Da La Repubblica del 06/11/2004
Da Fini in giù la Fiamma occuperebbe le posizioni strategiche della politica estera
Se sbarca il vicepremier en-plein di An alla Farnesina
La diffidenza verso il segretario generale Vattani, già consigliere di De Mita e Andreotti
di Barbara Jerkov
ROMA - E´ come un puzzle. Tanti pezzetti qua e là che visti così sembravano senza troppo senso, e che se invece vai a incastrarli, uno per uno, esce fuori un disegno compiuto, altroché. Perché con l´arrivo di Fini alla Farnesina, quasi senza parere, An avrà completato il controllo di tutti i gangli della politica estera italiana.
Basta confrontare caselle e nomi. Presidente della commissione Esteri di Montecitorio: Selva. Ministro per gli Italiani all´estero: Tremaglia. Viceministro del Commercio estero: Urso. Sottosegretario agli Esteri: Mantica. Se Fini ce la fa, en plein. In via della Scrofa hanno già messo in fresco lo champagne, ma negano un disegno strategico. «E´ vero solo che fra di noi c´è una predisposizione alla politica forse più forte che non in altri partiti», prova a minimizzare Urso, «e cosa c´è di più politico della politica estera? Poi, certo, già nel vecchio Msi c´era la consapevolezza che la nostra principale lacuna di legittimità veniva dall´estero, e umilmente allora ci siamo messi d´impegno per recuperare dimestichezza con la storia e con la geografia».
Tanto impegno ci hanno messo, che oggi alla Farnesina c´è la fila di diplomatici e dirigenti che bussano all´ufficio di Mantica per giurare meriti antemarcia e simpatie finiane, confida ridendo sotto i baffi il sottosegretario di An. Sottosegretario con una delega pesante che comprende Medioriente, Africa Subsahariana e riforma della Cooperazione. In realtà gli Esteri sono storicamente feudo diviso in due: ex dc da una parte, ex socialisti dall´altra. Fino all´altro giorno si contavano in servizio quattro-feluche-quattro con dichiarate simpatie di destra. Il direttore generale della Cooperazione, Deodato; il segretario generale dell´Istituto italo-latinoamericano, Faiola; l´ambasciatore ad Amman Giorgolo e quello a Strasburgo Lonardo. Quattro, appunto.
In quota An figura pure il potentissimo segretario generale, Vattani. In realtà in questi mesi l´etichetta finiana è servita all´ex consigliere diplomatico di De Mita e Andreotti soprattutto da salvacondotto, rispetto a una gestione Frattini che vedeva favoriti i post craxiani. Per questo oggi i fedelissimi del vicepremier, preparandosi a traslocare armi e bagagli al Foro Italico, lanciano messaggi assai poco amichevoli: «Vattani non si illuda di manovrare Fini, Gianfranco sugli Esteri ha le idee molto chiare».
Idee chiare e buoni rapporti, va detto. Mentre nel governo appariva poco e alzava la voce ancora meno, il vicepremier ha tessuto relazioni a 360 gradi, sfruttando al massimo l´occasione della Convenzione Ue. Come il serrato corteggiamento dell´ambasciatore Cangelosi, capofila della Cgil Esteri, promosso alla fine del semestre italiano alla nostra sede diplomatica a Bruxelles proprio grazie ai buoni uffici di Fini. O il feeling instaurato con l´attuale ambasciatore in Egitto, Badini, già consigliere diplomatico di Craxi e socialista mai pentito. Il consigliere diplomatico del ministro Matteoli, Calia, è stato ambasciatore a Nairobi. Il neo-ambasciatore in Brasile, Valensise, fino all´altro giorno portavoce di Frattini, è figlio dell´ex parlamentare missino Raffaele.
Niente è stato trascurato. Urso tiene i contatti con le nostre ambasciate sotto il profilo commerciale. Tremaglia copre il vasto mondo delle comunità italiane all´estero, incarico assai apprezzato visto il recente diritto di voto riconosciuto loro. A Selva il compito di coltivare gli ambasciatori stranieri a Roma. Giusto l´altro giorno era all´ambasciata cinese in vista di un viaggio a Pechino. «Mi raccomando», lo ha congedato alla fine l´ambasciatore Cheng, «faccia al presidente Fini i miei migliori auguri». E Selva ne è sicuro: «Non stava parlando di salute».
Basta confrontare caselle e nomi. Presidente della commissione Esteri di Montecitorio: Selva. Ministro per gli Italiani all´estero: Tremaglia. Viceministro del Commercio estero: Urso. Sottosegretario agli Esteri: Mantica. Se Fini ce la fa, en plein. In via della Scrofa hanno già messo in fresco lo champagne, ma negano un disegno strategico. «E´ vero solo che fra di noi c´è una predisposizione alla politica forse più forte che non in altri partiti», prova a minimizzare Urso, «e cosa c´è di più politico della politica estera? Poi, certo, già nel vecchio Msi c´era la consapevolezza che la nostra principale lacuna di legittimità veniva dall´estero, e umilmente allora ci siamo messi d´impegno per recuperare dimestichezza con la storia e con la geografia».
Tanto impegno ci hanno messo, che oggi alla Farnesina c´è la fila di diplomatici e dirigenti che bussano all´ufficio di Mantica per giurare meriti antemarcia e simpatie finiane, confida ridendo sotto i baffi il sottosegretario di An. Sottosegretario con una delega pesante che comprende Medioriente, Africa Subsahariana e riforma della Cooperazione. In realtà gli Esteri sono storicamente feudo diviso in due: ex dc da una parte, ex socialisti dall´altra. Fino all´altro giorno si contavano in servizio quattro-feluche-quattro con dichiarate simpatie di destra. Il direttore generale della Cooperazione, Deodato; il segretario generale dell´Istituto italo-latinoamericano, Faiola; l´ambasciatore ad Amman Giorgolo e quello a Strasburgo Lonardo. Quattro, appunto.
In quota An figura pure il potentissimo segretario generale, Vattani. In realtà in questi mesi l´etichetta finiana è servita all´ex consigliere diplomatico di De Mita e Andreotti soprattutto da salvacondotto, rispetto a una gestione Frattini che vedeva favoriti i post craxiani. Per questo oggi i fedelissimi del vicepremier, preparandosi a traslocare armi e bagagli al Foro Italico, lanciano messaggi assai poco amichevoli: «Vattani non si illuda di manovrare Fini, Gianfranco sugli Esteri ha le idee molto chiare».
Idee chiare e buoni rapporti, va detto. Mentre nel governo appariva poco e alzava la voce ancora meno, il vicepremier ha tessuto relazioni a 360 gradi, sfruttando al massimo l´occasione della Convenzione Ue. Come il serrato corteggiamento dell´ambasciatore Cangelosi, capofila della Cgil Esteri, promosso alla fine del semestre italiano alla nostra sede diplomatica a Bruxelles proprio grazie ai buoni uffici di Fini. O il feeling instaurato con l´attuale ambasciatore in Egitto, Badini, già consigliere diplomatico di Craxi e socialista mai pentito. Il consigliere diplomatico del ministro Matteoli, Calia, è stato ambasciatore a Nairobi. Il neo-ambasciatore in Brasile, Valensise, fino all´altro giorno portavoce di Frattini, è figlio dell´ex parlamentare missino Raffaele.
Niente è stato trascurato. Urso tiene i contatti con le nostre ambasciate sotto il profilo commerciale. Tremaglia copre il vasto mondo delle comunità italiane all´estero, incarico assai apprezzato visto il recente diritto di voto riconosciuto loro. A Selva il compito di coltivare gli ambasciatori stranieri a Roma. Giusto l´altro giorno era all´ambasciata cinese in vista di un viaggio a Pechino. «Mi raccomando», lo ha congedato alla fine l´ambasciatore Cheng, «faccia al presidente Fini i miei migliori auguri». E Selva ne è sicuro: «Non stava parlando di salute».