Da La Stampa del 05/11/2004

In provincia di Como l’emittente che in questi giorni ha raccolto il tifo pro repubblicani

I cattolici su Radio Maria

«E ora George W. si batta contro il divorzio»

di Fabio Poletti

Quattro milioni di elettori cattolici americani hanno fatto la differenza. Gli ascoltatori di Radio Maria, rosari snocciolati integralmente, omelie in diretta, messaggi della Madonna di Medjugorie in differita, sono i più soddisfatti e i meno sorpresi. «Bush ha vinto perché protegge la famiglia. Ha vinto per la sua difesa dei valori cristiani. Non deve stupire che in tanti abbiano risposto al suo appello. Il Movimento per la vita contro l’aborto sa essere molto battagliero», fa il soddisfatto Marco Invernizzi, responsabile lombardo di Alleanza Cattolica, voce militante di Radio Maria, due ore di diretta con gli ascoltatori che via etere planano qui, in questo cortile alla periferia di Erba, una palazzina bassa e grigia, due vetrine, veneziane abbassate, alle pareti solo immagini di Maria di Nazareth, sul tavolo solo opuscoli religiosi e libri di Chiesa.

Telefona Maria Teresa d’Apuzzo di Pontremoli e con voce ispirata giura di citare Tocqueville: «In America la religione conduce alla civiltà e alla libertà. Non poteva vincere che Bush». Chiama Rita da Parma e chiede solo: «Una domanda semplice: ma dopo l’aborto e il matrimonio omosessuale, Bush saprà cambiare anche la legge sul divorzio? E’ un’altra oscenità...». Antonio da Modena se la prende con Kerry e con la sua «fede annacquata», come la definisce: «Non ha convinto.

E’ come Kennedy...». Angela da Bolzano vorrebbe molto di più dal presidente degli Stati Uniti: «Perché ha fermato i finanziamenti alle sperimentazioni genetiche solo alle strutture pubbliche?». Ruggero di Torino, 66 anni, «nonno in grazia di Dio», sembra temere più i Village People di Osama: «Bush non deve combattere solo il terrorismo. Deve lottare contro Satana. Deve fermare i matrimoni omosessuali che non sono solo contro la religione ma pure contro la natura dell’uomo».

Che George W. Bush sia il comandante dell’esercito più imponente della Storia, dispiegato in Iraq in una guerra che sta andando come sta andando, sembra interessare a pochi. Che contro questa guerra - e tutte le guerre - si sia scagliato pure Giovanni Paolo II, colpisce solo una signora che chiama dalla Liguria: «Bush è meglio di Kerry, ma non mi convince del tutto. Sulla guerra, sulle stragi, sui civili che continuano a morire, non ha ascoltato il Papa». Una telefonata sola in due ore. Sembra lo specchio dell’elettorato americano, più interessato alle questioni etiche che ai marines per le strade di Baghdad. Marco Invernizzi ne è convinto: «La guerra non è stato un punto cruciale. Basta vedere come hanno votato. In Mississippi gli undici referendum etici sono stati bocciati dall’86% degli elettori, in Ohio dal 62%, in Oregon dal 57%... Molto più dei voti raccolti da Bush. Segno che anche tra i democratici certi valori hanno fatto la differenza».

Nessuno in diretta osa fare parallelismi tra la politica americana e quella italiana, tra i cattolici che portano in trionfo George W. Bush negli Stati Uniti e gli europei che affondano Rocco Buttiglione, tra le elezioni a stelle e strisce di tre giorni fa e quelle che ci saranno tra due anni per la conquista di Palazzo Chigi. Solo Marco Invernizzi, il conduttore, sta al gioco fuori onda: «Chi potrebbe essere il Bush italiano? Non c’è uno come lui, un vero uomo di fede, uno che va in Chiesa ogni giorno... Forse ci vorrebbe un mix tra Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Umberto Bossi... Anzi no. C’è e si chiama Giuliano Ferrara. E’ l’unico che ha capito certe cose e si sta battendo per la difesa di valori autenticamente cristiani». Sarà un caso ma Il Foglio, dopo il quotidiano della Cei Avvenire, è il giornale più citato nella rassegna stampa.

Mica noccioline in questa radio che ha centinaia di ripetitori in mezza Italia, 30 mila tentativi di contatti telefonici al giorno secondo i calcoli di Telecom, antenne gemelle in Burkina Faso, Russia, Texas, Nicaragua, Libano e Filippine tanto per citarne alcune. Una radio dove si sintonizzano donne anziane e molto pie che seguono la diretta del rosario ma pure potenziali elettori di Bush di casa nostra. Una radio dove Roberta, ieri pomeriggio, chiedeva ai più piccoli cosa avrebbero voluto fare da grande. E per una che sogna di fare l’attrice - potenza della tv che ancora una volta uccide le radio star - c’è un Matteo che vorrebbe fare il cantante e sogna i Nirvana del blasfemo e suicida Kurt Cobain. Con buona pace del sacerdote di Gallarate, che in diretta immagina anche per l’Italia una crociata come quelle che amerebbe fare Bush, e le sue parole diventano una giaculatoria via etere: «I matrimoni tra gay sono un cancro. Come l’aborto e il divorzio».

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