Da Corriere della Sera del 05/11/2004
Originale su http://www.corriere.it/speciali/2004/Esteri/usa2004/elezioni/corriere/...

«L'America ha votato come voleva Lui»

Dio e Patria, così la falange evangelica ha vinto

I fondamentalisti cristiani che hanno dato il successo a Bush sono 80 milioni e controllano reti tv, radio e giornali

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Dal pulpito della sua chiesa evangelica di Leesburg in Virginia, presso Washington, il reverendo Jerry Falwell, il leader della «Maggioranza morale», sorride alle telecamere. Rivolto ai fedeli radiosi ringrazia Dio della «vittoria dei nostri valori» e della rielezione di George Bush, «il tuo messaggero», a presidente degli Stati uniti. «Noi evangelici - dichiara - siamo 80 milioni di persone. Ci avevano detto il falso: che l'America avrebbe votato sulla economia e sul terrorismo. E invece ha votato come voleva Dio, su di noi, sulla fede, sulla difesa della famiglia dai matrimoni gay e l'aborto». Leesburg è a 50 km da Washington e nei suoi pressi si nasconde il rifugio antiatomico della Casa Bianca, ma è come se fosse a 5 mila. Appartiene all’America profonda, dalle messianiche certezze, quella che ricopre i 4 quinti del territorio nazionale e sulla mappa politica è disegnata in rosso, il colore dei repubblicani, ma sarebbe meglio rappresentata dal vessillo dei crociati. «Un bastione del cristianesimo e della conservazione - dichiara Michael Walzer, il maestro del pensiero politico neoliberal -, una delle fondamenta del bushismo».


TRIONFO NEOCON - Mentre Falwell parla al pubblico, Gary Bauer tiene una conferenza stampa post-elettorale a Washington. Bauer è un «neocon» che 12 anni fa si candidò alla presidenza e oggi dirige la «Unione per la preservazione del matrimonio». Trasmette l'identico messaggio di Falwell. È la questione morale che ha prodotto il trionfo di Bush, sostiene: il no alle unioni «contro natura» e alla ricerca sulle cellule staminali, il sì alle preghiere e al giuramento nelle scuole. «Noi sappiamo distinguere tra il giusto e l'ingiusto e tra il normale e l'anormale», afferma Bauer. «E l'America è in gran parte con noi. Undici Stati hanno tenuto un referendum sui matrimoni gay: non ne è passato uno». Bauer attribuisce il successo del presidente in Ohio, uno Stato chiave che avrebbe potuto fare eleggere Kerry, al referendum: «L'Ohio è il gemello della Pennsylvania. Il referendum in Ohio c'è stato, e ha vinto Bush. In Pennsylvania no, e ha vinto Kerry». Né Falwell né Bauer, osserva Walzer, esagerano la loro influenza alle urne. Le chiese evangeliche non hanno solo oltre 80 milioni di seguaci. Hanno anche decine di tv e quotidiani e centinaia di radio e di riviste: uno dei loro leader, Pat Robertson, predicatore e proprietario della catena televisiva «Christian network», è una superpotenza mediatica, una sorta di Rupert Murdoch biblico. E hanno tra le migliori scuole e università del Paese, le preferite da Bush, che instillano nel loro popolo e in milioni di altre persone un cristianesimo aggressivo, dedito a una guerra di religione sotterranea contro i cattolici, i musulmani e gli ebrei. Tutto il Sud e il Midwest, dalla Virginia al Texas e dalla Florida al Michigan, sono un loro feudo. «Il divario culturale è enorme» spiega Walzer. «Il popolo evangelico disprezza Washington, New York, Boston, le roccaforti del liberalismo, e individua in Hollywood la moderna Gomorra». Lamenta Bauer dei democratici: «Con la loro ossessione per i diversi minacciano di distruggerci la patria e i figli». Per alcuni evangelici, il linguaggio dei democratici è addirittura quello del demonio.


IL PRIMO FU REAGAN - Il primo presidente repubblicano a sfruttare la «cintura della Bibbia» nell'80 fu Ronald Reagan, che ne colse lo spirito conservatore. Ma neppure lui seppe prevedere che in vent'anni quello dell'estrema destra e degli integralisti religiosi, la santa alleanza interna Usa, sarebbe divenuto l'asse portante della politica presidenziale. I risultati elettorali sono tuttavia chiari. Tra i bianchi, la grande maggioranza degli evangelici, Bush ha conquistato il 61 per cento del voto maschile, e ben il 54 per cento del voto femminile, l'elettorato di Kerry. Ha anche ottenuto il 53 per cento del voto dei fedeli di ogni religione - compresa la cattolica - che si recano a messa più di una volta alla settimana. «Era da quasi un secolo, dal presidente Calvin Coolidge - conclude Walzer - che i repubblicani non erano in una posizione tanto forte. Non sarà facile spezzarne la supremazia alle elezioni del 2008». In un bruciante articolo sul New York Times intitolato «Il giorno che finì l'illuminismo», lo storico cattolico Gary Wills ricorda che gli evangelici cessarono l'attività politica negli anni Venti, quando la Corte suprema ne respinse la richiesta di mettere al bando il darwinismo. Sono tornati allo scopo di emendare la Costituzione secondo i propri dettami, ammonisce Wills, e se ci riusciranno sarà una nuova America dove forse la tolleranza e la ragione non avranno spazio. Scrive lo storico: «Gli Stati secolari in Europa non capiscono il fondamentalismo dei nuovi elettori americani, perché essi sono troppo diversi dagli elettori del passato. Oggi noi assomigliamo di più alle cosiddette nazioni nemiche che non a quelle europee. Dove riscontriamo il nostro stesso zelo religioso, la nostra rabbia contro il laicismo, la nostra paura della modernità? Non certo in Francia, in Germania, in Italia, ma nel mondo islamico, persino in Al Qaeda». Forse Wills esagera. Ma è vero che in questa America le verità e i fatti contano meno dei dogmi e delle convinzioni. Una lettura inquietante dell'ultimo voto della grande democrazia americana.

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