Da Punto Informatico del 08/04/2005
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Rifiuti IT, la Cina si arrende alla UE

Beijing regolamenterà al più presto lo smaltimento e la produzione di rifiuti hi-tech, adeguandosi alle direttive europee. Il regime teme il crollo delle esportazioni verso l'Occidente

di Tommaso Lombardi

Beijing (Cina) - Niente cadmio, mercurio, piombo o cromo in tutti i prodotti tecnologici. La nostra Terra tirerà finalmente un sospiro di sollievo? Bruxelles riesce a raffreddare il drago cinese, nel momento in cui le incessanti esportazioni di tessili cinesi stanno fiaccando le economie del vecchio continente. Beijing mostra finalmente maggiore attenzione verso le tematiche ambientali: purtroppo non è un interesse dettato dalla situazione catastrofica in cui versano l'aria, le acque e le terre del Regno di Mezzo.

La Cina ha infatti annunciato di volersi adeguare ai requisiti della direttiva WEEE (Waste Electrical and Electronic Equipment), obbligatori a partire dall'agosto del 2005 in tutti i 25 stati dell'Unione Europea. Nonostante questo, molti paesi dell'Unione sono ancora in ritardo. Le disposizioni UE proibiranno il commercio e la produzione di oggetti elettronici costruiti con componenti non riciclabili e tossici (vedi anche: La lunga via del piombo).

Huang Jianzhong, responsabile del Dipartimento Cinese per la Riforma Economica, ha dichiarato che entro il 2006 la Cina disporrà di una legislazione affine a quella europea. "Stiamo tentando di fare il nostro meglio per seguire l'Unione Europea, per fare qualcosa di uguale, o almeno simile". Si tratta di un compito affatto semplice. Il governo cinese deve infatti fare i conti con un intero settore della propria economia, pari al 70% delle esportazioni totali, che rischia di crollare.

Ed è qualcosa che tocca da vicino tutti: basti pensare che in tutte le case italiane sono già oggi certamente presenti computer, lettori DVD e telefonini altamente inquinanti. Secondo quanto riportato dagli organi stampa di Beijing, infatti, il 50% dei prodotti ad alta tecnologia made in China non è conforme agli standard europei. Il drago asiatico si trova alle strette del mercato: il Partito Comunista Cinese rischia di subire un durissimo colpo economico. Beijing è immediatamente corsa ai ripari. Il risultato delle decisioni cinesi, ottenute dopo numerose pressioni da parte della WTO, sarà un innalzamento dei prezzi al dettaglio che forse non eccederà i 10-20 euro.

Ma il problema non sparirà. La Cina è afflitta da un inquinamento, non solo high-tech, che spaventa il mondo intero. Tuttavia le autorità cinesi confidano in una buona riuscita della loro strategia. Huang Jianzhong annuncia l'uso del pugno duro, come da tradizione orientale: sono previste pene durissime per tutti i trasgressori.

Tra le industrie che si sono rifiutate di rilasciare commenti sulla notizia, vanno ricordate la Fuji-Xerox, la General Electric e la Ningbo Bird (leader cinese per la produzione di telefonini).

Al momento il grande paese asiatico è la più grande discarica di prodotti tecnologici. Esiste un intero sottosistema economico, assai sviluppato, che si alimenta dei rifiuti provenienti dall'estero (sopratutto USA, Giappone e Corea del Sud). Vengono estratte, per una successiva riutilizzazione, materie prime dai componenti elettronici. Gli operai spesso lavorano in condizioni disumane, utilizzando solventi chimici ed abrasivi pericolosissimi senza alcuna misura di sicurezza.

I rifiuti giungono sopratutto da Hong Kong, Guangzhou, Shanghai e Ningbo, grandi porti della zona sudorientale. Si calcola che ogni utente informatico, annualmente, produca circa 15kg di rifiuti che ruotano attorno al mondo del silicio e dei circuiti integrati. Metalli, plastiche ed imballaggi. Senza calcolare gli interessi della criminalità organizzata.

La tecnologia, nel nuovo millennio, diventa sempre più insostenibile per il precario equilibrio terrestre. Bastano regolamenti calati dall'alto e regole di mercato per sanare l'ambiente? È davvero questa la via da percorrere? O più semplicemente basterebbe maggiore informazione?

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