Da Corriere della Sera del 17/01/2005
A due settimane dalle elezioni l’Iraq sembra ripiombato nel caos seguito alla caduta del regime di Saddam. Le speranze di curdi e sciiti
A Bagdad la notte arriva di pomeriggio Strade deserte, assalti, niente elettricità
di Lorenzo Cremonesi
BAGDAD - Paura, più che mai paura. La prima impressione arrivando nella capitale irachena dopo tre mesi di assenza è quella di essere tornati indietro alle settimane appena dopo l’entrata delle truppe Usa il 9 aprile 2003. Mancano i saccheggi di massa, però trionfano guerriglia e criminalità. Le strade si animano verso le otto di mattina e si svuotano verso le 14. Poi dominano l’attesa della notte chiusi in casa e la preoccupazione per i pericoli della giungla urbana. «Come nel giugno di due anni fa, abbiamo due ore di corrente elettrica ogni quattro di buio», protestano nella maggioranza dei quartieri. E i più si attendono violenze e insicurezze ancora peggiori con l'avvicinarsi dell'appuntamento elettorale il 30 gennaio. «Sarà via via peggio, prima che magari divenga meglio», concordano in genere sciiti e curdi (assieme circa l’80 per cento dei 25 milioni di iracheni), che pure a grande maggioranza sostengono il voto. Tra la minoranza sunnita si sentono invece per lo più giudizi negativi, addirittura catastrofici. «Il giorno del voto scorrerà sangue, fiumi di sangue. E comunque non cambierà nulla sino a che le truppe di occupazione americane non se ne saranno andate», sosteneva tra i tanti due giorni fa in una bottega da parrucchiere lungo la centralissima Saduun Street Achmad Alì, originario di Latifiah (uno dei covi più violenti della guerriglia a sud della capitale), ex ufficiale dell’esercito di Saddam e oggi proprietario di un concessionario di auto.
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