Da La Repubblica del 06/11/2004
Nel corso delle contrattazioni toccata quota 1,2952. Deficit commerciale e fabbisogno federale mettono alle corde la divisa Usa
Euro mai così forte, la Ue in allarme
Record storico sul dollaro, Chirac: "La Bce deve intervenire"
Vendite generalizzate, la speculazione punta sul ribasso della moneta americana
Berlusconi, timori per la crescita. Schroeder frena: l´export tedesco non avrà problemi
di Gianfranco Modolo
MILANO - Non si ferma la caduta del dollaro che ieri ha perso nuovamente valore contro l´euro scendendo sino al nuovo massimo storico di 1,2952 (contro 1,2865, il valore medio della vigilia) all´avvio degli scambi negli States, salvo poi riprendersi in serata a 1,2927, e contro l´oro arrivato a 434 dollari. Gli addetti ai lavori affermano che il nuovo calo è stato provocato da vendite di dollari da parte della speculazione più accanita, quella concentrata negli hedge fund che puntano apertamente al ribasso della moneta americana, nonché da operatori mediorientali, in genere sauditi e iraniani, che spostano capitali in Europa per evitare possibili ritorsioni di carattere geopolitico, e da alcune banche centrali che preoccupate per la perdita di valore delle loro riserve in dollari diversificano il rischio. Le vendite hanno smorzato il breve tentativo di ripresa del "greenback" verificatosi in coincidenza con la pubblicazione degli ultimi dati sull´occupazione negli States, che in ottobre ha creato 337.000 nuovi posti di lavoro nei settori non agricoli, ben al di là delle previsioni. Ma ormai non bastano più i dati macro a fermare la fuga dal dollaro, che ha ripreso vigore con la riconferma di George W. Bush alla Casa Bianca, eletto anche grazie alle sue promesse di non ridurre i budget per la difesa, per la sicurezza interna e per i programmi sociali. Niente tagli alle spese dunque, destinate per altro a lievitare per gli impegni bellici in Medio Oriente. Diventano dunque credibili le previsioni di economisti e grandi banche secondo le quali un rapporto di 1,32-1,35 dollari per euro sia ormai a portata di mano entro la fine dell´anno.
Ovviamente, il movimento preoccupa i responsabili politici europei, che temono ripercussioni nei rapporti commerciali tra i due blocchi. Il primo a prendere posizione è stato il presidente francese Jacques Chirac che ai margini del vertice UE a Bruxelles ha dichiarato: «Sono inquieto per gli effetto del dollaro debole sull´economia, in particolare sulle esportazioni - ha detto - dovremmo esaminare la situazione con la Banca Centrale Europea e determinare una certa reazione». Un accenno che lascia intendere possibili interventi della Bce sui cambi qualora la tendenza continuasse. Ma l´esperienza insegna che gli interventi a sostegno di una divisa hanno effetto limitati e non modificano gli squilibri di fondo che nel caso del dollaro sono i deficit gemelli: il buco di 413 miliardi (pari al 3,7% del pil americano calcolato in 11.600 miliardi) del bilancio federale chiuso il 30 settembre scorso, e quello di 600 miliardi tendenziali (5,5 % del pil) nei conti commerciali. In poche parole gli Stati Uniti consumano più di quanto producono, il sistema finanziario è fragile perché dipende dall´afflusso di capitali esteri e non dalla creazione di risparmio interno e il dollaro ne soffre.
Non tutti gli altri leader europei si sono allineati a Chirac. Il cancelliere Schroeder non si dice preoccupato, il calo non è poi così drammatico, la macchina tedesca delle esportazioni sarà in grado di far fronte anche a questa evenienza, mentre il premier italiano Silvio Berlusconi afferma che si avrà meno crescita se la Bce non cambierà politica : un chiaro invito a far scendere il costo del danaro fermo da oltre un anno al 2 per cento, a portata di mano anche grazie al nuovo ribasso dei prezzi del greggio. Del dollaro debole traggono vantaggio le Borse, ieri tutte positive sia a Wall Street che in Europa.
Ovviamente, il movimento preoccupa i responsabili politici europei, che temono ripercussioni nei rapporti commerciali tra i due blocchi. Il primo a prendere posizione è stato il presidente francese Jacques Chirac che ai margini del vertice UE a Bruxelles ha dichiarato: «Sono inquieto per gli effetto del dollaro debole sull´economia, in particolare sulle esportazioni - ha detto - dovremmo esaminare la situazione con la Banca Centrale Europea e determinare una certa reazione». Un accenno che lascia intendere possibili interventi della Bce sui cambi qualora la tendenza continuasse. Ma l´esperienza insegna che gli interventi a sostegno di una divisa hanno effetto limitati e non modificano gli squilibri di fondo che nel caso del dollaro sono i deficit gemelli: il buco di 413 miliardi (pari al 3,7% del pil americano calcolato in 11.600 miliardi) del bilancio federale chiuso il 30 settembre scorso, e quello di 600 miliardi tendenziali (5,5 % del pil) nei conti commerciali. In poche parole gli Stati Uniti consumano più di quanto producono, il sistema finanziario è fragile perché dipende dall´afflusso di capitali esteri e non dalla creazione di risparmio interno e il dollaro ne soffre.
Non tutti gli altri leader europei si sono allineati a Chirac. Il cancelliere Schroeder non si dice preoccupato, il calo non è poi così drammatico, la macchina tedesca delle esportazioni sarà in grado di far fronte anche a questa evenienza, mentre il premier italiano Silvio Berlusconi afferma che si avrà meno crescita se la Bce non cambierà politica : un chiaro invito a far scendere il costo del danaro fermo da oltre un anno al 2 per cento, a portata di mano anche grazie al nuovo ribasso dei prezzi del greggio. Del dollaro debole traggono vantaggio le Borse, ieri tutte positive sia a Wall Street che in Europa.
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