Da La Repubblica del 03/01/2005

A Yala, nel parco della morte centinaia di corpi sotto le macerie

Gli animali della giungla fuggiti prima dell´arrivo dello tsunami

La zona era affollata di turisti: molti corpi non saranno mai più ritrovati

di Omero Ciai

YALA (SRI LANKA) - All´estrema punta sudorientale dell´isola di Sri Lanka c´è lo "Yala National Park", una distesa di giungla protetta lunga più di trenta chilometri e profonda oltre un centinaio. Lungo la spiaggia c´erano tre alberghi pieni di turisti, locali e stranieri, quella mattina di domenica 26 dicembre. Del "Safari Beach Hotel" e del "Patanangala" restano appena le fondamenta. Le mura in cemento della costruzione sono state divelte e polverizzate dall´urto dello tsunami. Il "Browns Beach" invece, più lontano dal mare e riparato in un lembo della baia, c´è ancora. Ferdinands, il capo dei guardiani, ha un pò di numeri. Tra gli stranieri sono stati individuati soprattutto corpi di giapponesi, una trentina in tutto, perché, grazie ai tratti del volto, sono più facili da identificare. Al "Safari Beach" c´erano circa trecento persone, l´albergo era full quel fine settimana ma i corpi recuperati sono appena 50, qualcuno perché è riuscito a salvarsi, la maggior parte perché sono stati trascinati via dall´acqua. Ranewiri, un pilota dell´aviazione militare sostiene che al largo, 4 o 5 chilometri dalla costa, con l´elicottero, ha visto nei giorni scorsi numerosi cadaveri galleggiare. Hanno anche cercato di recuperarli ma non era possibile. Ogni volta che tentavano di sollevarne uno con le funi dall´alto, si spappolava. È la tragedia nella tragedia. Centinaia di persone, stranieri compresi, rimarranno dispersi perché la violenza del mare li ha risucchiati e portati chissà dove. E le stime, anche la più recente, che eleva il numero delle vittime in Sri Lanka a 40 mila - quasi il 2 per cento dell´intera popolazione - sono comunque per difetto visto che meno della metà dei morti sono accertati.

Roshan invece è un sopravvissuto del "Safari Beach". Ci è tornato una settimana dopo perché non riesce a dimenticare. «Io, mia moglie e nostra figlia, siamo stati graziati. Avevamo appena lasciato la stanza per andare a fare colazione - racconta - e ci siamo messi a correre oltre gli alberi in fondo alla spiaggia». Roshan è un avvocato di Colombo che aveva portato sua figlia nel parco di Yala per farle vedere gli elefanti, si ricorda che nell´albergo c´erano molti stranieri, asiatici ed europei, «ma ormai non si ritroveranno mai più». Le ondate dello tsunami sono state tre, in crescendo, una più forte dell´altra. Intorno a noi lo scenario è quello di un bombardamento. Tutto ciò che è distrutto sembra anche accartocciato, le auto, come le assi dei tetti. Nel patio dell´albergo si è piegato anche l´albero del cocco e adesso alcune persone stanno prendendo i frutti, ormai a portata di braccia. Ciò che più colpisce è l´assenza del lutto. Non della disperazione che si può cogliere negli sguardi dei sopravvissuti ma del lutto verso coloro che non ci sono più.

Disse Buddha che la nostra vita non è altro che una goccia di rugiada sulla punta di una foglia, in qualsiasi momento può cadere o evaporare con i raggi del sole. Questo fatalismo estremo può forse spiegare quell´assenza di cordoglio verso coloro che se ne sono andati, il generale disinteresse verso le fosse comuni e magari anche la scarsità dei soccorsi locali. Il dramma poi rafforza altre leggende. Lungo la costa Sud da Galle a Yala ci sono 170 chilometri e 39, gigantesche, statue di Buddha, la maggior parte a meno di cento metri dal mare. Stanno ancora tutte lì. Sulla spiaggia di Matara abbiamo visto un Buddha seduto, dai colori sgargianti e rivolto a Ovest, miracolosamente intatto, affacciarsi tra le macerie di due case. Tutti i Buddha, sorridono enigmatici come la Gioconda di Leonardo: è il loro atteggiamento verso le ansie terrene, insignificanti perché passeggere.

Nella regione di Yala c´è un importante luogo di culto indù, il tempio di Skanda, Dio di Kataragama. È un Dio curioso, perché i buddisti, che lo disprezzano ma lo temono, sostengono che protegge ladri e farabutti di ogni genere. Il Dio di Kataragama ha sei facce e dodici mani e, secondo i fedeli, vola a cavallo di un pavone. A Yala però non ci sono indù, che poi sarebbero i tamil di origine indiana che vivono diversi chilometri più a nord, però ci sono moltissimi pavoni che i buddisti non cacciano per paura delle ritorsioni del Dio nemico. Adesso, secondo i più, è stato Skanda a salvare, oltre ai pavoni, anche gli altri animali del parco dal maremoto. Bufali, cervi ed elefanti - sostiene Ferdinands, il capo dei guardiani - hanno intuito in anticipo l´arrivo dello tsunami e si sono allontanati dalle zone a rischio. Lo fa, mentre, inflessibile, costringe un gruppo di giornalisti giapponesi che cercano dei loro connazionali a pagare il biglietto d´ingresso e ad affittare una guida per entrare nel parco.

Ma la storia degli animali preveggenti dev´essere vera perché lungo la strada s´incontrano spesso cani che hanno tutta l´aria di essere rimasti soli.

Risollevare l´economia del Sud dell´isola non sarà facile. E non solo per la crisi del turismo, la stagione dei tour operator in Sri Lanka inizia a novembre e finisce a marzo. Dai mercati è completamente scomparso il pesce perché pescatori erano la maggior parte delle vittime cingalesi dello tsunami e perché ora la gente si rifiuta di mangiarlo pensando a tutti i cadaveri finiti in mare. Con conseguenze facili da prevedere perché il pesce, di solito essiccato al sole e conservato sotto sale, è insieme al riso il cibo tradizionale dei più poveri.

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