Da El Pais del 17/01/2005

Intervista al re Mohammed VI: "Con le riforme cambierò il mio paese"

"L´integralismo ci minaccia il Marocco è unito all´Europa"

di Jesus Ceberio, Ignacio Cembrero

In questa intervista concessa a El País il re del Marocco, Mohammad VI, parla dei suoi primi cinque anni di regno e dei rapporti con la Spagna e l´Europa.

È pronto per trarre un bilancio. La stampa internazionale ha sottolineato, a suo merito, l´introduzione di un nuovo codice di famiglia che contribuisce a equiparare uomini e donne.
«I mezzi di comunicazione stranieri hanno attribuito importanza al nuovo codice di famiglia perché era un tema di attualità, e anche alcuni circoli occidentali lo hanno accolto con favore. Tuttavia non è stata, nella maniera più assoluta, l´unica riforma che ho intrapreso. Sono molte, dalla legge elettorale al codice del lavoro, passando per la rivalutazione della cultura berbera o per la ristrutturazione dell´ambito religioso. Vorrei dire anche che non passo il tempo a fare il conto delle riforme che ho realizzato. Sono molte».

Un´altra iniziativa inedita per il mondo musulmano sono state le apparizioni in pubblico, cominciate in dicembre, delle vittime della repressione politica negli anni che vanno dal 1956 al 1999...
«L´obiettivo è riconciliare il Marocco con il suo passato. Il passato fa parte della storia del Marocco. Non dev´essere dimenticato. Questo processo non è nato da un giorno all´altro. E stato avviato da mio padre, che Dio lo abbia in gloria, nel 1990, con la creazione del Comitato consultivo dei diritti umani. Poi ci fu l´amnistia generale del 1994, e, più tardi, fu avviato il processo di indennizzazione delle vittime. Il resto già lo conosce. Ci vorrà tempo, ma ci stiamo riuscendo».

I paesi che hanno realizzato una transizione democratica hanno concluso quel processo adottando una nuova Costituzione che impegna il potere esecutivo a rispondere al potere legislativo. Ci si può aspettare che il Marocco si trasformi in una monarchia parlamentare all´europea?
«No. Non dobbiamo importare il modello delle monarchie europee. Abbiamo le nostre specificità e i nostri obblighi, che tracciano il cammino che percorreremo in futuro. Ma la nostra Costituzione non è immutabile. Negli ultimi 40 anni, abbiamo avuto quattro Costituzioni e numerosi emendamenti».

Che cosa è cambiato rispetto al regno di suo padre, re Hassan II?
«Probabilmente lo stile. Mio padre, riferendosi a me, diceva: «Lui è lui e io sono io». Ognuno ha il suo stile, il suo modo specifico di lavorare. Ma quello che importa è l´obiettivo. Io so dove voglio andare. Anche mio padre, che Dio lo abbia in gloria, lo sapeva, e sapeva dove voleva andare. E questo obiettivo rimane lo stesso: lavorare per il progresso e per il benessere del Marocco».

In alcuni paesi arabi, come nella vicina Algeria, ci sono gruppi integralisti radicali violenti. Teme che in Marocco possa succedere qualcosa di simile?
«Credo che sia una minaccia che riguarda non soltanto il mondo musulmano. Il rischio oggi è elevato sia nei paesi europei che in quelli della riva meridionale del Mediterraneo. Guardi a quello che è successo a Madrid a marzo. Gli attentati sono stati commessi da persone di origine marocchina, ma che vivevano in Spagna da anni, avevano documenti, alcuni addirittura erano sposati con donne spagnole. Insomma, sembravano perfettamente integrati nella società spagnola. O parliamo di quello che è successo in Olanda. L´autore del crimine è un marocchino, ma anche un olandese, perché è nato, è cresciuto ed è stato educato in Olanda.

È preoccupato che il fatto che persone nate in Marocco compiano attentati possa danneggiare l´immagine del paese?
«Sì, e questo è uno dei motivi, unitamente alla prossima visita dei reali di Spagna, per cui ho accettato di concedere questa intervista. Voglio che gli spagnoli sappiano che comprendo perfettamente che l´immagine del Marocco susciti diffidenza nell´opinione pubblica, dopo quello che è successo l´11 marzo.»

L´Italia propone di creare campi di emigranti nel Nord Africa e la Libia ha dato il suo assenso. Che gliene sembra di questa idea?
«Il problema fra la Libia e l´Italia non si pone negli stessi termini di quello fra il Marocco e la Spagna. I flussi migratori dalla Libia verso la costa sud dell´Europa sono minori. Inoltre, fra la Libia e l´isola italiana di Pantelleria ci sono tra i 50 e i 60 chilometri di mare. Tra i nostri due paesi ci sono solo 14 chilometri. Questo significa che il 90% degli aspiranti emigranti siano attirati per prima cosa dalla Spagna. Siamo disposti a risolvere questo problema fra il Marocco e la Spagna. Ma riguardo a questi campi, non credo che contribuiscano a risolvere il problema».

Che cos´è cambiato, per il Marocco, fra il governo spagnolo precedente e quello attuale?
«Lo riassumerò in una parola: fiducia. Il presidente Zapatero e il suo governo hanno fiducia nella serietà del Marocco come interlocutore, alleato e vicino. Tra di noi, ora, si è ristabilito il rispetto reciproco».
Annotazioni − Articolo pubblicato il 17/01/2005 su "la Repubblica".
Traduzione di Fabio Galimberti.

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