Da La Repubblica del 06/11/2004

Si rafforza l´asse Abu Mazen-Abu Ala, ma da Tunisi si fa luce Kaddumi, uno dei fondatori dell´Olp

Dopo Arafat, è braccio di ferro un triumvirato per il potere

di Alberto Stabile

RAMALLAH - "Tunisini" contro "interni", "vecchia guardia" contro "giovani turchi". La lotta per la successione a Yasser Arafat passa lungo due linee parallele, una generazionale, l´altra politica. E´ lo stesso scontro che s´è andato producendo in questi anni dentro e fuori le istituzioni palestinesi. Solo che adesso non c´è più un raìs in grado di attutirlo con il suo carisma o di orientarlo a proprio vantaggio con la sua consumata scaltrezza. Di tutto questo, finora, non trapela nulla. Ma nessuno dubita che, quando i riflettori si saranno spenti, verrà il momento della resa dei conti. La successione ha visto finora rafforzarsi l´asse rappresentato da Mahmud Abbas e da Ahmed Qorei, più noti come Abu Mazen e Abu Ala, i rispettivi nomi di battaglia.

Fin qui la ridistribuzione dei poteri non ha presentato intoppi. Abu Mazen era il segretario generale del Comitato esecutivo dell´Olp. Logico, quindi, che subentrasse ad Arafat che dell´Olp era il presidente. Abu Ala era il primo ministro perennemente tentennante tra i suoi doveri di lealtà verso Arafat e l´intransigenza del raìs a concedergli quei poteri sui servizi di sicurezza e sull´utilizzo delle risorse finanziarie senza i quali è rimasto per mesi un primo ministro dimezzato. Logico che, con il raìs non più in grado di interferire, Abu Ala si prendesse quei poteri direttamente dalle mani di Abu Mazen.

Mentre l´attenzione generale era tutta rivolta verso le voci che trapelavano dall´ospedale di Parigi, la diarchia ha continuato a funzionare a dovere, senza incontrare opposizione. Poiché Arafat aveva accumulato e mescolato le cariche di Presidente dell´Olp, di presidente dell´autorità palestinese e di capo di Al Fatah, oltre che di comandante supremo delle forze di sicurezza («Questo è il motivo per cui vesto l´uniforme, sono un generale», amava ripetere) Abu Mazen, sempre con Abu Ala al suo fianco, ha anticipato alcune riforme cui nessuno ha osato opporsi.

A parte la delega al capo del governo sui servizi di sicurezza e sulle Finanze, Abu Mazen ha annunciato la separazione delle competenze tra il Comitato esecutivo dell´Olp e il Consiglio Legislativo. E poiché un segnale di cambiamento può venire anche da dettagli apparentemente insignificanti, alla prima riunione del Consiglio Nazionale Palestinese, Abu Mazen ha stabilito che vi prendessero parte soltanto gli aventi diritto, cacciando dalla sala tutti i famigli e i "consulenti" che Arafat si trascinava dietro nelle sedute del massimo organo politico palestinese.

Il modello della leadership collettiva sembrerebbe quello cui Abu Mazen intende ispirarsi, se e quando dovesse essere scelto dal voto popolare come successore di Arafat. Ma sia lui, che Abu Ala, che la maggior parte dei dirigenti che in questi giorni si sono più esposti hanno in comune qualcosa che un giorno potrebbe giocare a loro svantaggio. Fanno parte dell´esercito di fedelissimi che seguirono Arafat nell´esilio di Tunisi, tornarono con lui in Palestina nel ?94, si costituirono in ceto politico dominante e vennero per questo soprannominati i "tunisini", in contrapposizione con i giovani dirigenti, oggi a loro volta invecchiati che sono cresciuti politicamente nel fuoco dell´Intifada, Prima e Seconda, e vantano il sostegno della popolazione dei territori.

I "locali". Più vicino ad Abu Mazen, di quanto non lo sia ad Abu Ala, Mohammed Dahalan, l´ex capo dei servizi di sicurezza a Gaza, è personaggio gradito alla diplomazia americana e a quella israeliana. Nello stupore generale Dahalan è comparso tra i pochi intimi che Arafat ha voluto con sé nella clinica parigina. Le cose sono andate così: la sera precedente alla partenza per la Francia, quando il raìs era sembrato riprendersi, Dahalan è andato a trovarlo alla Muqata, in una sorta di atto di sottomissione, lui che era stato accusato di aver fomentato i disordini esplosi nei mesi scorsi a Gaza contro i rappresentanti dell´apparato di sicurezza nominati da Arafat. «Tu vieni con me!», ha ordinato, quella sera, il raìs, rivolgendosi a Dahalan. Le malelingue dicono che Arafat s´è voluto soltanto assicurare che, in sua assenza, Dahalan non organizzasse un golpe per staccare Gaza dal resto dell´Autonomia.

Tutto questo poteva assomigliare a uno scenario plausibile se nei corridoi dell´ospedale parigino non si fosse all´improvviso materializzato un terzo incomodo: quel Faruk Kaddumi che, come Abu Mazen e Abu Ala, è uno dei cinque fondatori dell´Olp sopravvissuti fino ai giorni nostri. A differenza di Abu Mazen e Abu Ala, però, Kaddumi, non ha mai voluto riconoscere la validità degli accordi di Oslo e non ha mai messo piede in Palestina. Ha preferito restare in esilio a Tunisi dove continua ad occupare la poltrona inconsistente di responsabile degli Esteri dell´Olp. Politicamente, sarebbe una figura marginale se la moglie di Arafat, Suha, non l´avesse riportato alla ribalta. Adesso, a Tunisi, c´è addirittura chi vagheggia un organigramma più o meno concordato: Abu Mazen presidente dell´Autorità palestinese, Abu Ala primo ministro e Kaddumi, il redivivo, alla guida dell´Olp.

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