Da Corriere della Sera del 06/12/2004

La strategia

Un kamikaze al giorno e una nuova tattica per far saltare il voto

Sono oltre 180 dalla fine di agosto gli attacchi suicidi. Per l’intelligence gli insorti hanno esplosivo per anni. Anche un tipo superpotente sigillato dall’Aiea prima della guerra e poi scomparso

di Guido Olimpio

L'azione dei kamikaze in Iraq non si è mai arrestata, ma dalla fine dell'estate ha avuto una cadenza impressionante. Di fatto uno al giorno. Calcoli approssimativi fissano ad oltre 180 il numero degli attacchi suicidi con centinaia di vittime. L'offensiva statunitense su Falluja ha inferto un colpo alla guerriglia, però non ha impedito che i ribelli si vendicassero con azioni sanguinose nella capitale e nel letale triangolo della morte. I timori dell'intelligence si sono dunque avverati: solo una parte degli insorti è rimasta a sostenere lo scontro nella città simbolo mentre capi e gregari sono fuggiti prima dell'attacco. La capacità di tenere alta la media delle operazioni-martirio è legata al sistema di «arruolamento». Nella prima fase del conflitto la maggior parte dei kamikaze era probabilmente d’origine straniera. I volontari giunti dal Nordafrica, dal Golfo Persico e dall'Europa. L'Italia, la Francia, la Germania e la Gran Bretagna sono diventate punti di raccolta per piccoli gruppi di mujahiddin che hanno raggiunto l'Iraq via Siria e Iran. Non si è trattato di un movimento di massa, piuttosto dell'azione di «cellule» di 5-10 elementi. Più consistente il flusso sull'asse Libano-Siria-Iraq, con le moschee di Damasco trasformatesi in piattaforma logistica. Gli «stranieri» sono stati integrati nei gruppi armati organizzati dal regime saddamista. I Feddayn-Saddam, l'Esercito Al Qods, il partito Baath hanno creato le proprie falangi di morte. Prima del crollo del potere, i gerarchi di Bagdad avevano evocato la possibilità di ricorrere agli attacchi suicidi e anche il raìs aveva suggerito di usare sistemi «non convenzionali». Il ritrovamento, dopo la vittoria, di centinaia di cinture kamikaze - robuste, in nylon e confezionate in modo sofisticato - doveva rappresentare un indizio importante. Ma qualche esperto aveva sostenuto che la tecnica del suicidio era estranea al laicismo degli iracheni.

Nulla di più superficiale. Due madri di famiglia irachene - imitando le palestinesi - lasciano un testamento in video e poi si lanciano contro un posto di blocco americano. E' solo l'inizio di una lunga catena di sangue.

Le più recenti valutazioni del Pentagono dicono che l'importanza dei volontari stranieri è relativa. Il reclutamento continua in Medio Oriente come nelle città europee, ma non va sottovalutato il ruolo dei locali. Anche gli iracheni si fanno saltare per aria, imitando i loro «fratelli». Gli analisti sono confusi dalle rivendicazioni degli attacchi, fatte via Internet da «Al Qaeda in Mesopotamia» la nuova sigla del terrorista giordano Abu Musab Al Zarkawi. Una fazione che ben rappresenta la realtà della ribellione: nato come gruppo di importazione (giordani, curdi, siriani) ha allargato le sue fila agli iracheni. E anche chi non ne fa realmente parte, sostiene di essere legato per aumentare il proprio prestigio.

Con a disposizione molta «carne da kamikaze», gli strateghi ribelli hanno mutato tattica lanciando contro i convogli alleati attentatori in coppia. Il primo attira il fuoco della difesa, il secondo centra il corteo. Identica tecnica usata negli assalti ai commissariati di polizia, l'obiettivo privilegiato della resistenza. E per tenersi in contatto gli insorti usano le ricetrasmittenti, i cellulari ma anche sistemi più originali come bandierine colorate e razzi fumogeni.

Le previsioni dei generali di Washington non sono incoraggianti. Agli estremisti non mancano gli aspiranti al martirio e dispongono di materiale bellico in quantità. Un ufficiale ha ammesso che i ribelli hanno così tanto esplosivo che «possono andare avanti per anni». Oltre alle bombe d'artiglieria e alle granate rubate nelle caserme abbandonate, i guerriglieri sarebbero riusciti a entrare in possesso di un esplosivo potentissimo. «Sigillato» in un deposito dagli ispettori Aiea prima della guerra, è poi in parte scomparso. E le auto sono state sostituite da veicoli più grandi.

Camioncini riempiti di cariche attivate da un semplice telefonino o dai radiocomando dei giochi fabbricati in Cina.

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