Da La Repubblica del 15/11/2004
I capi delle moschee italiane dopo la decisione di Zapatero di istituire lezioni sulla religione di Maometto nelle città a più forte presenza musulmana
L´Islam chiede l´ora del Corano
"La Spagna già si appresta a farlo". I dubbi dei vescovi
di Marco Politi
ROMA - L´Islam in classe. Lo chiedono a gran voce gli imam italiani dopo che in Spagna la direttrice degli Affari religosi, Mercedes Rico-Godoy, ha annunciato a nome del governo che a partire da gennaio si terranno lezioni di religione islamica nelle città a forte presenza musulmana: Madrid, Barcellona e altre località in Andalusia, regione di Valenza e Murcia.
Entusiasta la reazione di molti esponenti islamici d´Italia. «Mi auguro che l´Italia segua l´esempio del presidente Zapatero», commenta l´imam di Napoli Abdullah Amar. «Una splendida notizia», afferma Hamza Piccardo segretario dell´Unione comunità islamiche italiane. «Un´iniziativa importante, che aiuta a prevenire il fondamentalismo e il fanatismo e che favorisce la laicità dello stato, l´uguaglianza di tutti i cittadini e la difesa delle minoranze», perora l´imam di Colle Val d´Elsa Feras Jabareen, firmatario del "manifesto" per un Islam italiano. Gli fa eco il presidente dell´istituto culturale islamico di Milano, Abdel Hamid Shaari: «Insegnamento dell´Islam nelle scuole, purchè affidato a docenti imparziali».
In Europa la scelta del governo spagnolo non è peraltro un fatto isolato. In Germania, dove l´istruzione scolastica spetta alle regioni (i Laender), il tribunale amministrativo di Berlino ha dato via libera all´insegnamento della religione musulmana nelle scuole statali berlinesi già quattro anni fa: una misura che interessa ben trentamila studenti.
Parlando con alcuni degli esponenti islamici italiani sembra di capire, però, che per loro portare l´Islam nelle scuole pubbliche non significa chiedere un insegnamento confessionale musulmano - tipo catechismo coranico - ma istituire piuttosto dei corsi sui principi generali della religione di Maometto. «L´esempio spagnolo è certamente positivo e utile - ci dice Khalid Chaouki presidente dei Giovani Musulmani d´Italia - ma in ogni caso noi chiediamo che nelle scuole vi sia un´educazione interreligiosa. Vorremmo un insegnamento caratterizzato da un approccio storico dell´Islam, valorizzando l´incontro con le altre fedi e dunque rivolto a tutti gli alunni, non solo a quelli musulmani».
Elzir Izzedin, imam di Firenze reduce dalla solenne cerimonia di dialogo cristiano-islamico svoltasi venerdì a Palazzo Vecchio con la partecipazione del cardinale Antonelli, chiarisce a Repubblica: «Qui non si tratta di islamizzare l´Europa, non è questo il nostro compito. Penso, invece, che sia giusto insegnare nelle scuole la cultura e la religione dell´altro per favorire la conoscenza comune, la convivenza ed eliminare i pregiudizi storici esistenti dall´una e dall´altra parte».
Dunque non immaginate lezioni di Corano nelle scuole italiane?
«Io immagino piuttosto un´informazione culturale diretta a tutti gli studenti, per far loro comprendere i concetti principali dell´Islam. L´insegnamento coranico in senso stretto ritengo sia bene impartirlo in un luogo esterno alla scuola, come sarebbe giusto fare anche con quello cattolico visto che siamo uno stato laico. In ogni caso è importante che le lezioni sugli elementi fondamentali dell´Islam siano tenute da un musulmano praticante».
La prospettiva di un insegnamento della religione musulmana nelle scuole pubbliche susciterà certo un forte dibattito. Paolo Naso, valdese, direttore della rivista Confronti, mette le mani avanti: «Se si trattasse di un insegnamento confessionale, direi di no. Perché sarebbe un passo indietro rispetto allo sviluppo della riflessone pedagogica. Serve, invece, una materia di istruzione interreligiosa, impostata in maniera laica e aconfessionale, per far capire ai ragazzi tutte le religioni. Oggi non sanno nemmeno la differenza tra un sunnita e uno sciita».
L´ipotesi di una materia chiamata "Storia delle religioni" non piace per niente alla Conferenza episcopale italiana. Monsignor Betori, segretario della Cei, ci ha confidato che «sarebbe preferibile un insegnamento che riguardasse dimensioni etiche piuttosto che religiose. Il modo in cui viene insegnata la religione cattolica è talmente rispettoso delle altre religioni da non richiedere questo».
E se altre religioni insistono per avere un loro insegnamento?
«Sarebbe da ribattere che l´insegnamento della religione cattolica è legato al particolare vincolo che questa ha con la vita del popolo italiano... Se però venissero ammessi altri insegnamenti, dovrebbero assumere anch´essi carattere culturale e di attenzione alle problematiche interreligiose».
Resta il fatto che il nuovo concordato di Craxi del 1984 ha abolito la religione di stato. Chi vuole, ha il diritto di entrare nelle scuole insegnando la sua fede.
Entusiasta la reazione di molti esponenti islamici d´Italia. «Mi auguro che l´Italia segua l´esempio del presidente Zapatero», commenta l´imam di Napoli Abdullah Amar. «Una splendida notizia», afferma Hamza Piccardo segretario dell´Unione comunità islamiche italiane. «Un´iniziativa importante, che aiuta a prevenire il fondamentalismo e il fanatismo e che favorisce la laicità dello stato, l´uguaglianza di tutti i cittadini e la difesa delle minoranze», perora l´imam di Colle Val d´Elsa Feras Jabareen, firmatario del "manifesto" per un Islam italiano. Gli fa eco il presidente dell´istituto culturale islamico di Milano, Abdel Hamid Shaari: «Insegnamento dell´Islam nelle scuole, purchè affidato a docenti imparziali».
In Europa la scelta del governo spagnolo non è peraltro un fatto isolato. In Germania, dove l´istruzione scolastica spetta alle regioni (i Laender), il tribunale amministrativo di Berlino ha dato via libera all´insegnamento della religione musulmana nelle scuole statali berlinesi già quattro anni fa: una misura che interessa ben trentamila studenti.
Parlando con alcuni degli esponenti islamici italiani sembra di capire, però, che per loro portare l´Islam nelle scuole pubbliche non significa chiedere un insegnamento confessionale musulmano - tipo catechismo coranico - ma istituire piuttosto dei corsi sui principi generali della religione di Maometto. «L´esempio spagnolo è certamente positivo e utile - ci dice Khalid Chaouki presidente dei Giovani Musulmani d´Italia - ma in ogni caso noi chiediamo che nelle scuole vi sia un´educazione interreligiosa. Vorremmo un insegnamento caratterizzato da un approccio storico dell´Islam, valorizzando l´incontro con le altre fedi e dunque rivolto a tutti gli alunni, non solo a quelli musulmani».
Elzir Izzedin, imam di Firenze reduce dalla solenne cerimonia di dialogo cristiano-islamico svoltasi venerdì a Palazzo Vecchio con la partecipazione del cardinale Antonelli, chiarisce a Repubblica: «Qui non si tratta di islamizzare l´Europa, non è questo il nostro compito. Penso, invece, che sia giusto insegnare nelle scuole la cultura e la religione dell´altro per favorire la conoscenza comune, la convivenza ed eliminare i pregiudizi storici esistenti dall´una e dall´altra parte».
Dunque non immaginate lezioni di Corano nelle scuole italiane?
«Io immagino piuttosto un´informazione culturale diretta a tutti gli studenti, per far loro comprendere i concetti principali dell´Islam. L´insegnamento coranico in senso stretto ritengo sia bene impartirlo in un luogo esterno alla scuola, come sarebbe giusto fare anche con quello cattolico visto che siamo uno stato laico. In ogni caso è importante che le lezioni sugli elementi fondamentali dell´Islam siano tenute da un musulmano praticante».
La prospettiva di un insegnamento della religione musulmana nelle scuole pubbliche susciterà certo un forte dibattito. Paolo Naso, valdese, direttore della rivista Confronti, mette le mani avanti: «Se si trattasse di un insegnamento confessionale, direi di no. Perché sarebbe un passo indietro rispetto allo sviluppo della riflessone pedagogica. Serve, invece, una materia di istruzione interreligiosa, impostata in maniera laica e aconfessionale, per far capire ai ragazzi tutte le religioni. Oggi non sanno nemmeno la differenza tra un sunnita e uno sciita».
L´ipotesi di una materia chiamata "Storia delle religioni" non piace per niente alla Conferenza episcopale italiana. Monsignor Betori, segretario della Cei, ci ha confidato che «sarebbe preferibile un insegnamento che riguardasse dimensioni etiche piuttosto che religiose. Il modo in cui viene insegnata la religione cattolica è talmente rispettoso delle altre religioni da non richiedere questo».
E se altre religioni insistono per avere un loro insegnamento?
«Sarebbe da ribattere che l´insegnamento della religione cattolica è legato al particolare vincolo che questa ha con la vita del popolo italiano... Se però venissero ammessi altri insegnamenti, dovrebbero assumere anch´essi carattere culturale e di attenzione alle problematiche interreligiose».
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