Da Corriere della Sera del 01/02/2005
La sentenza di 75 pagine di un magistrato di Washington riconosce ai prigionieri la possibilità di rivolgersi ai tribunali americani
Giudice Usa: a Guantanamo diritti violati
«Incostituzionali» le udienze della Commissione militare. Rivolta a Camp Bucca in Iraq: uccisi 4 detenuti
di Ennio Caretto
WASHINGTON - In un giorno di gioia per Bush, quello del dopo elezioni in Iraq, un giudice federale infligge una sconfitta giudiziaria al presidente. E’ una donna, Joyce Hens Green, del tribunale di Washington. Con una sentenza di 75 pagine, il giudice riconosce ai detenuti di Guantanamo a Cuba il diritto di appellarsi ai tribunali Usa contro la loro detenzione. E denuncia l'amministrazione che per mesi, anni, ha loro negato l'assistenza legale. «La nazione deve certamente prendere misure forti - dice - contro il terrorismo. Ma tale necessità non può tradursi nella sottrazione dei diritti fondamentali per cui gli americani hanno combattuto e sono morti per più di due secoli».
Joyce Hens Green definisce anche «incostituzionali» le udienze della Commissione militare di Guantanamo in cui i detenuti, privi di difensori, vengono qualificati «nemici combattenti». Non solo violano, scrive nella sentenza, la Convenzione di Ginevra sulla tutela dei prigionieri di guerra. Impongono altresì un criterio troppo ampio di «nemico». Fa l’esempio della «vecchietta che in Svizzera manda un assegno a quella che crede un’«associazione per gli orfani in Afghanistan ed è invece un gruppo che spalleggia Al Qaeda».
Dovrebbe finire anche lei a Guantanamo? si chiede. Il giudice critica anche i metodi seguiti negli interrogatori, denunciati come torture dai cinquanta detenuti che si sono a lei rivolti. I principi del «giusto processo» - è la sua conclusione - devono essere applicati durante l’intero iter giudiziario.
La sentenza della Green si somma a una precedente dello scorso novembre contro l’amministrazione, di un altro giudice federale, James Robertson. A novembre, Robertson sentenziò che le corti marziali a cui sono stati sottoposti alcuni prigionieri a Guantanamo sono incostituzionali. Il ministero della Giustizia a suo tempo aveva già presentato ricorso contro il giudice. Così è stato anche ieri, quando la Casa Bianca ha fatto sapere che intende procedere nello stesso modo e non dispera di rovesciare le sentenze in appello. «Noi rispettosamente esprimiamo - ha detto il portavoce di Bush, Scott McClellan - questa decisione. Il ministero della Giustizia cercherà di compiere tutti i passi giuridicamente necessari per tutelare le scelte del governo».
L'amministrazione non sembra pronta ad arrendersi. Ma anche le associazioni dei diritti civili americani non temono più di perdere la battaglia. Ritengono che la Corte Suprema sia dalla loro parte, sicuri che a tre anni e mezzo dalle stragi dell'11 settembre 2001 l'America voglia il rispetto della democrazia.
Una battaglia molto aperta. Solo due settimane fa, però, un terzo giudice federale, Richard Leon, si schierò dalla parte della Casa Bianca, proclamando che la Corte suprema non riconosce esplicitamente la giurisdizione dei tribunali Usa sui detenuti a Guantanamo: «La sua sentenza non si applica loro perché si tratta di individui catturati al di fuori del nostro territorio». Attualmente Guantanamo, che è di nuovo al centro di uno scandalo - per un caso di umiliazione sessuale degli interrogati da parte di soldatesse - ospita circa 540 prigionieri, catturati in larga parte in Afghanistan.
Ieri, è tornato sotto i riflettori un altro campo di detenzione. Camp Bucca, in Iraq. In tre diversi settori, i detenuti si sono ribellati: le guardie hanno reagito sparando. Almeno quattro prigionieri, secondo fonti americane, sono stati uccisi.
Joyce Hens Green definisce anche «incostituzionali» le udienze della Commissione militare di Guantanamo in cui i detenuti, privi di difensori, vengono qualificati «nemici combattenti». Non solo violano, scrive nella sentenza, la Convenzione di Ginevra sulla tutela dei prigionieri di guerra. Impongono altresì un criterio troppo ampio di «nemico». Fa l’esempio della «vecchietta che in Svizzera manda un assegno a quella che crede un’«associazione per gli orfani in Afghanistan ed è invece un gruppo che spalleggia Al Qaeda».
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L'amministrazione non sembra pronta ad arrendersi. Ma anche le associazioni dei diritti civili americani non temono più di perdere la battaglia. Ritengono che la Corte Suprema sia dalla loro parte, sicuri che a tre anni e mezzo dalle stragi dell'11 settembre 2001 l'America voglia il rispetto della democrazia.
Una battaglia molto aperta. Solo due settimane fa, però, un terzo giudice federale, Richard Leon, si schierò dalla parte della Casa Bianca, proclamando che la Corte suprema non riconosce esplicitamente la giurisdizione dei tribunali Usa sui detenuti a Guantanamo: «La sua sentenza non si applica loro perché si tratta di individui catturati al di fuori del nostro territorio». Attualmente Guantanamo, che è di nuovo al centro di uno scandalo - per un caso di umiliazione sessuale degli interrogati da parte di soldatesse - ospita circa 540 prigionieri, catturati in larga parte in Afghanistan.
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