Da La Repubblica del 03/01/2005
Frederick Mario Fales parla dei furti in iraq e dei mercati illegali
I quattromila sigilli spariti da Bagdad
di Paolo Vagheggi
ROMA - Dice Frederick Mario Fales che quello del museo di Bagdad è stato un saccheggio «epocale». Sono state date notizie prima allarmistiche e poi rassicuranti. Ma in realtà sono spariti non meno di quindicimila reperti archeologici, tra cui quattromila sigilli. Ed è una spoliazione che non è terminata. Secondo Frederick Mario Fales, che è ordinario di storia del Vicino Oriente antico all´università di Udine e autore di Saccheggio in Mesopotamia (pagg. 470, euro 32, Forum, editrice universitaria udinese), ogni giorno mentre infuriano attentati e sparatorie almeno mille pezzi provenienti da scavi illegali lasciano l´Iraq per finire sul mercato occidentale.
Afferma Fales: «Se accadesse in Italia quello che è avvenuto a Bagdad sarebbe stata una tragedia nazionale. La guerra invece ha fatto dimenticare l´esistenza di un museo archeologico di importanza mondiale come quello della capitale irachena, che funzionava perfettamente non dimentichiamolo. La questione forse è stata sottovalutata perché all´inizio era stata annunciata una perdita di 140.000 pezzi. Quindicimila è stima odierna delle perdite. Non è piccola. E´ vero che i grandi capolavori sono stati restituiti. Ma solo perché non erano commerciabili. E sarà difficile ritrovare qualcosa perché quello che manca non era stato catalogato, come i quattromila sigilli che erano conservati nel cassetto di una scrivania del museo».
Perché rubare quattromila sigilli?
«Quattromila sigilli si mettono in tasca e passano tranquillamente la frontiera perché se non sono di metallo non fanno scattare allarmi. Sono molte le persone coinvolte. A New York un politologo iracheno è stato trovato con del materiale marcato dal museo. Ma in gran parte non è marcato e se non lo è finisce addirittura su eBay. E´ una grossissima tragedia anche perché, tra l´altro, non riusciamo a capire o a valutare quando il museo potrà essere riaperto: Bagdad è sottoposta a tensioni tremende».
Oltre ai sigilli cosa manca?
«Pezzi minuti, tavolette. Sono oggetti che a Bagdad possono fruttare al ladro tra i trenta e cinquanta dollari. Sul mercato giordano arrivano a settecento dollari e possono salire ulteriormente sul mercato occidentale. La provenienza garantisce l´autenticità in un mercato che è invaso anche dai falsi».
E´ così grande secondo lei il mercato illegale?
«Le antichità, credo, sono entrate a far parte dei beni rifugio. Il mercato si è allargato molto, la circolazione è enorme. I reperti archeologici sostituiscono l´investimento in borsa».
Eppure le antichità sono fuori dal gusto odierno...
«Ci sono molti appassionati, grandi collezionisti. In Giappone è stato fondato un museo... Ci sono sempre nuovi mercati. Si ruba da Kabul alla Mesopotamia, ma sono stati razziati i musei jugoslavi. Lo sfascio delle antichità è spaventoso. E c´è un mercato che è sempre più sotterraneo perché le grandi case d´asta sono più attente. Ma esiste un circuito parallelo che a volte emerge, magari su eBay».
Su eBay?
«Sì. Ho fatto una ricerca su Internet. Ho chiesto una tavoletta sumerica e nel gennaio del 2004 mi è apparsa sullo schermo, in offerta da eBay».
Il patrimonio archeologico iracheno comunque non sembra al centro dell´attenzione interna e internazionale.
«Non è così. Le nuove autorità irachene stanno stipulando convenzioni con le organizzazioni internazionali, ad Amman si organizzano corsi di restauro. Arrivano aiuti anche su questo fronte da tutto il mondo, a cominciare dall´Italia che ben conosce le spoliazioni causate dalla guerra. I carabinieri del nucleo per la tutela del patrimonio artistico hanno fatto molto, sono arrivate delegazioni delle università italiane, dell´istituto centrale di restauro. Abbiamo aiutato a riorganizzare il settore dei beni culturali».
Ma gli scavi archeologici mesopotamici sono protetti?
«I siti archeologici vengono saccheggiati quotidianamente. Si parla di mille oggetti al giorno e questi si mescolano a quelli spariti dal museo, non catalogati. Il paese viene razziato sistematicamente. E´ una tragedia nella tragedia che non finirà fino a quando il paese non sarà pacificato. Stanno sparendo pezzi della storia del mondo perché quando i reperti appaiono sul mercato sono privi del suo contesto: non sapremo dove è stato trovato, non potremo ricostruirne la storia, capire. Dovevamo inglobare l´Iraq nel nostro sistema ma abbiamo fatto esattamente l´opposto. Viene da rimpiangere la colonizzazione inglese a cui va riconosciuto il merito di aver favorito la nascita del museo di Bagdad. E se continua così arrivo a dire che tanto vale aderire alle istanze più reazionarie del collezionismo».
Afferma Fales: «Se accadesse in Italia quello che è avvenuto a Bagdad sarebbe stata una tragedia nazionale. La guerra invece ha fatto dimenticare l´esistenza di un museo archeologico di importanza mondiale come quello della capitale irachena, che funzionava perfettamente non dimentichiamolo. La questione forse è stata sottovalutata perché all´inizio era stata annunciata una perdita di 140.000 pezzi. Quindicimila è stima odierna delle perdite. Non è piccola. E´ vero che i grandi capolavori sono stati restituiti. Ma solo perché non erano commerciabili. E sarà difficile ritrovare qualcosa perché quello che manca non era stato catalogato, come i quattromila sigilli che erano conservati nel cassetto di una scrivania del museo».
Perché rubare quattromila sigilli?
«Quattromila sigilli si mettono in tasca e passano tranquillamente la frontiera perché se non sono di metallo non fanno scattare allarmi. Sono molte le persone coinvolte. A New York un politologo iracheno è stato trovato con del materiale marcato dal museo. Ma in gran parte non è marcato e se non lo è finisce addirittura su eBay. E´ una grossissima tragedia anche perché, tra l´altro, non riusciamo a capire o a valutare quando il museo potrà essere riaperto: Bagdad è sottoposta a tensioni tremende».
Oltre ai sigilli cosa manca?
«Pezzi minuti, tavolette. Sono oggetti che a Bagdad possono fruttare al ladro tra i trenta e cinquanta dollari. Sul mercato giordano arrivano a settecento dollari e possono salire ulteriormente sul mercato occidentale. La provenienza garantisce l´autenticità in un mercato che è invaso anche dai falsi».
E´ così grande secondo lei il mercato illegale?
«Le antichità, credo, sono entrate a far parte dei beni rifugio. Il mercato si è allargato molto, la circolazione è enorme. I reperti archeologici sostituiscono l´investimento in borsa».
Eppure le antichità sono fuori dal gusto odierno...
«Ci sono molti appassionati, grandi collezionisti. In Giappone è stato fondato un museo... Ci sono sempre nuovi mercati. Si ruba da Kabul alla Mesopotamia, ma sono stati razziati i musei jugoslavi. Lo sfascio delle antichità è spaventoso. E c´è un mercato che è sempre più sotterraneo perché le grandi case d´asta sono più attente. Ma esiste un circuito parallelo che a volte emerge, magari su eBay».
Su eBay?
«Sì. Ho fatto una ricerca su Internet. Ho chiesto una tavoletta sumerica e nel gennaio del 2004 mi è apparsa sullo schermo, in offerta da eBay».
Il patrimonio archeologico iracheno comunque non sembra al centro dell´attenzione interna e internazionale.
«Non è così. Le nuove autorità irachene stanno stipulando convenzioni con le organizzazioni internazionali, ad Amman si organizzano corsi di restauro. Arrivano aiuti anche su questo fronte da tutto il mondo, a cominciare dall´Italia che ben conosce le spoliazioni causate dalla guerra. I carabinieri del nucleo per la tutela del patrimonio artistico hanno fatto molto, sono arrivate delegazioni delle università italiane, dell´istituto centrale di restauro. Abbiamo aiutato a riorganizzare il settore dei beni culturali».
Ma gli scavi archeologici mesopotamici sono protetti?
«I siti archeologici vengono saccheggiati quotidianamente. Si parla di mille oggetti al giorno e questi si mescolano a quelli spariti dal museo, non catalogati. Il paese viene razziato sistematicamente. E´ una tragedia nella tragedia che non finirà fino a quando il paese non sarà pacificato. Stanno sparendo pezzi della storia del mondo perché quando i reperti appaiono sul mercato sono privi del suo contesto: non sapremo dove è stato trovato, non potremo ricostruirne la storia, capire. Dovevamo inglobare l´Iraq nel nostro sistema ma abbiamo fatto esattamente l´opposto. Viene da rimpiangere la colonizzazione inglese a cui va riconosciuto il merito di aver favorito la nascita del museo di Bagdad. E se continua così arrivo a dire che tanto vale aderire alle istanze più reazionarie del collezionismo».
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