Da La Stampa del 08/04/2005
Un rito per 3 miliardi di persone
di Fabrizio Rondolino
Morire come si è vissuti è forse il regalo migliore che si può ricevere dal mondo, dopo averlo lasciato. Karol Wojtyla è morto così come ha scelto di vivere: tra una folla immensa, e in mondovisione. Oggi assisteremo al più grande evento mediatico di tutti i tempi e, simultaneamente, al più grande appuntamento di massa della storia. Ed è in questa sintesi pressoché perfetta fra l’oceano di corpi che si raccoglie per celebrare la propria guida spirituale e l’infinito riverbero che quella guida innesca nel circuito mondiale della comunicazione, fino ad occuparlo interamente, che il pontificato di Giovanni Paolo II trova il suo significato più profondo, la sua cifra, e il suo valore.
L’universalismo di Wojtyla, e ancor più il suo essere simbolo universale, non stanno a testimoniare necessariamente che la Chiesa cattolica in quanto tale goda di ottima salute (ché anzi la crisi indotta dalla secolarizzazione non è stata superata), ma indicano la capacità, pressoché unica nel mondo di oggi, di lanciare un messaggio percepito e accolto come universale. Per questo la grandezza mediatica di Giovanni Paolo II è anche una grandezza sostanziale, reale, fisica persino, che contiene in sé qualcosa di messianico: la capacità, appunto, di parlare a tutti. Mai come in Wojtyla immagine e messaggio sembrano felicemente fondersi, con un effetto assolutamente straordinario che i media soltanto in parte sanno raccontare, e che pur raccontandolo continuamente, da giorni, non riescono ad esaurire né tanto meno ad inflazionare.
I funerali di oggi, trasmessi in diretta a tre miliardi di persone almeno (e in Italia su tutti e sette i canali televisivi), non sono insomma funerali «cattolici», nel senso di un'appartenza di fede esclusiva o escludente: sono piuttosto un grande lavacro collettivo, che attraversa le culture, le ideologie e anche le religioni, e che esprime il senso di una speranza universale; sono un grande happening che raccoglie milioni di persone da tutto il mondo; sono, anche, l'espressione di un bisogno che né la politica né la tecnologia e neppure la vita quotidiana sanno soddisfare appieno: il bisogno di stare insieme, in serenità, per una buona ragione e per una causa giusta.
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