Da La Repubblica del 20/11/2004

Il candidato anti-russo favorito al ballottaggio presidenziale ma si temono nuovi brogli

Ucraina, opposizione in rivolta "Mandiamo via tutti i corrotti"

Poche chance per Yanukovich, sostenuto da Kuchma, presidente uscente

di Giampaolo Visetti

KIEV - Treni e pullman sono puliti e già riscaldati nelle rimesse. La gita domenicale di domani è offerta dalle autorità. Il grosso, migliaia di persone, è destinato ai piccoli villaggi. Commissioni sicure: costate un occhio ma fedeli. Insegnanti e segretarie, medici, impiegati, anziani, tutti coloro che devono al Palazzo un posto di lavoro, o una pensione, potranno votare lontano da casa e dai 900 osservatori internazionali. Pranzo pagato. In mano stringeranno il certificato che abilita al voto a distanza. Al posto loro, nel seggio naturale, si presenteranno le controfigure.

Mostrando i documenti dei gitanti prestanome, replicheranno il voto. Un elettore, due preferenze: una a distanza e una da vicino, purché sia per Viktor Yanukovich. Tutto regolare, se vigila lo Stato. A militari, carcerati, polizia, ricoverati, non serve dire come regolarsi. Il regime di Leonid Kuchma, oleato da dieci anni di potere postsovietico, ha educato dall´infanzia. Per chi preferisce lo sfidante Viktor Yushenko, le generose autorità hanno previsto destinazioni più divertenti. Un giorno gratis in Crimea, al mare, riscalda anche a novembre. Munifici con gli oppositori: una democrazia. Un elettore fuori porta, zero preferenze contrarie.

Eppure in Ucraina nessuno dubita per chi batta il cuore. Si votasse e si contasse normalmente, il leader dell´opposizione democratica sfiorerebbe il 70%. Invece l´esito del ballottaggio saltella su una lama. I sondaggi, riservati, sono chiari.

L´operazione voto a distanza può fruttare al delfino di Kuchma tra l´8 e il 12%. Non basta, ma di poco. Yushenko, dopo aver vinto il primo turno con il 39,87% ufficiale, incasserà anche il 6% dei socialisti di Moroz e una parte dei comunisti di Simonenko. Basta, ma appena. Dopo il grande imbroglio del 31 ottobre e i dieci giorni di black-out, 80 mila osservatori mobilitati dall´opposizione presidieranno i 33 mila seggi. I brogli, più che in tribunale, rischiano così di finire in piazza. Queste storiche presidenziali, il cambio di un´epoca nel Paese ma pure nei rapporti tra Est e Ovest, tra Europa allargata e Russia ristretta, non devono chiarire con chi l´Ucraina vuole girare pagina. La voglia di cambiamento, la speranza nelle riforme e nella lotta alla corruzione promesse da Yushenko, erano evidenti già tre settimane fa. Il problema, domani notte, sarà piuttosto di riuscire ad accertare documentalmente per chi ha votato la gente.

Il tramonto di un regime, eredità dell´Urss, è faticoso e presenta dei rischi. Con il premier Yanukovich, garante di Kuchma, della continuità della riciclata nomenclatura comunista, della fedeltà a Mosca, degli interessi degli oligarchi dell´acciaio della regione di Donetsk, dei russofoni, della chiesa ortodossa russa, ci sono il potere, la macchina amministrativa e i grandi capitali dell´Est. Con lo sfidante Yushenko, economista mitizzato dalla povera gente, paladino nazionalista delle riforme e della giustizia, garante della piccola e media impresa, degli ucraini anti-russi, delle regioni occidentali e della capitale, della chiesa ortodossa ucraina e di quella cattolica, ci sono il popolo e l´interesse al cambiamento di Unione europea e Stati Uniti.

Nessuno può permettersi di perdere: la forza di chi vota contro quella di chi conta le schede e ha due settimane per comunicare i risultati.

Nessuno è disposto a riconoscere l´altrui affermazione e così tutto può accadere. A decidere, grida la pescivendola di Odessa come ragiona il politologo di Leopoli, sarà infine ancora Kuchma.

Il suo problema, abbandonare incolume il Palazzo senza finire in esilio, o in tribunale, è diventato quello del presidente russo e dei media rigidamente controllati. Vladimir Putin si è speso come mai prima: tre viaggi in Ucraina, un filo diretto in tivù, due giorni chiuso nella dacia in Crimea con Kuchma e Yanukovich, aerei di deputati scaricati a Kiev a controllare i parlamentari americani. Se il candidato di Mosca fallisce, il Cremlino perde la faccia e i miliardi di dollari investiti. Tivù e giornali di regime rischiano l´indifferenza. Il padre-padrone dell´indipendenza bloccata nel 1994, ormai solo, non corre invece pericoli. Se trova complicità e spietatezza per imporre Yanukovich, bene. Altrimenti, da lunedì, tratterà con Yushenko.

Impunità, beni tutelati e silenzio, a partire dall´omicidio del giornalista Georghij Gongadze, in cambio della proclamazione che il suo tempo è finito. Solo lui, il vecchio presidente, ha questo diritto. L´alternativa, con 40 mila soldati e agenti già mobilitati solo nella capitale, con la commissione elettorale blindata con due cancellate che proteggono i cannoni ad acqua, è la guerra civile. Esercito e minatori del sud-est, pagati con i licenziamenti sospesi e il prezzo del lardo tornato a 16 grivne, contro studenti e disoccupati del nord-ovest arruolati dalle sete di libertà e dalle pur spente vetrine polacche. Kuchma non teme Yanukovich, una sua invenzione: ma di Yushenko, da quando lo subì come primo ministro, si fida di più.

Pance e teste qui non prevedono un epilogo georgiano, una resa dei conti serba. Non ci sono la fame e la disperazione che alimentano le rivoluzioni. Però manca poco.

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