Da Corriere della Sera del 04/12/2004

«Quella folla è stata pagata ora vogliamo l’autonomia»

di Luigi Ippolito

DONETSK (Ucraina) - La spinta propulsiva viene da lui. «Stabilire una repubblica autonoma ci proteggerà dalla peste arancione che striscia verso la nostra città», dice Oleksandr Lukyanchenko, sindaco di Donetsk, la capitale dell’Ucraina Orientale russofona.

Allora, la Corte Suprema ha deciso. E lo ha fatto a danno del vostro uomo, Viktor Yanukovich. Come reagirete?
«Se una giunta nazionalista prende il potere, ci riserviamo il diritto di svolgere un referendum».

Ma si è parlato di autonomia, di secessione, di divisione dell’Ucraina. Quali sono le vostre reali intenzioni?
«Vogliamo far svolgere un referendum consultivo per sondare gli orientamenti dell’opinione pubblica rispetto alla struttura territoriale dell’Ucraina. Non vogliamo separarci dal resto della nazione, ma la costruzione unitaria dello Stato, così com’è prevista adesso, non è più adeguata».

Questo cosa vuol dire in termini pratici?
«Che non siamo separatisti, ma che le regioni donatrici sul piano economico devono avere la possibilità di svilupparsi e di migliorare autonomamente il livello di vita di chi ci abita».

Questo discorso suona come una mezza marcia indietro rispetto ai proclami infuocati dei giorni scorsi, quando un referendum sulla secessione dell’Ucraina Orientale sembrava imminente.
«Noi vogliamo risolvere tutte le questioni nel quadro della legge. È vero, all’inizio abbiamo avuto una reazione emotiva, ma è stata dovuta all’atteggiamento assunto dalle regioni occidentali, dove città come Lviv hanno dato vita a comitati di salvezza nazionale. Ma per salvarsi da cosa?».

Qual è dunque il vostro obiettivo?
«La nostra gente lavora di più che in tutto il resto del Paese e ha il diritto di vivere più riccamente. Non è possibile che lo Stato assorba risorse e le ridistribuisca in maniera uguale per tutti, senza tener conto delle specifiche situazioni locali. Prendiamo l’ambiente: qui ci sono industrie pesanti, maggiore inquinamento, quindi abbiamo diritto a qualcosa di più. Si tenga conto che dall’Ucraina Occidentale solo in Italia sono emigrate 500 mila persone, che non pagano tasse e non producono niente per il nostro Paese».

Qual è l’atteggiamento degli ambienti economici ucraini rispetto ai vostri programmi?
«Il piccolo e medio business è preoccupato per il commercio interregionale. Ma noi non stabiliremo nuovi confini. Il referendum si svolgerà nell’ambito della Costituzione».

Qual è il vostro rapporto con la Russia?
«La Russia è e resterà un partner strategico per il nostro territorio. Ai tempi dell’Urss quasi tutta la produzione di macchinari industriali era concentrata qui e ancora adesso le nostre industrie metallurgiche producono principalmente per Russia, Kazakhstan, Bielorussia. Ma abbiamo ottimi rapporti anche con l’Italia e l'Occidente: al vostro Paese forniamo componenti per frigoriferi, cosa che non avveniva in epoca sovietica. In generale da noi c’è un buon clima per gli investimenti: quelli stranieri si concentrano al momento soprattutto nel settore delle acciaierie».

Cosa pensa delle manifestazioni dell’opposizione in corso a Kiev da due settimane?
«Quei dimostranti sono pagati da qualcuno. Da dove vengono tutti quei gadget arancioni, le sciarpe, i cappelli, gli occhiali? È tutta una roba organizzata in anticipo. Ci hanno provato anche qui con gli studenti, gli hanno offerto di pagarli a giornata per scendere in piazza, ma non ci sono riusciti».

E le accuse di brogli elettorali?
«Yanukovich ha lavorato qui per cinque anni come governatore, e lo ha fatto con successo. E poi si è comportato bene come premier per due anni. Perché meravigliarsi se ha ottenuto un appoggio di massa?».

E come valuta la figura dell’oppositore Yushchenko?
«I suoi metodi sono sbagliati. E poi, come fa a riciclarsi come oppositore, dopo che è stato direttore della Banca Centrale e quindi primo ministro?».

E come giudica l’atteggiamento dell’Europa?
«L’Europa non è stata obiettiva. Guarda a Kiev e crede che quella sia tutta l’Ucraina. Spero che vi rendiate conto di qual è la vera situazione qui da noi».

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