Da Corriere della Sera del 05/11/2004

Il tassello Farnesina

di Massimo Franco

La designazione è arrivata al momento opportuno: quando dall’Italia, ma soprattutto dall’Europa, montava ormai l’impazienza verso un governo Berlusconi accusato di temporeggiare per problemi interni; di scaricare le tensioni del centrodestra su una Commissione Barroso già lesionata dal caso Buttiglione. La scelta di indicare ieri Franco Frattini, attuale ministro degli Esteri, ha rotto il cerchio delle diffidenze e «normalizzato» quasi a forza l’anomalia italiana. Anche se la sensazione è che al commissario si sia arrivati anche, forse soprattutto, perché il suo approdo a Bruxelles permetterà al vicepremier Fini di andare all’agognata Farnesina.

Ma la novità più significativa è la pressione europea che ha costretto il nostro Paese ad accelerare il passo, rinunciando a trattative e alchimie incomprensibili nell’ottica continentale. Di più: così smaccate nella loro valenza «romana», da spingere il cauto Barroso a far fretta all’alleato Berlusconi. Il presidente del Consiglio ha avuto il merito di capire: ha rotto gli indugi e additato il ministro degli Esteri.

La polemica dell’opposizione sul metodo tortuoso seguito da Palazzo Chigi è comprensibile. E così la sottolineatura dell’ennesimo cambio alla Farnesina, il quarto in tre anni e mezzo. Contano di più, tuttavia, il tempismo e la qualità della scelta, riconosciute dagli stessi avversari. L’Italia si divincola dall’isolamento nel quale l’aveva cacciata l’esternazione di Buttiglione su omosessuali e donne durante le audizioni al Parlamento europeo. E le deleghe su Giustizia e libertà civili, confermate da Barroso per Frattini, ridimensionano un’accusa insidiosa, lanciata pregiudizialmente dagli avversari di Berlusconi: che l’Italia non sia affidabile su questa materia.

Bisognerà aspettare il 17 e 18 novembre per capire se la Commissione riceverà la laica benedizione dell’assemblea di Strasburgo. Ma la sostituzione di un altro commissario e il cambio di alcune deleghe, fanno ben sperare: anche per archiviare le liti di maggioranza. An sa che Frattini a Bruxelles lascia scoperta la casella della Farnesina per il suo leader; e ieri sera, in tv, Fini ha parlato da ministro degli Esteri in pectore. Il coordinatore Ignazio La Russa riconosce candidamente che la scelta del neocommissario «facilita anche la soluzione dei problemi interni alla Casa delle libertà».

Il braccio di ferro fra la candidatura di Frattini e quella di Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia, poteva far saltare tutto: in Italia, non in Europa. Sembra che anche su Tremonti non ci fossero obiezioni da Barroso: ma c’erano, e ultimative, da parte di An. Qualunque commissario diverso da Frattini, poteva frustrare le aspirazioni di Fini; e dare corpo ad una slabbratura parlamentare della maggioranza alla vigilia delle votazioni sulla legge finanziaria. Adesso, invece, Berlusconi si ripresenta rafforzato alla trattativa con la propria coalizione.

Sarà difficile, per il segretario dell’Udc, Marco Follini, schivare la proposta di andare a palazzo Chigi come vicepremier. Potrebbe rifiutare, si dice, nel caso fosse affiancato da un secondo vice-Berlusconi della Lega. Si tratta, tuttavia, di dettagli, per quanto politicamente dirimenti. La questione irrisolta è il taglio delle tasse. Finora, sia An che Udc hanno fatto muro rispetto alle proposte berlusconiane. Ma il muro appare meno invalicabile per il premier, dopo avere risospinto An e Udc nel recinto della coalizione. Quanto alla Lega, l’insoddisfazione è bilanciata dalla disponibilità che Umberto Bossi ha già offerto, grato per la riforma federalista.

La vera fase due del governo Berlusconi comincia adesso. Il paradosso sul quale riflettere, è che si apre grazie ad un’Europa osservata a intermittenza dal centrodestra con uno scetticismo autolesionistico.

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