Da La Repubblica del 05/11/2004

L´euro a un passo dal massimo segnato nel febbraio scorso. Wall Street sale ancora, il greggio si prende una pausa

Il dollaro scivola ai minimi quotazioni record per l´oro

di Gianfranco Modolo

MILANO - Non è durata molto la luna di miele che i mercati generalmente concedono al nuovo o al riconfermato inquilino della Casa Bianca dopo la vittoria elettorale. Come già capitato quattro anni fa, quando la lunga incertezza per l´esito delle elezioni in Florida provocò la sfiducia degli investitori e la fuga dal dollaro, ieri si è ripetuto il medesimo copione: in Estremo Oriente e in Europa la speculazione ha ripreso a premere sulla moneta americana la cui perdita di valore, a giudizio dei grandi investitori internazionali, è ormai l´arma utilizzata dall´amministrazione Bush per far fronte ai deficit di bilancio e dei conti esteri e per rilanciare il "made in Usa".

Così, stimolati da dati macroeconomici non proprio esaltanti diramati negli States sull´andamento della produzione industriale e dalle considerazioni del presidente della Bce Jean-Claude Trichet sulla possibile ripresa dell´inflazione in Europa, un evento che aprirebbe la via al rialzo dei tassi, nel pomeriggio gli operatori hanno venduto ancora dollari a piene mani comprando yen, franchi svizzeri, oro - il metallo giallo è arrivato a 433,25 dollari l´oncia, il massimo degli ultimi 16 anni - e soprattutto euro. La divisa europea nel pomeriggio ha sfiorato quota 1,29 dollari, assai vicino ai livelli record dello scorso febbraio (1,2929), per poi ripiegare in serata a 1,2862.

I mercati finanziari non sembrano prestare molta attenzione alle prese di posizione del segretario al Tesoro John Snow, che proclama la necessità di un dollaro forte contro l´inflazione, e invece puntano quasi a colpo sicuro sulla svalutazione della moneta. Particolare non trascurabile, ieri la fuga dal dollaro non è stata provocata, come avviene ormai da mesi, dal rialzo dei prezzi del greggio, che anzi nel pomeriggio si sono ridimensionati a poco più di 50 dollari al barile a New York e a 46,50 dollari a Londra per il Brent. È prevalsa invece la convinzione condivisa da economisti, banchieri e analisti per cui l´amministrazione Bush, forte del consenso elettorale appena ottenuto, non adotterà alcuna politica di contenimento dopo gli sgravi fiscali per 1.900 miliardi concessi negli ultimi due anni, non tornerà ad aumentare le tasse per frenare i consumi e rivitalizzare il risparmio ma lascerà ai mercati il compito di trovare nuovi equilibri valutari.

Il punto di vista degli operatori è noto: senza alcuna nuova iniziativa da parte della Casa Bianca in materia di petrolio e di contenimento fiscale tutti i mercati finanziari, valutari, azionari, delle materie prime e del reddito fisso saranno condizionati nei prossimi mesi dalle stesse forze preesistenti alle elezioni. In quattro anni il dollaro si è svalutato del 40 per cento circa rispetto all´euro, sia per i conti negativi in patria e con l´estero sia per il fatto che il presidente Bush ha ereditato la bolla speculativa di Internet che ha allontanato gli investimenti esteri da Wall Street. Se non fosse per le banche centrali asiatiche che conteggiano riserve in dollari per 1.500 miliardi, la moneta si sarebbe già deprezzata da tempo. In questo quadro di incertezza le Borse si muovono a diverse velocità: ieri è salita ancora con decisione Wall Street (Dow Jones +1,75% e Nasdaq + 0,96%), perché le aziende americane che hanno realizzato grossi profitti quest´anno trarranno certamente altri vantaggi dal dollaro debole. Mentre Milano con un più 0,20 per cento è stata tra le migliori in Europa.

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