Da Corriere della Sera del 05/04/2005

Premier e centrodestra sconfitti e senza alibi

di Massimo Franco

Le due telefonate di congratulazioni, fatte da Silvio Berlusconi ai vincitori del centrodestra, finiscono per sottolineare il bilancio magrissimo del governo. E, unite al silenzio del presidente del Consiglio fino alla tarda serata di ieri, dilatano la sensazione di una sconfitta bruciante alle regionali. Non c’è l’alibi dell’astensione, perché alla fine ha votato il 71,4 degli elettori: appena l’1,7 per cento in meno rispetto al 2000. Alcuni alleati di Forza Italia rivendicano una tenuta o un aumento più o meno sensibile dei consensi. E in Veneto e Lombardia, che hanno confermato subito i governatori berlusconiani, il distacco dal centrosinistra si è assottigliato. E’ la figura del leader della Cdl che rischia di riemergere più colpita dagli elettori. Ed è il suo partito a uscire terremotato da un responso, nel quale ai fattori locali sembra essersi sommato un giudizio nazionale omogeneo in negativo. «Il governo logora chi ce l’ha» ha scolpito il ministro Carlo Giovanardi, rovesciando una vecchia massima del senatore a vita Giulio Andreotti. Ma, in questo caso, osservando i risultati non definitivi, il logoramento tocca Berlusconi.

I suoi fedelissimi martellano sul fatto che avrebbe perso perché non ha fatto campagna elettorale. Le analisi degli alleati, tuttavia, sono meno indulgenti. L’Udc del vicepremier Marco Follini, che si sente rafforzata dal voto, punta il dito sull’«asse del Nord» con la Lega. E la stessa An, scottata dalla sconfitta di Francesco Storace nel Lazio, ammette con il vicepremier Fini l’indebolimento del governo anche per eccesso di nordismo.

La riforma federalista voluta da Umberto Bossi, e imposta da Berlusconi al resto dell’alleanza, potrebbe diventare il parafulmine delle tensioni post-elettorali. Il ministro leghista Roberto Calderoli lo fa capire con un certo candore, quando dichiara: «Fortuna che abbiamo portato a casa il federalismo. Altrimenti, con questo risultato, ci sarebbero stati problemi». La durezza, con la quale i lumbard dicono no a qualsiasi ritocco nel governo, indica la trincea nella quale sono pronti a battersi di qui al 2006 nel centrodestra. Per loro, seppure indebolito dalla flessione di FI, l’«asse del Nord» rimane intoccabile.

La novità è che ormai resiste in un bunker territoriale racchiuso fra Lombardia e Veneto, e circondato da un’Italia sempre più antiberlusconiana. Certo, il premier può recriminare per il mancato accordo con i radicali, Alessandra Mussolini e la mini-Dc di Rotondi. Ma spiegare la sconfitta solo così sarebbe pericolosamente miope. Dopo qualche cautela, l’Unione prodiana già rivendica il primato: ha più voti in assoluto del centrodestra, cosa mai successa prima. Romano Prodi proclama: «Gli italiani ci chiedono di prepararci a governare». Di certo, hanno chiesto a Berlusconi di non governare come ha fatto finora.

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