Da La Repubblica del 17/01/2005

Prima della condanna a 10 anni ha consegnato alla Corte marziale un manoscritto nel quale accusa i suoi superiori

Torture, Graner fa i nomi dei mandanti la procura militare prepara nuove inchieste

di Carlo Bonini

FORT HOOD (Texas) - Il soldato Charles A. Graner viene consegnato al buio di un «military brig», una galera militare, che non promette nulla di buono per chi ha deciso di scaraventarvelo per i prossimi dieci anni. A capo scoperto, caracolla nelle catene che gli stringono le caviglie e gli accorciano il passo. Solleva i polsi in manette in un ultimo nevrotico sorriso. Cinquanta metri lo dividono dal Van che lo porterà via. E lungo questa passerella dell´infamia, illuminata da flash, è chiaro che la storia di Abu Ghraib non finisce qui, non finisce oggi in un tramonto texano.

«Non ho nulla di cui pentirmi. Nulla di cui chiedere scusa. Ho obbedito a degli ordini. Sono un soldato ed eccomi qui», si congeda. Sentiremo ancora parlare di lui. Basta prestare attenzione a Irma Graner, la madre. A Charles Graner senior, il padre. Perdono il figlio e decidono di gridare il nome di chi glielo ha portato via. «Il mio ragazzo - dice la donna - è stato condannato il giorno che il presidente Bush è andato in televisione sostenendo che delle mele marce avevano gettato vergogna sul nostro Paese. Avete sentito tutti chi dava gli ordini ad Abu Ghraib. Sono il presidente Bush e il segretario alla Difesa Rumsfeld, che fingono di non sapere, a gettare vergogna sul nostro Paese. Combatteremo finché la verità verrà fuori».

Guy Womack è l´avvocato che ha perso il processo ma ragiona con il fare sornione di chi ritiene di averlo appena vinto. «Non ho elementi certi per dire che l´esito del processo è stato scritto da Bush e da Rumsfeld - dice - ma ne ho per dimostrare in appello che il nostro giudice era prevenuto. È stato un terzo pubblico ministero. Ha impedito che venisse a testimoniare il generale Sanchez, ex comandante delle operazioni in Iraq. Ha eccepito l´immunità degli ufficiali che impartivano ordini ad Abu Ghraib per sottrarli al nostro esame. Ha pensato in questo modo di poter ridurre l´intera vicenda a una storia di mele marce. Ma non ci è riuscito».

Nell´affare di Abu Ghraib, ad un anno esatto dalla notte in cui il soldato Joseph Darby lasciò anonimamente scivolare sotto la porta di un procuratore il cd dell´infamia con le sue 1.000 foto, il saldo della giustizia militare dice oggi che nel cesto restano esattamente le «mele» di Bush. Charles Graner è storia di oggi. Megan Hambul, sua compagna di sevizie e di letto, ha patteggiato la sua colpevolezza ed è oggi libera e congedata con disonore. Il sergente Ivan Frederick II ha patteggiato otto anni di reclusione e lascerà l´esercito con disonore. Il soldato Jeremy Sivits, un anno e il congedo per cattiva condotta. E come lui il soldato Armin Cruz (8 mesi). Di qui all´estate, la Corte Marziale chiuderà i conti con il sergente Javal Davis, la specialista Sabrina D.

Harman e il soldato con il guinzaglio Lynndie England, madre dall´ottobre scorso dell´ultimo dei figli di Graner. Eppure, il processo Graner ha spezzato la consegna del silenzio. E ora fonti vicine alla Procura militare confermano che «più di un´inchiesta è aperta a carico di ufficiali e sottufficiali» dell´intelligence militare. Parliamo della 205esima brigata che tra l´ottobre e il dicembre 2003 governò il destino dei prigionieri di Abu Ghraib. Delle «squadre Tigre» dell´ex comandante di Guantanamo, il generale Geoffrey Miller. L´ultimo rapporto del Pentagono, rassegnato il 23 agosto 2004 dal generale Anthony R. Jones, accusa 26 tra ufficiali e sottoufficiali di quell´unità, indicandone i nomi. Sono 177 pagine nelle cui conclusioni si legge: «Hanno chiesto e incoraggiato personale della polizia militare ad abusare dei detenuti. Hanno tollerato e sollecitato la violazione delle leggi che disciplinano gli interrogatori». In quell´elenco sono anche i nomi che Graner ha consegnato ai suoi giudici come mandanti delle sue sevizie.

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