Da Corriere della Sera del 03/10/2004

Accuse al senatore: «È uno statalista». La replica: «Alleggerisce le imposte soltanto ai ricchi»

Primi sondaggi, Kerry supera Bush

Dopo il dibattito tv, balzo dello sfidante. Il presidente contrattacca con tagli alle tasse

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Nel primo sondaggio del dopo dibattito tv, quello di Newsweek , John Kerry effettua il sorpasso.

Il candidato democratico, dato dalla rivista dietro a Bush di sei punti una settimana fa, sarebbe adesso avanti di 3, con il 49 per cento contro il 46 per cento delle preferenze. Visto il margine di errore del sondaggio, il quattro per cento, Kerry e Bush vanno considerati praticamente alla pari: lo conferma il fatto che, con il terzo uomo Ralph Nader in campo, il vantaggio del senatore sul presidente calerebbe a due punti, il 47 per cento contro il 45 per cento dei voti. Non è inoltre da escludere che Bush colmi in fretta il distacco o sorpassi nuovamente l'avversario vincendo il dibattito di giovedì venturo. Ma per i repubblicani è un campanello d'allarme: secondo Newsweek , il presidente aveva chiuso la convention a New York davanti a Kerry di 11 punti. Queste violente oscillazioni sono un segno della volubilità, della polarizzazione dell'elettorato e dell'altalena a cui vanno incontro i due candidati.

L'analisi del sondaggio di Newsweek dimostra quale peso abbiano i dibattiti tv. Il 61 per cento dei telespettatori, scrive la rivista, hanno assegnato la vittoria a Kerry, solo il 19 per cento a Bush. Di più: il 56 per cento ha dichiarato che il senatore ha superato le aspettative ed è stato il più preparato. Infine il 52 per cento si è fatto un'opinione favorevole di lui, contro il 49 per cento del presidente, che ha deluso un terzo degli stessi repubblicani.

Karl Rove, il guru elettorale della Casa Bianca, ha minimizzato l'importanza del sondaggio: bisogna aspettare gli altri, tra un paio di settimane, a dibattiti conclusi (l'ultimo si svolgerà il 13), per farsi un'idea precisa dei rapporti di forza, ha sostenuto. Ma Rove, pur prevedendo il trionfo finale, ha ammesso che «la corsa sarà serrata», ossia che al momento Bush è vulnerabile.

Il presidente non ha atteso la verifica del sondaggio, a cui dovrebbe seguire oggi quello di Time , per passare al contrattacco. A un mese dalle elezioni che decideranno, come dice John Kerry, «il sogno americano», ha impugnato oltre all'arma del terrorismo quella dell'economia. Kerry non è soltanto più un multilateralista, il leader che darebbe ai governi stranieri e all'Onu «il potere di veto sulle misure di sicurezza degli Stati Uniti», e che invece di difendere gli Stati Uniti «condurrebbe sondaggi globali». E' anche uno «statalista», il leader che «aumenterebbe le tasse e nazionalizzerebbe l'assistenza sanitaria, togliendo i soldi dalle tasche dei contribuenti». E' un'anticipazione della tattica che il presidente impiegherà venerdì: demonizzare Kerry pacifista e liberal.

La tattica Bush l'ha adombrata nel discorso radiofonico del sabato, annunciando il suo quarto taglio fiscale in quattro anni, 146 miliardi di dollari, «misura bipartisan - ha sottolineato - a favore delle famiglie, a cui Kerry si è opposto». Il presidente ha poi lanciato un blitz in autobus nell'Ohio, uno dei grandi Stati «pendolo», caldeggiando il disegno di «un società di proprietari». Proprietari di case, di azioni in borsa, delle pensioni, della sanità: settori che in gran parte verrebbero privatizzati.

«Se l'economia è in ripresa - ha ripetuto - è grazie alla riduzione delle tasse. Mentre io mi affido al popolo americano, Kerry vuole uno stato sempre più potente». Per i democratici, è una tattica rischiosa: l'economia non è il piatto forte di Bush. Ma per Rove non esiste alternativa. Venerdì, quando il dibattito assumerà il formato di un incontro con gli elettori, il presidente dovrà mettere Kerry sulla difensiva.

Conscio della posta in gioco, il senatore ha risposto con furia agli affondi di Bush. Ha giocato sull'impressione negativa suscitata dalle smorfie del presidente alla tv, già trasformate in uno spot dai democratici, lo ha mimato nelle esitazioni e negli errori. «Insinua che tradiremmo i nostri soldati, gli alleati, gli iracheni, ma la verità e che li guideremmo alla pace», ha gridato. E ha accusato Bush di avere alleggerire «i ricchi di centinaia di miliardi di dollari di imposte e di avere tagliato le spese per la sicurezza nazionale»; di avere accumulato un deficit di bilancio spaventoso; di aver perso quasi 3 milioni di posti di lavoro, come non capitava dalla Grande depressione. La sua ricetta per l'economia è la stessa della guerra, ha concluso: «Altri 4 anni? Li volete?».

Oltre ai sondaggi, sarà il dibattito tv di martedì a Cleveland nell'Ohio tra il vicepresidente Richard Cheney e il senatore John Edwards, il compagno di corsa di Kerry, a misurare l'umore dell'elettorato. L'indice di popolarità di Edwards, giovane e carismatico, è superiore a quello di Cheney, il 56 per cento contro il 48 per cento, e c'è un tema scottante per il vicepresidente sul tappeto, tema su cui i democratici martellano: i pasticci della Halliburton, la sua ex società petrolifera, in Iraq, dove gode di un contratto esclusivo col Pentagono. Ma Cheney è considerato una vecchia volpe, dal linguaggio più articolato di Bush. Rove è convinto che spianerà la strada al presidente.

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