Da La Repubblica del 04/12/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/j/sezioni/politica/motismesuno/apclss/ap...

Ghedini rinuncia all'attacco, Pecorella la butta in politica. Ma gli avvocati girano al largo dagli snodi del processo

Sarcasmi, dettagli e moniti ecco l'ultimo slalom della difesa

Ancora una volta viene tentata una sistematica e micidiale distruzione del teste Stefania Ariosto

di Giuseppe D'Avanzo

MILANO - Tira presto una brutta aria al processo di Milano. La parola è a Gaetano Pecorella e Niccolò Ghedini, avvocati di Silvio Berlusconi, e la convinzione che qualcosa sia fuori posto bighellona sui volti dei presenti come una mosca fastidiosa. Che cosa accade? Niccolò Ghedini parla ormai da un'ora buona ed è chiaro che ha scelto il registro del sarcasmo. Brutta cosa, se il sarcasmo fiorisce sulle labbra di Ghedini. Non perché non sia sarcastico. Lo è, accidenti, e riesce anche efficace. Ma l'uomo è soprattutto cattivo. Mi spiego.

Niccolò Ghedini, per scelta, non ha grazia né passo lieve nella mischia polemica. In aula, gli piace lo scontro aperto, sanguinoso, la battaglia senza esclusione di colpi. Quando è in vantaggio, chiude la partita. Quando l'avversario scopre la gola, lo accoppa.

Oggi invece esclama, apostrofa, depreca nel vuoto. Afferra un dettaglio insignificante o un'osservazione ininfluente e la strizza schernendola con sorrisi compiaciuti e qualche sibilo. Per dire. L'accusa ha osservato che Renato Squillante, il giudice corrotto, si attende la perquisizione e nasconde ogni cosa, ogni carta o documento, le rubriche telefoniche, addirittura le fotografie. E' un dettaglio, niente di più che un marginale bozzetto d'ambiente. Salta su Ghedini. Anch'io ho chiesto ai miei se in casa ci fossero fotografie. Mi hanno detto che non sono nella casa di Padova, sono nella casa di campagna e che, negli album, non c'è nessuna fotografia con Berlusconi.

Epperò, vien da dire, un album fotografico c'è! Non ci sarà Berlusconi, ma immagini felici di famiglia, sì. Il punto è proprio questo. A casa Squillante non c'è un'immagine, nemmeno una. Né del matrimonio dei nonni né della comunione dei nipoti. Perché farla tanto lunga su una sciocchezza del genere, per di più in modo così poco convincente? Passa un'altra ora così. Di sarcasmo in sarcasmo. Di dettaglio in dettaglio. Con conclusione fissa sulla "logica del sospetto" e quel che è fuori posto ora affiora: Ghedini gira intorno. Evita i fatti. Se ne tiene alla larga. Quando li affronta, li sfiora soltanto come se fossero troppo caldi e pericolosi. Qualche esempio.

Il denaro, si sa, si muove da un conto di Berlusconi verso un conto di Previti e da qui nelle tasche di Squillante (conto Rowena). Ghedini. Se Berlusconi avesse dovuto pagare un magistrato, avrebbe messo mano al portafoglio e lo avrebbe pagato in contatti. E' ricco, ricchissimo. In quell'anno (1991) la Fininvest guadagna 61 miliardi, e 190,5 l'anno prima. Ci sono mille miliardi in cassa. Soltanto se gli fosse dato di volta il cervello, avrebbe lasciato una traccia bancaria della corruzione. Come dire, che Berlusconi è troppo furbo per farsi prendere con le mani nella credenza.

Incredibilmente l'avvocato poi aggiunge, per evitare equivoci. I conti "Polifemo" e "Ferrido" (da qui partono i soldi per il giudice corrotto), custodivano - è vero - "anche risorse personali di Berlusconi", ma furono aperti da un cassiere della Fininvest e movimentati da un manager di gruppo. "Non fu Berlusconi a dare l'ordine per quell'accredito perché non aveva nemmeno alcuna possibilità di intervento diretto su quei conti". Nessuna possibilità di intervento di Berlusconi. Anche se erano suoi conti personali. Con un atto di fede, ci si può credere, viene da dire. La ragione, dunque, di quel movimento di denaro è per Ghedini il lavoro professionale di Cesare Previti. E' un altro degli snodi probatori. Le accuse hanno osservato che Previti non è riuscito a mostrare un solo documento - nemmeno una lettera scritta a nome della Fininvest - che confermi quella sua attività professionale.

Ghedini s'indigna, ma gira al largo. Dice. Abbiamo consegnato al tribunale tonnellate di incartamenti a dimostrazione della vertenze legali di Finivest. E' vero, ma il problema non è sapere se il gruppo Fininvest abbia avuto delle controversie legali, nel corso del tempo.

La questione è sapere finalmente che ruolo ha avuto, in quelle controversie, Previti per smentire chi lo accusa di governare soltanto la lobby delle toghe in vendita. Ghedini glissa e affronta la faccenda della Sme. Ripropone la filastrocca che investe Romano Prodi e Carlo De Benedetti e l'Iri e Craxi. Conclude che la Sme era per Berlusconi un affare invitante. Il fatto è altrove, lontano e nascosto. Perché Pietro Barilla, socio di Berlusconi nella corsa alla Sme, consegna 1.750 milioni ad Attilio Pacifico, avvocato "di mano" di Previti, senza conoscerlo, senza averlo mai visto? Brutta aria al processo di Milano. Gli argomenti della difesa appaiono evanescenti. La sorpresa in aula ora dà spazio all'imbarazzo. Se si esclude il presidente del Tribunale Francesco Castellano (sorride, appare soddisfatto, in qualche caso approva con il capo), ci si avvia alla paura-pranzo delusi.

Tocca ora a Gaetano Pecorella. Annuncia apocalissi. Esordisce. Siete voi i primi, signori giudici, ad avere la consapevolezza che la vostra sentenza potrà cambiare la storia del nostro Paese e inciderà sull'immagine dell'Italia davanti al mondo. Ci siamo. La butta in politica. Dice. Questo è un processo politico. Lo è per come è nato. Lo è per il contesto politico in cui è nato.

Lo è per le fallaci logiche dell'accusa, sintomo del pregiudizio, dell'accanimento giudiziario, dell'intento di "stroncare" Silvio Berlusconi, come disse un pm, oggi esponente di una forza politica di opposizione (è Di Pietro). Pecorella si concentra su un solo obiettivo. Stefania Ariosto. E' dalle sue parole che si muove l'inchiesta, perché si decide a dirle? L'avvocato scova una frase in un'intervista della testimone (Panorama).

Dice l'Ariosto: "Non voglio dire che Vittorio Dotti mi ha armato la mano, ma la mente sì...". E ancora: "Erano in tanti ad armarmi il braccio... alcuni amici con i quali condividevo determinate idee politiche...". Il presidente Castellano gongola. Pecorella muove allora per una lenta, sistematica, sapiente, micidiale distruzione della testimone e della sua testimonianza.

Sono evocate contraddizioni, incongruenze, ricordi sfocati. Dovrebbe essere il momento clou dell'udienza. E' il più prevedibile. La storia è nota. Da anni ogni parola di Stafania Ariosto è stata vagliata con la cartavetro. Ogni passo è stato già valutato. Ha scritto nelle motivazioni, il tribunale che ha condannato Previti, Pacifico e Squillante per la stessa corruzione di cui risponde ora Berlusconi. "Che la teste sia incorsa in confusioni, non ricordi le date, non sia in grado di collocare esattamente nel tempo l'episodio delle dazioni di denaro a Squillante è solo normale...

L'Ariosto è stata diffamata alla grande, con la predisposizione e divulgazione di documenti accertati falsi che sono comparsi in un momento particolare della indagini, accreditando un'immagine di calunniatrice a pagamento e per giunta al solo dei servizi segreti... Nulla, proprio nulla di concreto e soprattutto di oggettivo emerge a indicare illecite gestioni della fonte da parte di nessuno...". La sua testimonianza, per di più, non è decisiva. Quel che offre alle indagini la Ariosto, scrivono i giudici, è "un ritratto d'ambiente che da solo, quand'anche descritto da una teste attendibile, non è sufficiente ad attribuire responsabilità sul piano processuale".

Il processo contro Berlusconi non è nelle parole della Ariosto, ma "nelle risultanze frutto delle più tipiche investigazioni, come pedinamenti, esiti di intercettazioni, documenti bancari, dichiarazioni, ordini telefonici, appunti di funzionari di banca, attestazioni dei titolari di conti e quant'altro di documentato nei rapporti tra la banca ordinante e destinatario delle operazioni". Da questo ginepraio scivoloso, Pecorella, come Ghedini, si tiene lontano. Preferisce ammonire i giudici. La vostra sentenza sarà storica. Anche il presidente del collegio fa finalmente di pietra il suo volto. Il dibattimento è concluso. Giovedì tocca a lui, Francesco Castellano, e a Stefania Abate e Fabiana Mastrominico. Berlusconi è innocente o colpevole o colpevole con le attenuanti generiche, e quindi libero perché il reato è prescritto?

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