Da Corriere della Sera del 03/11/2004
Berlusconi-Putin, attesa da «amici di Bush»
Il premier: comunque vada, ho l’America nel cuore. Comune fiducia nella «continuità istituzionale»
di Marco Galluzzo
MOSCA - «Ho l’America nel cuore, sono in primo luogo filoamericano, i nostri rapporti con la Casa Bianca rimarranno in ogni caso cruciali». Potrebbe sembrare una sorta di exit strategy , espressione di moda ultimamente, ma gli argomenti che in questi giorni il presidente del Consiglio ha speso con i suoi collaboratori sono improntati innanzitutto alla massima concretezza.
E un omaggio alla concretezza sono le previsioni e le riflessioni che nelle ultime ore sono trapelate. Concretezza, ieri notte, nella capitale russa, significava anche ipotizzare la vittoria di Kerry, prepararsi a un cambio di scenario internazionale, alla sconfitta dell’«amico» George. Concretezza, o real politik , significa comunque concentrarsi e scommettere su una continuità «istituzionale» americana, su una sintonia che non verrebbe meno con un establishment, come quello a stelle e strisce, che non dimentica gli alleati.
Berlusconi ha vissuto a Mosca, negli appartamenti privati del Palazzo del Cremlino, le ultime fasi della campagna elettorale degli Stati Uniti. Ieri sera ha cenato nella dacia di Putin, a Novo Ogaryovo, l’inizio ufficiale di un bilaterale fra i due governi che coinvolge anche tre ministri italiani. Dopo il colloquio «uno a uno» con il presidente russo, senza staff e con la sola presenza di un interprete, ha trascorso la notte nelle camere che si affacciano sul Giardino d’Inverno, dove aveva già riposato dieci anni fa, la prima di una lunga serie di attenzioni e riguardi che l’«amico» Vladimir gli ha tributato negli anni.
L’ufficio diplomatico di Palazzo Chigi, ieri notte, aveva già allestito due linee dirette, con entrambi i candidati americani, per consentire a Berlusconi di fare un telefonata di congratulazioni nel momento in cui l’esito elettorale diverrà certo. Forse prima dell’alba, qui a Mosca due ore in avanti rispetto a Roma, otto rispetto alla costa atlantica degli Stati Uniti. Ma più probabilmente oggi, in mattinata, quando gli exit poll cederanno il passo alle proiezioni ufficiali.
E’ chiaro e scontato che Berlusconi punti sulla rielezione di Bush. Lo ha dichiarato, pubblicamente, a Ischia, non molti giorni fa. Un auspicio che nasce da ragioni molteplici, dalla politica estera collimante all’amicizia personale saldissima. E che spazzerebbe via uno spettro con cui comunque fare i conti: l’Italia che da partner politico strategico diventa interlocutore di serie B degli Stati Uniti, scenario che Berlusconi ha preso in considerazione, se non altro per esorcizzarlo.
Timori e auspici del presidente del Consiglio, ieri notte, erano più o meno questi. Insieme alla consapevolezza che il centrosinistra, nel caso di vittoria di Kerry, «farà certamente una grande propaganda, ricomincerà a parlare di Ulivo mondiale, ma alla fine sarà un calcolo sbagliato, perché Kerry chiederà all’Europa le stesse cose che chiede Bush e si troveranno in grande imbarazzo».
In ogni caso, raccontano nello staff del capo del governo, l’esito del voto sarà commentato, se vincesse Bush, senza trionfalismo. La situazione di crisi internazionale, la guerra in Iraq, raccomandano comunque discrezione massima. La consapevolezza del premier che il voto americano rappresenti comunque «uno snodo per i destini del mondo» suggerisce una cautela pari all’importanza della posta in gioco.
Fa parte della posta, ovviamente, la missione militare in Iraq: Kerry ha già dichiarato che chiederà agli alleati un aumento dei contingenti militari, anche di questo Berlusconi ha già discusso con i suoi collaboratori, al momento appare difficile che un’eventuale richiesta sarà esaudita.
E un omaggio alla concretezza sono le previsioni e le riflessioni che nelle ultime ore sono trapelate. Concretezza, ieri notte, nella capitale russa, significava anche ipotizzare la vittoria di Kerry, prepararsi a un cambio di scenario internazionale, alla sconfitta dell’«amico» George. Concretezza, o real politik , significa comunque concentrarsi e scommettere su una continuità «istituzionale» americana, su una sintonia che non verrebbe meno con un establishment, come quello a stelle e strisce, che non dimentica gli alleati.
Berlusconi ha vissuto a Mosca, negli appartamenti privati del Palazzo del Cremlino, le ultime fasi della campagna elettorale degli Stati Uniti. Ieri sera ha cenato nella dacia di Putin, a Novo Ogaryovo, l’inizio ufficiale di un bilaterale fra i due governi che coinvolge anche tre ministri italiani. Dopo il colloquio «uno a uno» con il presidente russo, senza staff e con la sola presenza di un interprete, ha trascorso la notte nelle camere che si affacciano sul Giardino d’Inverno, dove aveva già riposato dieci anni fa, la prima di una lunga serie di attenzioni e riguardi che l’«amico» Vladimir gli ha tributato negli anni.
L’ufficio diplomatico di Palazzo Chigi, ieri notte, aveva già allestito due linee dirette, con entrambi i candidati americani, per consentire a Berlusconi di fare un telefonata di congratulazioni nel momento in cui l’esito elettorale diverrà certo. Forse prima dell’alba, qui a Mosca due ore in avanti rispetto a Roma, otto rispetto alla costa atlantica degli Stati Uniti. Ma più probabilmente oggi, in mattinata, quando gli exit poll cederanno il passo alle proiezioni ufficiali.
E’ chiaro e scontato che Berlusconi punti sulla rielezione di Bush. Lo ha dichiarato, pubblicamente, a Ischia, non molti giorni fa. Un auspicio che nasce da ragioni molteplici, dalla politica estera collimante all’amicizia personale saldissima. E che spazzerebbe via uno spettro con cui comunque fare i conti: l’Italia che da partner politico strategico diventa interlocutore di serie B degli Stati Uniti, scenario che Berlusconi ha preso in considerazione, se non altro per esorcizzarlo.
Timori e auspici del presidente del Consiglio, ieri notte, erano più o meno questi. Insieme alla consapevolezza che il centrosinistra, nel caso di vittoria di Kerry, «farà certamente una grande propaganda, ricomincerà a parlare di Ulivo mondiale, ma alla fine sarà un calcolo sbagliato, perché Kerry chiederà all’Europa le stesse cose che chiede Bush e si troveranno in grande imbarazzo».
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