Da Corriere della Sera del 17/03/2005

Il Bollettino economico dell’istituto. Riviste al ribasso le previsioni di sviluppo. «La riforma fiscale premia i redditi medi e alti»

Fazio: il Paese non cresce, conti 2005 a rischio

Bankitalia: perso dal 2000 il 25% di competitività. Bene le misure del governo. Maroni: nuove tasse senza intesa per gli statali

di Mario Sensini

ROMA - «Indebolimento della capacità competitiva connesso con l’insufficiente sviluppo della produttività». La diagnosi della Banca d’Italia non cambia. E il male si aggrava: la quota delle esportazioni italiane sul mercato mondiale è scesa sotto il 3%, la loro competitività si è ridotta del 25% in cinque anni (in Francia del 10%) e, se non bastasse, sostengono gli economisti di Via Nazionale, la bassa crescita rischia di creare problemi seri al deficit pubblico. Il decreto per la competitività e lo sviluppo appena varato dal governo va nella direzione giusta, ma non basta se non è accompagnato dalla riduzione della spesa e dall’abbattimento della pressione fiscale. Per questo tutto, alla fine, torna a quella che in Bankitalia chiamano la «Stella Polare», ovvero il rigore nella gestione della finanza pubblica. Le previsioni del governo, che ipotizza per l’economia una crescita del 2,1% nel 2005, sembrano poco realistiche. Il Bollettino Economico della Banca accredita una stima molto più bassa, pari all’1,1-1,3%. E «solo ipotizzando che la fase di incertezza in atto venga rapidamente superata». «Dal 2004 siamo usciti fermi» spiegano gli analisti di Antonio Fazio «e per arrivare all’1,2% medio dovremmo chiudere l’anno con ritmi di crescita molto superiori». Stando così le cose, si addensano nubi nere sui conti pubblici. Per il 2005 il target del governo è un deficit del 2,7%. Ma la Banca d’Italia elenca almeno sei fattori che rischiano di pregiudicarlo. La crescita, innanzitutto, sapendo che a un punto di minor incremento del Pil corrisponde un deficit più alto di mezzo punto. Ma c’è ancora il problema dell’Anas (vale 0,2 punti di Pil) che il governo continua a considerare fuori dalla pubblica amministrazione, mentre non ha le caratteristiche per esserlo, del finanziamento delle Ferrovie, che dopo le decisioni di Eurostat non può più essere considerato una partita finanziaria, ma una spesa a tutti gli effetti. Ci sono dubbi sul gettito dei nuovi studi di settore, sul controllo della spesa pubblica, sulla piena riuscita del piano di dismissioni immobiliari. E qualche incertezza anche sul contratto del pubblico impiego, con i sindacati che chiedono l’8% in più per il biennio 2004-2005, il rischio di «un effetto vetrina» per i contratti privati e il governo preoccupatissimo (Renato Brunetta, ieri ad un convegno Ceis-Q8, calcolava per ogni punto di aumento salariale un costo di 1,4 miliardi di euro per lo Stato). O chiudiamo al 4,3% o bisognerà aumentare le tasse, avverte il ministro del Lavoro, Roberto Maroni. Per Bankitalia, tuttavia, il recupero della competitività passa anche per la pubblica amministrazione e può giustificare «anche qualche maggior costo iniziale». «Il contenimento della spesa è essenziale, ma ci sono molti modi per attuarlo. Bloccando il turnover, per esempio, il numero dei dipendenti pubblici si riduce del 3% l’anno».

Dai vincoli di finanza pubblica, tuttavia, non si esce senza una crescita più intensa. «Appare sempre più evidente la necessità di una politica diretta a innalzare il potenziale dell’economia» dice Bankitalia. Il decreto sviluppo contiene norme positive, come la riforma del diritto fallimentare, gli incentivi alle fusioni, ma «è necessario inserirlo in un quadro di riforme strutturali volto a rafforzare l’attività di impresa e l’ammodernamento del sistema produttivo». Meno tasse, investimenti nella ricerca e nelle infrastrutture, controllo della spesa. Il legame tra sviluppo e rigore è comunque inscindibile: «affinché politiche a sostegno dell’economia siano percepite come durature, è essenziale procedere con determinazione nel risanamento strutturale della finanza pubblica» conclude la Banca d’Italia.

A fronte di un deficit al 3% del reddito lordo, Bankitalia sottolinea che «la riduzione della spesa per interessi è stata più che compensata dal peggioramento del saldo primario» (cioè al netto degli interessi passivi) che «è ora tornato su livelli analoghi a quelli del 1992».

In calo nel 2004 la pressione fiscale. Per la Banca la revisione delle aliquote introdotta nel 2005, «avvantaggia principalmente i redditi più elevati» mentre «la nuova struttura per le deduzioni per carichi familiari favorisce i redditi medi».

Quanto alle previsioni di crescita, nel 2005 dovrebbe tardare ancora la svolta. Bankitalia prevede, infatti, che la crescita del reddito nazionale per l’anno in corso si attesti fra l’1,1% e l’1,3%, quasi un punto sotto al 2,1% stimato ufficialmente dal governo.

Secondo Via Nazionale, il sistema-Italia dal 2000 ha perso oltre il 25% di competitività, misurata sulla base dell’andamento del costo del lavoro per unità di prodotto. In questo stesso periodo l’erosione di competitività dei prodotti francesi e tedeschi è stata invece inferiore al 10%.

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