Da Corriere della Sera del 07/04/2005
217 i voti favorevoli, 16 contrari
Via libera del Senato. L’Italia ratifica la Costituzione Ue
Il no della Lega. Applauso bipartisan, ma non è stato presentato un ordine del giorno comune
di Maurizio Caprara
ROMA - Un applauso di quasi tutti i senatori di centrodestra e centrosinistra presenti nell’aula di Palazzo Madama, di questi tempi assai raro, ha chiuso ieri sera l’iter parlamentare della ratifica del trattato costituzionale europeo. Il via libera alla cosiddetta Costituzione è arrivato con 217 voti favorevoli e 16 contrari. I «no» sono venuti soltanto da Lega, Rifondazione e tre senatori del centrodestra. Per evitare che un’astensione avesse il valore di un voto contrario, come accade al Senato in base al regolamento, i Verdi sono ricorsi a un «sì» mentre Cesare Salvi e altri tre o quattro ds in dissenso con la posizione favorevole del partito si sono tenuti fuori dall’aula. Battuta di Salvi, insoddisfatto del trattato perché a suo avviso frena l’integrazione europea invece di accentuarla: «Come dice Woody Allen: "Meno male che ci sono i francesi"». In Francia la decisione sulla ratifica verrà affidata il 29 maggio a un referendum e i sondaggi danno in vantaggio i «no». L’Italia adesso è il quinto Stato dell’Unione ad aver dato l’assenso al trattato che rafforzerà la figura del presidente del Consiglio europeo e istituirà un ministro degli Esteri per l’Ue. Benché sia rimasta inattuata l’intenzione originaria del governo, quella di farlo risultare il primo in assoluto, il nostro è il primo Paese a ratificare tra i sei fondatori della Cee. Maggioranza e Ulivo scelsero la via parlamentare, al posto di una referendaria che avrebbe comportato una modifica alla Costituzione nazionale, soprattutto per un motivo: risparmiarsi le incognite di un voto popolare.
«Applauso prolungato, corale e bipartisan », è stato il commento del presidente del Senato Marcello Pera alla fine della seduta di ieri. Ma dietro la facciata concorde la giornata ha visto fallire i tentativi di un passo bipartisan di portata più sostanziale. Un ordine del giorno che sarebbe stato firmato da Giuliano Amato, Lamberto Dini, Giulio Andreotti e Andrea Manzella per spingere l’Italia a promuovere un gruppo di testa fra i Paesi in grado di ratificare non è decollato. Quando si è capito che per ottenere l’appoggio dell’intera maggioranza di governo il testo andava annacquato, il documento non è stato più presentato.
«Applauso prolungato, corale e bipartisan », è stato il commento del presidente del Senato Marcello Pera alla fine della seduta di ieri. Ma dietro la facciata concorde la giornata ha visto fallire i tentativi di un passo bipartisan di portata più sostanziale. Un ordine del giorno che sarebbe stato firmato da Giuliano Amato, Lamberto Dini, Giulio Andreotti e Andrea Manzella per spingere l’Italia a promuovere un gruppo di testa fra i Paesi in grado di ratificare non è decollato. Quando si è capito che per ottenere l’appoggio dell’intera maggioranza di governo il testo andava annacquato, il documento non è stato più presentato.
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