Da La Repubblica del 27/12/2004

Il sismologo Enzo Boschi: "Nel Mediterraneo a rischio lo Stretto di Messina"

"È come un milione di atomiche ne risentirà l´asse della Terra"

"Un allarme tempestivo può salvare molte vite. In questo caso forse troppi Paesi coinvolti"

di Antonio Cianciullo

ROMA - «In questo momento, mentre ci parliamo al telefono, l´intera Terra vibra come una campana, e continuerà a farlo per un paio di giorni. Questo evento sismico ha liberato un´energia tale da incidere sulle dinamiche strutturali del pianeta, perfino sull´asse di rotazione». Enzo Boschi, presidente dell´Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia spiega come gli effetti del sisma che ha colpito l´oceano Indiano non abbiano solo una scala continentale.

Dunque basta un terremoto per cambiare l´asse di rotazione della Terra?
«Non un terremoto qualunque. Uno di violenza eccezionale come questo che ha liberato l´energia meccanica contenuta in uno o due milioni di bombe di Hiroshima. Ogni evento del genere esercita una influenza, sia pure minima, sull´asse di rotazione della Terra. E´ come se, mentre una palla rotola, al suo interno la massa si spostasse leggermente: il fenomeno influisce sul movimento».

Rischiamo di finire fuori rotta?
«No, per carità. Per finire fuori rotta bisognerebbe che l´evento energetico fosse esterno al sistema: l´esempio classico è quello dell´impatto con un asteroide. In questo caso l´energia si sprigiona dall´interno del sistema e quindi non può alterarne la traiettoria. Ma può influire, sia pure in modo misurabile solo con strumenti ad alta precisione, sull´asse di rotazione. Del resto il nostro attuale assetto di rotazione è stato determinato anche dai grandi terremoti che hanno segnato la storia del pianeta».

Torniamo agli effetti immediati. Circa due terzi del globo sono coperti dall´acqua e dunque la maggior parte dei terremoti avviene sotto i mari, eppure solo raramente il sisma produce l´onda anomala chiamata tsunami. Perché? Cosa scatena questo effetto che porta alla moltiplicazione dei danni?
«Tendenzialmente ogni sisma con epicentro in mare produce un maremoto. Ma perché lo tsunami avvenga occorrono vari fattori. In primo luogo, l´energia in gioco deve essere consistente, in modo da non esaurirsi prima che l´onda anomala abbia raggiunto una costa».

Quanto tempo ci vuole?
«Un´onda del genere può viaggiare più o meno a 500 chilometri l´ora. Nel caso di questo specifico terremoto l´energia in gioco è stata sufficiente a tenere in vita lo tsunami per ore facendogli percorrere migliaia di chilometri».

E gli altri fattori necessari perché si crei un maremoto?
«Essenziale è la conformazione della costa colpita. Faccio un esempio per rendere subito chiaro il concetto. Prendiamo la zona più a rischio, da questo punto di vista, del Mediterraneo: lo Stretto di Messina. Nel 1908 un sisma di 7,1 gradi della scala Richter, dunque leggermente meno forte di una delle scosse di assestamento di questo terremoto, ha fatto 100 mila morti. Un disastro epocale causato in buona parte proprio dal maremoto».

Cos´è che rende così pericoloso lo Stretto di Messina?
«Il fatto che forma un imbuto: l´onda anomala entra e comincia a percorrerlo; man mano che il canale si stringe la massa d´acqua, non trovando spazio in larghezza, diventa sempre più alta. E alla fine, se l´energia in campo è molto alta come è avvenuta nel 1908, ci si trova di fronte a un muro liquido inarrestabile che spazza via tutto quello che trova sul suo cammino».

Lo Stretto di Messina è l´unico punto a rischio maremoto nel Mediterraneo?
«No, perché un´onda anomala può essere provocata, oltre che da un terremoto, da altri fenomeni. Ad esempio il crollo di una grande massa di terra in mare».

E´ quello che accadde due anni fa a Stromboli.
«Esattamente. In quell´occasione, a causa di un´accentuazione dell´attività vulcanica, ci fu il crollo di una parete dello Stromboli che produsse un´onda anomala di dimensioni considerevoli: se fosse accaduto in estate, con le spiagge piene di turisti, sarebbe stato un disastro. Tra l´altro in quell´occasione scattò subito l´allarme perché si temeva che l´attività sismica potesse continuare producendo altri crolli. E ancora oggi lo Stromboli è monitorato con la massima attenzione».

Anche perché in questo caso il controllo è particolarmente importante: visto che ci vuole tempo prima che l´onda anomala raggiunga la costa, un allarme tempestivo può salvare molte vite.
«Non c´è dubbio. E infatti, poiché gli tsumani sono particolarmente frequenti nel Pacifico, tra la California e il Giappone c´è un filo diretto: un flusso continuo di informazioni fa sì che le due sponde dell´oceano siano sempre reciprocamente avvertite in tempo reale di ogni rischio. In Giappone inoltre esiste un sistema di emergenza particolarmente efficiente e sofisticato: arrivano ad alzare in pochissimo tempo uno sbarramento in grado di bloccare l´onda anomala fuori dai porti».

Perché un allarme del genere non è scattato per il maremoto che ha colpito l´oceano Indiano? Ci sono stati errori tecnici?
«Molti dei miei colleghi che operano nella regione interessata hanno le carte in regola dal punto di vista scientifico. Forse, visto che in questo caso i paesi in gioco non sono due ma sette, è stato più difficile trovare un accordo operativo tra gli Stati a rischio».

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