Da Corriere della Sera del 06/04/2005
Il premier spera ancora in un’Italia immutabile
di Massimo Franco
Silvio Berlusconi riemerge dalla sconfitta delle regionali uguale a se stesso: con undici governatori su tredici alla sinistra, ma la convinzione incrollabile di avere tutte le carte per prendersi una rivincita alle politiche del 2006. Se ha perso, a suo avviso, è anche perché non avrebbe fatto campagna elettorale come sempre. Insomma, può darsi che nel centrodestra si inizi una resa dei conti. L’impressione, tuttavia, è che non saranno gli alleati a «processare» Berlusconi: sarà lui a sfidare gli altri, riaffermando il primato di Forza Italia sulla coalizione. Anche perché i malumori più profondi affiorano proprio dentro il suo partito; e i commenti ruvidi di An e Udc stanno provocando una reazione gelida. Per Berlusconi e la Lega, la sola ipotesi di una crisi di governo viene considerata una pulsione suicida. Quanto alla voce di un voto anticipato, ronza come un rumore di sottofondo, alimentato da settori della maggioranza e da un’opposizione che ufficialmente non chiede nulla. Ma Palazzo Chigi accarezza una disperata riscossa. Berlusconi ne abbozza contorni a tinte infuocate in un’intervista a Panorama e duellando con D’Alema e Rutelli in tv, a Ballarò . Si corazza politicamente con un alibi che, nella sua visione, è grande quanto tutta l’Europa.
«Negli ultimi due anni, gli elettori europei hanno penalizzato i partiti di governo e premiato quelli d’opposizione, a prescindere dal colore della coalizione», sostiene il premier. Le urne non avrebbero rappresentato un referendum sul berlusconismo, ma solo la valvola di sfogo di un malcontento che oltrepassa i confini italiani; e che non comprometterebbe la sua leadership non solo nel Polo, ma nel Paese. Insomma, nessuna autocritica. Anzi, il modo in cui il ministro leghista Maroni blinda l’«asse del Nord», fa capire che non è disposto a cedere su nulla.
I sarcasmi dei lumbard su un centrodestra tentato dalla sindrome dei «polli di Renzo» manzoniani, che si beccano per poi finire entrambi in padella, è un altolà a Fini e Follini. A nessuno è sfuggito l’accenno del capo dell’opposizione, Romano Prodi, alla «moltiplicazione delle leadership» affiorata dopo le prime proiezioni del 4 aprile. Nella Cdl ci hanno visto un’allusione maliziosa all’apparizione in tv del capo di An; alle sue parole sull’indebolimento del governo; e, in seconda battuta, agli inviti di Follini ad agire presto. Assaggi di una ripresa delle ostilità nella maggioranza; e forse di una loro accentuazione.
Si tratta di atteggiamenti che Berlusconi considera un misto di ingratitudine e di frustrazione; e ai quali ieri ha risposto presentandosi lui in tv, sicuro. La sconfitta era «prevedibile e prevista»; e il problema sarebbe solo quello di far capire i risultati virtuosi del governo. La sinistra non fa altro che «sminuirli» con l’aiuto di quello che il premier definisce uno «Stato parallelo»: un mondo occulto che sarebbe annidato in giornali, magistratura, Consiglio di Stato, Corte costituzionale. Sembra la fredda anticipazione di una strategia che somiglia molto a quelle del passato; e confida in un’Italia berlusconiana immutabile, contraddetta però dal voto regionale.
«Negli ultimi due anni, gli elettori europei hanno penalizzato i partiti di governo e premiato quelli d’opposizione, a prescindere dal colore della coalizione», sostiene il premier. Le urne non avrebbero rappresentato un referendum sul berlusconismo, ma solo la valvola di sfogo di un malcontento che oltrepassa i confini italiani; e che non comprometterebbe la sua leadership non solo nel Polo, ma nel Paese. Insomma, nessuna autocritica. Anzi, il modo in cui il ministro leghista Maroni blinda l’«asse del Nord», fa capire che non è disposto a cedere su nulla.
I sarcasmi dei lumbard su un centrodestra tentato dalla sindrome dei «polli di Renzo» manzoniani, che si beccano per poi finire entrambi in padella, è un altolà a Fini e Follini. A nessuno è sfuggito l’accenno del capo dell’opposizione, Romano Prodi, alla «moltiplicazione delle leadership» affiorata dopo le prime proiezioni del 4 aprile. Nella Cdl ci hanno visto un’allusione maliziosa all’apparizione in tv del capo di An; alle sue parole sull’indebolimento del governo; e, in seconda battuta, agli inviti di Follini ad agire presto. Assaggi di una ripresa delle ostilità nella maggioranza; e forse di una loro accentuazione.
Si tratta di atteggiamenti che Berlusconi considera un misto di ingratitudine e di frustrazione; e ai quali ieri ha risposto presentandosi lui in tv, sicuro. La sconfitta era «prevedibile e prevista»; e il problema sarebbe solo quello di far capire i risultati virtuosi del governo. La sinistra non fa altro che «sminuirli» con l’aiuto di quello che il premier definisce uno «Stato parallelo»: un mondo occulto che sarebbe annidato in giornali, magistratura, Consiglio di Stato, Corte costituzionale. Sembra la fredda anticipazione di una strategia che somiglia molto a quelle del passato; e confida in un’Italia berlusconiana immutabile, contraddetta però dal voto regionale.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
su The Economist del 21/04/2005
di Barbara McMahon su The Guardian del 18/04/2005
di Ilvo Diamanti su La Repubblica del 17/04/2005
In biblioteca
di AA.VV.
Reality Book, 2006
Reality Book, 2006
di AA.VV.
Contemporanea Editore, 2006
Contemporanea Editore, 2006