Da La Stampa del 12/01/2005

Gli estremisti: la lotta armata per ora continua

Sharon e Abu Mazen si telefonano. Hamas lancia razzi

Il neo presidente dell’Anp prepara la riforma dei servizi di sicurezza considerata essenziale da Israele. Per il premier di Gerusalemme oggi prova del fuoco: la fronda del Likud potrebbe bocciare la Finanziaria

di Aldo Baquis

TEL AVIV - Fra l'ufficio del premier israeliano a Gerusalemme e la Muqata di Ramallah, distante 20 chilometri, la linea telefonica è stata riattivata dopo un ostinato silenzio di anni. Ieri, dopo aver presieduto la prima seduta del governo congiunto con i laburisti di Shimon Peres, il premier Ariel Sharon ha sentito la necessità di chiamare il nuovo presidente palestinese, Abu Mazen. La conversazione, hanno confermato i loro rispettivi consiglieri, è durata pochi minuti durante i quali il premier israeliano si è congratulato con il Raìss per la netta vittoria elettorale, ha offerto la sua cooperazione e ha suggerito un incontro in un prossimo futuro. Abu Mazen, che nel suo primo discorso dopo le elezioni aveva già «teso la mano ai vicini israeliani», ha risposto con eguale cordialità.

Me l'agenda di Sharon differisce molto da quella di Abu Mazen. Per il primo è necessario concentrarsi sulle questioni di sicurezza, sulla prevenzione degli attentati e degli attacchi con razzi e mortai dalla striscia di Gaza verso Israele. Nel contesto di una cooperazione di sicurezza Gerusalemme è disposta a cedere gradualmente ai palestinesi il controllo delle arterie e delle città cisgiordane. Abu Mazen ha altre urgenze. La prima è la liberazione dei detenuti dell'Intifada, Marwan Barghuti in testa. Poi dovrà insistere per il congelamento delle colonie e per la rimozione della barriera di separazione. «La preparazione di un incontro fra i due dirigenti richiederà almeno due settimane - ha detto Nabil Shaath, responsabile dell'Anp per le questioni estere - anche la visita di Abu Mazen a Washington dovrà attendere che a Ramallah sia stato formato un nuovo governo».

Oggi per Abu Mazen ci sarà l’investitura solenne, nel Parlamento di Ramallah. Un’occasione in cui, secondo i suoi collaboratori, pronuncerà un discorso alla nazione. Subito dopo dovrà mettersi al lavoro: non solo per la costituzione del nuovo governo (che dovrebbe essere nuovamente presieduto da Abu Ala) ma anche per la riforma dei servizi di sicurezza. L’eredità di Yasser Arafat in materia è scoraggiante: la sicurezza palestinese è affidata a una decina di servizi spesso in lotta fra loro e certamente privi del necessario coordinamento. Ieri il Consigliere per la sicurezza nazionale Jibril Rajub ha rassegnato le dimissioni, per consentire al Presidente di scegliere una persona di fiducia. Per la carica di ministro degli Interni Abu Mazen potrebbe scegliere il generale Nasser Yussef, che in passato ha già dato prova di determinazione nella striscia di Gaza.

Da Abu Mazen Israele si attende che sappia mettere a tacere l’Intifada armata. Ieri Hamas - respingendo gli appelli del Presidente - ha lanciato razzi Qassam e colpi di mortaio contro insediamenti ebraici a Gaza e contro la cittadina di Sderot. Un israeliano, colpito nei giorni scorsi in uno di questi attacchi, è morto ieri in ospedale. Secondo Abu Mazen questo genere di attacchi è dannoso alla causa palestinese. Ma un esponente del braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, ha replicato che solo l’insistenza di quegli attacchi ha indotto Sharon a ordinare il ritiro da Gaza. «Nel 2004 - ha precisato - i palestinesi hanno avuto 912 morti, fra cui 161 bambini e ragazzi e 36 donne, mentre il nemico sionista ha subito 118 perdite». A Gaza, secondo le statistiche di Hamas, Israele ha compiuto 66 incursioni mentre i guerriglieri islamici hanno sparato 232 razzi e 1139 colpi di mortaio. Nella fase attuale Hamas proseguirà la lotta armata, ha proseguito l'esponente del Braccio armato. Un cessate-il-fuoco potrà essere rispettato da Hamas «solo se ci saranno garanzie convincenti che Israele non tornerà ad assassinare i palestinesi».

A Gerusalemme, Sharon e Peres hanno fretta di avviare i preparativi del ritiro da Gaza, anche perché sta montando la protesta della destra eversiva, del movimento dei coloni e dei rabbini nazionalisti, al punto che anche nelle forze armate si avvertono primi sintomi di disobbedienza. Per Sharon il problema è anche nel Likud, dove 13 deputati contrari al ritiro da Gaza fanno tutto il possibile per abbattere il governo varato solo lunedì. Quella di oggi sarà per il premier una giornata campale, perché non ha la certezza di ottenere un voto positivo quando si recherà in Parlamento per presentare la Finanziaria. Il movimento dei coloni soffia sui venti di fronda del Likud, un partito dove secondo la stampa c'è ormai una scissione di fatto. Anche fra i laburisti alcuni deputati promettono di votare contro la finanziaria perché contrari alla politica economica conservatrice del ministro delle Finanze.

La Knesset sembra più ingovernabile che mai. In serata si saprà se Sharon avrà superato l'insidioso ostacolo. In caso negativo, prevedono i suoi consiglieri, si rassegnerà ad andare a elezioni anticipate.

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