Da Corriere della Sera del 28/12/2004
Appello del presidente eletto Yushchenko: «Rimanete in piazza». I minatori: «Tagli ai sussidi? Il Paese resterà al buio»
Ucraina, Yanukovich minaccia la rivolta
Il leader filo-russo non accetta il risultato: «Infranta la Costituzione». L’Osce: «Elezioni corrette»
di Luigi Ippolito
KIEV - Viktor Yushchenko è il nuovo presidente dell'Ucraina, ma non tutti sono d'accordo. E all'indomani della chiusura delle urne, si riapre lo scontro legale: questa volta è il premier uscente e candidato battuto, Viktor Yanukovich, a dare battaglia in nome del diritto violato.
«Io non accetterò mai una sconfitta di questo tipo, perché sono stati infranti la Costituzione e i diritti umani. Non abbiamo perso», ha detto in tv un livido Yanukovich, mentre scorrevano i risultati quasi definitivi che assegnano a Yushchenko il 52 per cento dei voti, contro il 44 del rivale. Yanukovich ha annunciato un ricorso alla Corte Suprema ucraina, di cui ha chiesto una riunione in seduta pubblica per esaminare le circa 5 mila violazioni della legge conteggiate dai suoi sostenitori. E ha reclamato che la Corte annulli la consultazione di domenica.
E questo nonostante il verdetto dei 12 mila osservatori internazionali dell'Osce, secondo cui l’altro ieri è stato compiuto «un significativo passo in avanti nello svolgimento di elezioni libere e corrette». E nonostante la premura con cui le cancellerie occidentali si sono affrettate a congratularsi con Yushchenko. Il primo a porgere i complimenti è stato il presidente polacco Alexander Kwasniewski, grande mediatore nella crisi di dicembre. Seguito a ruota dal presidente della Commissione europea, Josè Barroso, che ha invitato i contendenti al rispetto dei risultati e ha sottolineato che «ieri è stato un buon giorno per l'Ucraina e per la democrazia, ed è stato anche un buon giorno per le relazioni Ue-Ucraina». Gli ha fatto eco il segretario di Stato americano Colin Powell, che ha celebrato il «momento storico» di cui il popolo ucraino deve «andare fiero».
Richiamo alla storia venuto dallo stesso Yushchenko nella notte fra domenica e lunedì: «Ce l'abbiamo fatta - ha detto ai suoi -. Ci sono voluti centinaia di anni per arrivare a questo punto, ma adesso siamo liberi. E' una vittoria per il popolo ucraino e per la nazione ucraina».
Yushchenko ha anche fatto appello alle migliaia di manifestanti radunati da settimane nel centro di Kiev, chiedendo loro di non smobilitare fino a che non sarà proclamato ufficialmente presidente.
Cosa che non sembra possa avvenire nell’immediato, perché la Corte è costretta a esaminare il ricorso di Yanukovich. E d’altra parte nei giorni scorsi il popolo protagonista della rivoluzione arancione aveva fatto sapere alla nazione di non essere pronto ad accettare altro risultato se non quello di Yushchenko presidente.
L’ormai ex capo dello Stato, Leonid Kuchma, ha suggerito che lo sconfitto dovrebbe riconoscere l’esito del voto nel giro di due giorni: «Dio mio, fa’ che questo sia il voto finale: sono sicuro che lo sarà», ha sospirato. Kuchma aveva inizialmente appoggiato Yanukovich, il suo erede designato, ma il premier uscente ha di recente attaccato il presidente, cercando di presentarsi nella nuova veste di candidato anti-establishment.
Yanukovich, come nelle altre due tornate elettorali, ha raccolto il sostegno massiccio delle regioni orientali filo-russe. Ma all’Est ieri il sentimento era di rassegnazione più che di rabbia: il referendum separatista ventilato ai primi di dicembre, già annacquato nei contenuti, è stato definitivamente annullato nei giorni scorsi. Solo i minatori del Donbass tengono alta la guardia: se Yushchenko taglierà i sussidi o addirittura chiuderà le miniere, fanno sapere, sono pronti a lasciare l’intera Ucraina al buio.
Ma la maggioranza della popolazione, dopo tre tornate elettorali in meno di due mesi, sembra soprattutto desiderare che la crisi politica abbia termine. Yanukovich, per il momento, è di diverso parere. E di diverso parere lo sono anche gli assassini del ministro dei Trasporti, Heorhiy Kyrpa, trovato morto ieri sera nella sua dacia fuori Kiev: un delitto probabilmente legato alla privatizzazione dell’azienda telefonica nazionale che era stata accorpata al ministero di Kyrpa. Ma la polizia non esclude il suicidio.
«Io non accetterò mai una sconfitta di questo tipo, perché sono stati infranti la Costituzione e i diritti umani. Non abbiamo perso», ha detto in tv un livido Yanukovich, mentre scorrevano i risultati quasi definitivi che assegnano a Yushchenko il 52 per cento dei voti, contro il 44 del rivale. Yanukovich ha annunciato un ricorso alla Corte Suprema ucraina, di cui ha chiesto una riunione in seduta pubblica per esaminare le circa 5 mila violazioni della legge conteggiate dai suoi sostenitori. E ha reclamato che la Corte annulli la consultazione di domenica.
E questo nonostante il verdetto dei 12 mila osservatori internazionali dell'Osce, secondo cui l’altro ieri è stato compiuto «un significativo passo in avanti nello svolgimento di elezioni libere e corrette». E nonostante la premura con cui le cancellerie occidentali si sono affrettate a congratularsi con Yushchenko. Il primo a porgere i complimenti è stato il presidente polacco Alexander Kwasniewski, grande mediatore nella crisi di dicembre. Seguito a ruota dal presidente della Commissione europea, Josè Barroso, che ha invitato i contendenti al rispetto dei risultati e ha sottolineato che «ieri è stato un buon giorno per l'Ucraina e per la democrazia, ed è stato anche un buon giorno per le relazioni Ue-Ucraina». Gli ha fatto eco il segretario di Stato americano Colin Powell, che ha celebrato il «momento storico» di cui il popolo ucraino deve «andare fiero».
Richiamo alla storia venuto dallo stesso Yushchenko nella notte fra domenica e lunedì: «Ce l'abbiamo fatta - ha detto ai suoi -. Ci sono voluti centinaia di anni per arrivare a questo punto, ma adesso siamo liberi. E' una vittoria per il popolo ucraino e per la nazione ucraina».
Yushchenko ha anche fatto appello alle migliaia di manifestanti radunati da settimane nel centro di Kiev, chiedendo loro di non smobilitare fino a che non sarà proclamato ufficialmente presidente.
Cosa che non sembra possa avvenire nell’immediato, perché la Corte è costretta a esaminare il ricorso di Yanukovich. E d’altra parte nei giorni scorsi il popolo protagonista della rivoluzione arancione aveva fatto sapere alla nazione di non essere pronto ad accettare altro risultato se non quello di Yushchenko presidente.
L’ormai ex capo dello Stato, Leonid Kuchma, ha suggerito che lo sconfitto dovrebbe riconoscere l’esito del voto nel giro di due giorni: «Dio mio, fa’ che questo sia il voto finale: sono sicuro che lo sarà», ha sospirato. Kuchma aveva inizialmente appoggiato Yanukovich, il suo erede designato, ma il premier uscente ha di recente attaccato il presidente, cercando di presentarsi nella nuova veste di candidato anti-establishment.
Yanukovich, come nelle altre due tornate elettorali, ha raccolto il sostegno massiccio delle regioni orientali filo-russe. Ma all’Est ieri il sentimento era di rassegnazione più che di rabbia: il referendum separatista ventilato ai primi di dicembre, già annacquato nei contenuti, è stato definitivamente annullato nei giorni scorsi. Solo i minatori del Donbass tengono alta la guardia: se Yushchenko taglierà i sussidi o addirittura chiuderà le miniere, fanno sapere, sono pronti a lasciare l’intera Ucraina al buio.
Ma la maggioranza della popolazione, dopo tre tornate elettorali in meno di due mesi, sembra soprattutto desiderare che la crisi politica abbia termine. Yanukovich, per il momento, è di diverso parere. E di diverso parere lo sono anche gli assassini del ministro dei Trasporti, Heorhiy Kyrpa, trovato morto ieri sera nella sua dacia fuori Kiev: un delitto probabilmente legato alla privatizzazione dell’azienda telefonica nazionale che era stata accorpata al ministero di Kyrpa. Ma la polizia non esclude il suicidio.
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