Da Corriere della Sera del 29/12/2004

Per fermare il deficit Bush rinvia il taglio delle tasse

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Il presidente Bush rinvierà la riforma del fisco per dare la precedenza alla riduzione del deficit di bilancio. Lo segnala la Casa Bianca, facendo capire che al momento non si possono tagliare ulteriormente le tasse, e che bisogna invece tagliare le spese. Secondo il Washington Post , che dà la notizia, resteranno invariate solo le spese della difesa. A parere della maggioranza degli economisti, la rettifica di rotta di Bush è dovuta al timore che, di fronte all'aumento del disavanzo pubblico, il dollaro cada e gli interessi salgano. Giorni fa, ricevendo Berlusconi, il presidente dichiarò che avrebbe limitato il deficit di bilancio per difendere il dollaro.

I tagli alle spese, soprattutto ai servizi sociali, nota il Washington Post , «saranno politicamente penosi». Ma la Casa Bianca non ha alternative. Il disavanzo è il 4,2% del Pil, o prodotto interno lordo, e Bush ha promesso di dimezzarlo nel secondo mandato. Il presidente deve anche ridurre il deficit dei conti correnti, il 5,6% del Pil, un obbiettivo che il deprezzamento del dollaro - col conseguente rilancio delle esportazioni - non ha raggiunto. Per sopperire a tale disavanzo, deve attrarre investimenti stranieri di quasi 2 miliardi di dollari al giorno. E se il dollaro cadesse, non vi riuscirebbe.

Stando al Washington Post , la riforma del fisco doveva consistere dell'adozione o della tassa unica o di un'imposta nazionale tipo Iva, e tradursi in nuovi sgravi fiscali per dare un'altra spinta all'economia.

Ma ne ha consigliato il rinvio anche l'insistenza di Bush che prima venga riformato il sistema pensionistico. La sua parziale privatizzazione costerebbe fino a 2 mila miliardi di dollari in un decennio e inciderebbe fortemente sul bilancio. Quest'anno perciò al presidente basterebbe abolire l'imposta di successione, che è venuto riducendo dal 2001.

Sulla difesa del dollaro l'amministrazione è divisa. Si oppone all'unanimità a un intervento delle banche centrali sui cambi, sostenendo che tocca ai mercati stabilirne il livello, nell'attesa che la Cina e il Giappone rivalutino gradualmente le loro monete per alleviare le pressioni sull'euro. Ma una parte incomincia a premere per immediate misure di risanamento della finanza pubblica.

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