Da Corriere della Sera del 10/12/2004
Il premier Raffarin annuncia la riforma
La Francia dà l’addio alla legge sulle 35 ore
di Massimo Nava
PARIGI - «Lavorare meno, lavorare tutti». Lo slogan della sinistra francese, che partorì la controversa legge sulla riduzione dell'orario di lavoro a 35 ore settimanali, è decisamente passato di moda. Da ieri, la Francia applica la «riduzione virtuale», nel senso che l'orario legale diventa flessibile e di fatto azzera gran parte dei meccanismi economici e organizzativi previsti dalla legge Aubry, dal nome del ministro che la firmò al tempo del governo della «gauche». Il primo ministro Jean-Pierre Raffarin ha annunciato i correttivi, nell'ambito di un piano di rilancio della crescita e dei consumi, con uno slogan oggi forse più efficace nella Francia che cambia e che, come spesso accade nella sua storia, sa correggere l'irresistibile fascino per le utopie rivoluzionarie: «Il lavoro, il merito e l'esperienza devono essere sempre ricompensate».
In sintesi, è stato alzato il tetto delle ore straordinarie possibili, da 180 a 220. I riposi compensativi, che avevano fatto immaginare idilliache ripercussioni sulla qualità della vita e moltiplicato i periodi di vacanza, potranno essere retribuiti (in sostanza rivenduti al datore di lavoro) anziché rimanere bloccati in un conto risparmio. Infine - ed è forse la novità più sostanziale - verrà ampliato il margine della contrattazione aziendale e di settore, oltre a prorogare al 2008 le deroghe alla legge per le imprese al di sotto dei 20 dipendenti.
Soddisfatto Ernst Antoine Seillière, il presidente del Medef, la confindustria francese: «Finalmente è possibile lavorare di più e guadagnare di più, con effetti sul potere d'acquisto e della crescita». Dura, ma obiettiva, la risposta dei sindacati: «È la fine delle 35 ore, che diventano virtuali», ha detto il segretario della Cgt, Mourad Rabhi. Tuttavia, anche gli ambienti sindacali hanno preso atto delle contraddizioni della legge, misurandosi con il disagio e le incertezze di gran parte dei lavoratori. Per molti, il maggior tempo libero non compensa il minor potere d'acquisto derivante dal blocco dei salari. La minaccia di delocalizzazioni d'imprese all'estero ha inoltre innescato accordi separati per salvare il posto di lavoro.
Quella annunciata da Raffarin appare come una svolta nella politica economica francese, imposta dalla congiuntura e dalla perdita di competitività (è stato calcolato che un francese lavora in media un terzo in meno di un americano) ma anche dal clima sociale che ha accelerato quella che era una semplice promessa elettorale della maggioranza di destra. Nei mesi scorsi, l'ex ministro dell'Economia, Nicolas Sarkozy, oggi alla guida del partito neogollista, aveva attaccato a testa bassa le 35 ore, con l'appoggio della gran parte dell'imprenditoria: «Non è più tollerabile che lo Stato spenda 14 miliardi di euro all'anno per non far lavorare i francesi», aveva detto, con un riferimento ai meccanismi compensativi della riduzione dell'orario. Raffarin ha raccolto la sfida, contraddicendo, almeno oggi, coloro che danno il governo agonizzante e ne ritengono esaurita la spinta riformatrice. Le 35 ore dovrebbero diventare virtuali anche nel vasto settore pubblico, dove è prevedibile che le resistenze saranno più marcate.
In sintesi, è stato alzato il tetto delle ore straordinarie possibili, da 180 a 220. I riposi compensativi, che avevano fatto immaginare idilliache ripercussioni sulla qualità della vita e moltiplicato i periodi di vacanza, potranno essere retribuiti (in sostanza rivenduti al datore di lavoro) anziché rimanere bloccati in un conto risparmio. Infine - ed è forse la novità più sostanziale - verrà ampliato il margine della contrattazione aziendale e di settore, oltre a prorogare al 2008 le deroghe alla legge per le imprese al di sotto dei 20 dipendenti.
Soddisfatto Ernst Antoine Seillière, il presidente del Medef, la confindustria francese: «Finalmente è possibile lavorare di più e guadagnare di più, con effetti sul potere d'acquisto e della crescita». Dura, ma obiettiva, la risposta dei sindacati: «È la fine delle 35 ore, che diventano virtuali», ha detto il segretario della Cgt, Mourad Rabhi. Tuttavia, anche gli ambienti sindacali hanno preso atto delle contraddizioni della legge, misurandosi con il disagio e le incertezze di gran parte dei lavoratori. Per molti, il maggior tempo libero non compensa il minor potere d'acquisto derivante dal blocco dei salari. La minaccia di delocalizzazioni d'imprese all'estero ha inoltre innescato accordi separati per salvare il posto di lavoro.
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