Da La Repubblica del 15/01/2005

Nella notte in Texas l´annuncio della sentenza. L´imputato era arrivato in aula sorridente: "Sto fantasticamente bene"

Abu Ghraib, condannato il torturatore

Per la corte marziale Graner colpevole di tutti i reati: rischia 15 anni

L´accusa ha ricordato le e-mail che il militare mandava a casa allegando le fotografie dei prigionieri maltrattati
Il difensore: perché è così pazzo da dare a chi lo accusa le immagini che lo dovrebbero incastrare?

di Carlo Bonini

FORT HOOD (Texas) - Colpevole di torture e sevizie. Charles A. Graner è diventato paonazzo e ha chinato il capo mentre i giudici leggevano la sentenza che lo ritiene responsabile di tutti e 5 i capi d´imputazione. Una nuova camera di consiglio stabilirà la pena che il "diavolo di Abu Ghraib" dovrà scontare. Rischia 15 anni di detenzione.

Nella Hyundai grigia che alle 7.30 del mattino lo aveva scaricato di fronte ai suoi giudici, insieme a mamma e papà, Graner aveva abbozzato una smorfia da divo sotto i lampi dei flash. Allungando mani tozze e benedicenti attraverso il muro di cronisti e telecamere. Ripetendo a se stesso e a chi gli si faceva incontro che «sta fantasticamente bene, perché oggi sarà un giorno fantastico. Come lo sono stati ieri e avanti ieri».

Non è un fesso lo specialista Charles A. Graner, 16a brigata di polizia militare del Maryland. Sa che i 7 bianchi, i 2 neri e l´ispanico della Corte Marziale che deciderà di lui, dell´orrore di Abu Ghraib, devono rispondere ad una sola domanda. Se debba essere il solo a pagare. O, al contrario, se i 17 anni e mezzo chiesti dall´accusa non vadano alleggeriti, e di molto. Perché il mondo sappia che di quell´inferno tutti sapevano nella catena di comando. Peggio, ne sollecitavano e incoraggiavano l´orgia di guinzagli, mazze, piramidi umane, masturbazioni, fellatio.

La pubblica accusa ha gran fretta di chiudere. Rendendo l´ultimo atto di questo affare il più freddo possibile. Per questo, dal banco dei procuratori si alza il giovane capitano Chris Graveline e non il maggiore Michael Holley, che ha istruito l´intero dibattimento. Graveline parla ritto accanto al leggìo alzato di fronte ai giurati elenca le ragioni per le quali Graner merita una vecchiaia dietro le sbarre. «Non esiste alcun dubbio - esordisce - che l´imputato abbia commesso ciò di cui è accusato. Ci sono le foto e un video a dimostrarlo». Lapalissiano, forse, ma vero come le immagini che torna a somministrare allo stomaco dei giurati. A cominciare dalla piramide di prigionieri nudi che - dice il capitano - «non vogliamo diventi il poster per una campagna di reclutamento dell´Esercito». E dunque: «Notte dell´8 novembre 2003: video digitale della forzata masturbazione di gruppo; foto di prigioniero nudo pronto ad essere colpito alla nuca; immagine di fellatio simulata tra detenuti». Una pausa. E ancora: «Notte del 23 ottobre 2003: foto del soldato Lynndie R. England che trascina al guinzaglio un prigioniero nudo; foto del medesimo soldato che indica i genitali dei prigionieri».

«Già, Graner picchiava i detenuti, ne abusava fisicamente e psicologicamente. Ce lo hanno raccontato i testimoni Jeremy Sivitis e Ivan Frederick e non quelli che mentono come la sua ex amante Megan Ambuhl. Ce lo raccontano le sue vittime Hussein Mutar e Ameen Al-Sheikh. E poi? Poi scriveva a casa per vantarsene». Sono le 10 e-mail catturate nella memoria del pc di Graner. «Leggetevele: E-mail: "Un´altra notte di noioso lavoro ad Abu Ghraib". Attachement: un prigioniero che si contorce sanguinante sul pavimento. E-mail: "Le cose sarebbero potute andare peggio quando abbiamo cominciato a fargli delle domande". Attachement: foto di Graner che sutura la palpebra spaccata di un detenuto».

La fatica del capitano Graveline dura quaranta minuti. Si chiude così: «La difesa vi racconterà che Graner obbediva agli ordini dell´intelligence militare. È una favola. Vi dirà che il suo lavoro ha consentito di acquisire informazioni preziose. La donna costretta a mostrare il seno doveva forse consegnarci Saddam?

Fortunatamente, l´ultima parola sugli abusi di Abu Ghraib non spetta all´imputato. Spetta a voi. Ebbene, esiste una sola parola che potrà spiegare all´imputato, all´esercito, al nostro Paese, al mondo cosa è accaduto. E quella parola è: colpevole».

Il lavoro della difesa non è complicato. Anche se Guy Womack decide di affrontarlo con un passo da principio farsesco. Osserva che «piramidi umane, esibizioni di nudità e simulazioni di fellatio», sono «trovate di ingegno ragionevoli, creative, innocue». Insiste che i «guinzagli» sono arnesi di largo uso dei «genitori americani per tenere sotto controllo i loro bambini».

Che «solo due giorni dopo i fatti di Abu Ghraib, Saddam venne arrestato e questo dimostra il frutto delle informazioni che lì venivano raccolte». Solo negli ultimi venti minuti infila l´argomento che può decidere un destino: «Perché Graner è così pazzo da consegnare a chi lo accusa il cd con le foto che lo dovrebbero inchiodare? Perché è così ritardato di mente da farsi fotografare sorridente mentre fa ciò che fa e da spedirlo a casa?

No, Graner non è un demente. Ha 129 di quoziente intellettivo.

Graner obbediva a degli ordini. E il modo in cui lo faceva era apprezzato del colonnello dell´intelligence militare Jordan (ora sotto inchiesta ndr). Che l´intelligence fosse padrona del carcere lo abbiamo dimostrato producendo la nota di merito del 16 novembre 2003. Ce lo hanno raccontato i testi Davis, Ambhul e persino Frederick, che per altro lo accusa di cose che Graner non ha fatto, come costringere i prigionieri alla masturbazione. Il video di quell´episodio è stato girato con una videocamera che non è la sua. La verità è che l´accusa non ha prodotto una solo documento o teste che dimostri che a Graner erano state date delle direttive che lui ha disatteso. Le prove che abbiamo raccontano il contrario. Il governo Usa e la catena di comando fingono di non sapere quel che accadeva nel braccio 1 Alfa.

Vogliono che a pagare per quello che consideravano un eccellente lavoro sia solo il caporale Graner, il più giovane. Tocca a voi decidere se questo deve o meno accadere». La corte non ha avuto dubbi.

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