ammontare complessivo di 125,8 miliardi di euro, una cifra astronomica pari a circa 243 mila miliardi di vecchie lire, da reperire anche con il contributo dei privati al "project financing" e i finanziamenti dell´Unione europea. L´impegno annuale per il bilancio dello Stato, in base alle richieste formulate e non soddisfatte dei ministri delle Infrastrutture e dell´Economia, ammonta almeno a 7,5 miliardi di euro da moltiplicare per quindici anni.

Ma qual è, a tutt´oggi, lo stato di avanzamento della Legge Obiettivo? A che punto sono i lavori? E soprattutto, quanti soldi sono stati stanziati e quanti effettivamente spesi per le "grandi opere" promesse da Berlusconi prima delle elezioni? Il bilancio risulta, da ogni punto di vista, assolutamente disastroso. Più che un "libro dei sogni", come si diceva nella Prima Repubblica all´epoca della Programmazione economica, questo è in realtà un "libro delle favole" che conferma tutte le critiche, le riserve e le perplessità espresse a suo tempo dalle opposizioni, dagli ambientalisti e in prima fila dal Wwf, sia sul piano economico sia su quello tecnico e normativo.

A lanciare ora una requisitoria contro il "Master Plan" del governo, non è però il centrosinistra bensì la Corte dei Conti. Già nei mesi scorsi la magistratura contabile dello Stato aveva rilevato l´insufficienza delle risorse, l´eccessiva ampiezza di un programma senza priorità precise, il rischio di un aumento dei costi, il monitoraggio poco puntuale dei progetti e la scarsa definizione della nuova figura del "general contractor", un soggetto cioè dotato di un´adeguata capacità tecnica e finanziaria per realizzare le infrastrutture. Ma nella sua ultima relazione ufficiale, presentata a fine marzo, la Corte mette decisamente sotto accusa la Legge Obiettivo, criticando in particolare lo spreco di risorse pubbliche per l´avvio di progetti che non saranno mai trasformati in cantieri per mancanza di fondi e bocciando l´attività dei commissari, nominati nel tentativo di superare le difficoltà delle autorizzazioni e ridotti invece a un ruolo di mediazione tra i vari enti pubblici coinvolti nella concertazione.

Dall´importo originariamente previsto di 125,8 miliardi di euro, si sale innanzitutto a una stima riveduta e corretta di 196,2 (sebbene un rapporto dell´Ufficio studi della Camera in collaborazione con il Cresme calcoli addirittura 231,8 miliardi di euro, con un incremento quindi dell´84%, per arrivare a sfiorare alla fine i 250 miliardi con l´adeguamento dei costi rispetto ai progetti preliminari e includendo anche le intese con le Regioni per un complesso di 228 opere, 373 interventi e 188 sottointerventi). Ma il dato più sconcertante è che, secondo la stessa Corte dei Conti, i finanziamenti disponibili al 29 settembre scorso superavano appena i 19,1 miliardi di euro, pari a 38mila miliardi di lire, con un fabbisogno residuo dunque di oltre 177 miliardi. Un "buco", insomma, una voragine ancora tutta da colmare.

Siamo ben lontani, come si vede, dalla mirabolante cifra di 93mila miliardi di lire per "infrastrutture attivate" che il presidente del Consiglio vantava nei manifesti della campagna elettorale per le ultime europee. E il peggio è che, in base alle tabelle della Corte dei Conti, a fine settembre gli interventi "cantierati" delle grandi opere deliberate dal Cipe, quelli cioè dove i lavori sono già in corso, ammontavano a un importo netto di 3.471 milioni di euro (3,4 miliardi) che con l´Iva e le spese generali arrivano a un lordo di 4.425, pari a circa il 18% del totale: tra questi, l´avvio del progetto "Mose" per la salvaguardia della laguna di Venezia, il prolungamento della metropolitana per la Fiera di Milano e l´adeguamento a tre corsie del Grande raccordo anulare di Roma. Alla stessa data, però, i pagamenti effettivi in base allo stato di avanzamento lavori assommavano a una miseria di 378,38 milioni di euro netti, pari ad appena il 10,9% di tutti gli interventi "cantierati".

Nel linguaggio cauto e burocratico di una delibera ufficiale, alle pagine 23-24 la Corte dei Conti fa un´osservazione che equivale a una censura: «La decisione, pur comprensibile, di inserire nel programma una serie di obiettivi prestigiosi, ma sproporzionati rispetto alla penuria dei finanziamenti complessivamente disponibili, ha condizionato l´attendibilità delle istruttorie alla base del programma, in termini di congruenza tra mezzi fruibili e scopi da raggiungere». E più avanti, condividendo evidentemente le preoccupazioni espresse dal Wwf sullo stravolgimento della procedura di Via (valutazione impatto ambientale), richiama criticamente «l´esigenza di una analisi di contesto sotto i profili ambientale, sociale ed economico per le opere nuove, e la ricognizione dei costi storici delle opere per le quali è previsto il completamento».

Da ultimo, la Corte non risparmia un preciso avvertimento sul ruolo dei "general contractor" e dei concessionari: «La scelta di impiegare la progettualità privata presuppone che, a monte delle procedure di individuazione di questi partner, vi siano adeguate certezze in ordine alla risorse disponibili e, a livello di coinvolgimento di questi ultimi, nel reperirne altre di fonte privata».

Per il momento, dunque, la realizzazione di Berlusconia rimane un sogno o meglio un´allucinazione del presidente del Consiglio, mentre rischia di diventare un incubo per i conti già compromessi dello Stato e quindi per tutti noi: per i nostri soldi, per i nostri stipendi e per i nostri risparmi. Ma soprattutto minaccia, come accade nel romanzo di Camilleri, di devastare il "bosco di querce" destinato a ospitare la città-fantasma. Vale a dire il territorio, l´ambiente e il paesaggio dello Stivale.

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