Da Corriere della Sera del 17/03/2005
«Berlusconi mi ha detto che non è cambiato nulla»
Il presidente Usa: la sua posizione è uguale alla nostra
di Ennio Caretto
WASHINGTON - «La politica italiana sull’Iraq non cambia». Il graduale ritiro delle truppe italiane «non sfalderà la coalizione che anzi è incoraggiata dai progressi iracheni». Così, alla tradizionale conferenza stampa pasquale, George Bush ha minimizzato ieri l'annuncio di Silvio Berlusconi sul disimpegno dell'Italia dall’Iraq da settembre, definito da molti media Usa, New York Times e Wall Street Journal in testa, «un brutto colpo per l'America». In risposta alla prima domanda dei giornalisti - una conferma dell'allarme Usa per l’eventuale perdita dell'alleato - il presidente ha riferito di avere telefonato al premier: «E' stato lui ad affrontare la questione dicendo che non è un cambiamento di politica, e che il ritiro avverrà in accordo con gli alleati senza ridurre la capacità dell'Iraq di difendersi».
L’ANNUNCIO - L'improvviso annuncio di Berlusconi, ritenuto il più fidato partner di Bush con il premier britannico Tony Blair, ha scosso l'America. Secondo il New York Times , che ha attribuito la decisione alla tragedia di Calipari e all'imminenza delle elezioni regionali («il premier si è accorto che potrebbe pagare un prezzo troppo alto»), l'annuncio ha smentito l'asserzione del presidente che la situazione in Iraq migliora. E secondo il Washington Post , che ha ricordato il ritiro in corso degli olandesi e degli ucraini e quello progettato dai polacchi, quello italiano ridurrà i membri della coalizione da 38, con 300 mila soldati, due anni fa, a 24 con appena 170 mila uomini a settembre. Né i giornali, che hanno messo la notizia in prima pagina, né le tv hanno però criticato l'Italia.
IL RISCHIO - Al giornalista che ha sottolineato il rischio che l'America resti isolata, Bush ha ribattuto che «la posizione dell'Italia è come la nostra e quella degli altri alleati, le truppe verranno via quando gli iracheni sapranno difendersi da soli, tutti vogliono che i soldati tornino a casa, ma a missione compiuta». Il presidente ha aggiunto: «Condivido il senso d'entusiasmo degli iracheni che hanno ottenuto la libertà, c'è ancora molto da fare ma l'addestramento delle loro forze procede, i segnali sono positivi. E' un momento luminoso». Bush non ha ripetuto l'elogio dell'Italia fatto la sera prima dal suo portavoce Scott McClellan: «Di certo apprezziamo i contributi degli italiani, i loro sacrifici». Anche il Pentagono ha minimizzato le ripercussioni della decisione di Berlusconi. «Da qui a settembre c'è ampio tempo per risolvere i problemi che potrebbero sorgere», ha affermato un portavoce, notando che l'Australia ha appena inviato in Iraq 450 uomini, e che le forze irachene addestrate sono oltre 150 mila. Ma al Congresso alcuni parlamentari hanno reagito negativamente: «I Paesi dell'Ue e della Nato dovrebbero aumentare non diminuire la loro presenza in Iraq, sull'esempio di quanto hanno fatto in Afghanistan», ha lamentato alla Commissione esteri il senatore democratico Joe Biden.
L’ANNUNCIO - L'improvviso annuncio di Berlusconi, ritenuto il più fidato partner di Bush con il premier britannico Tony Blair, ha scosso l'America. Secondo il New York Times , che ha attribuito la decisione alla tragedia di Calipari e all'imminenza delle elezioni regionali («il premier si è accorto che potrebbe pagare un prezzo troppo alto»), l'annuncio ha smentito l'asserzione del presidente che la situazione in Iraq migliora. E secondo il Washington Post , che ha ricordato il ritiro in corso degli olandesi e degli ucraini e quello progettato dai polacchi, quello italiano ridurrà i membri della coalizione da 38, con 300 mila soldati, due anni fa, a 24 con appena 170 mila uomini a settembre. Né i giornali, che hanno messo la notizia in prima pagina, né le tv hanno però criticato l'Italia.
IL RISCHIO - Al giornalista che ha sottolineato il rischio che l'America resti isolata, Bush ha ribattuto che «la posizione dell'Italia è come la nostra e quella degli altri alleati, le truppe verranno via quando gli iracheni sapranno difendersi da soli, tutti vogliono che i soldati tornino a casa, ma a missione compiuta». Il presidente ha aggiunto: «Condivido il senso d'entusiasmo degli iracheni che hanno ottenuto la libertà, c'è ancora molto da fare ma l'addestramento delle loro forze procede, i segnali sono positivi. E' un momento luminoso». Bush non ha ripetuto l'elogio dell'Italia fatto la sera prima dal suo portavoce Scott McClellan: «Di certo apprezziamo i contributi degli italiani, i loro sacrifici». Anche il Pentagono ha minimizzato le ripercussioni della decisione di Berlusconi. «Da qui a settembre c'è ampio tempo per risolvere i problemi che potrebbero sorgere», ha affermato un portavoce, notando che l'Australia ha appena inviato in Iraq 450 uomini, e che le forze irachene addestrate sono oltre 150 mila. Ma al Congresso alcuni parlamentari hanno reagito negativamente: «I Paesi dell'Ue e della Nato dovrebbero aumentare non diminuire la loro presenza in Iraq, sull'esempio di quanto hanno fatto in Afghanistan», ha lamentato alla Commissione esteri il senatore democratico Joe Biden.
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