Da Corriere della Sera del 03/11/2004

E l’America si mette in coda ai seggi

Prorogato in molti Stati l’orario di chiusura. I democratici portano generi di conforto alla gente in attesa

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Ancora scossa dalle elezioni del 2000, l'America ha vissuto una giornata elettorale di tensioni, costellata da scontri giudiziari, incidenti, brogli veri e falsi, proteste anche degli osservatori dell'Osce. Tensioni e passioni: l’ Election Day è stato caratterizzato da una partecipazione popolare superiore alle attese. L’America si è messa pazientemente in coda davanti ai seggi, dalla California al Vermont. File di chilometri sotto la pioggia, una mobilitazione che ha ricordato a qualcuno le elezioni del 1960, quando i due terzi degli aventi diritto andarono a votare per scegliere tra John Kennedy e Richard Nixon. L’America in coda, una maratona vera con i democratici che in alcune località, verso la chiusura dei seggi, hanno persino allestito banchetti con acqua e generi di conforto per la gente in attesa di votare. In molti casi la chiusura dei seggi è stata rinviata: è accaduto nella contea di Allegheny, contea chiave di uno degli Stati cruciali per la vittoria finale, la Pennsylvania: le urne sono rimaste aperteun’ora e mezza più del previsto, per smaltire il serpentone degli elettori che ancora non avevano messo la scheda nell’urna.

Passioni e tensioni: questa volta, al centro di minacciate contese, più della Florida è stato l’Ohio, dove erano in palio 20 Grandi Elettori considerati decisivi. Qui il governatore repubblicano Bob Taft e segretario di stato Kenneth Blackwell hanno assunto i controversi ruoli svolti quattro anni fa dai loro omologhi Jeb Bush, il fratello del presidente, e Katherine Harris a Miami.

Taft e Blackwell non hanno solo disconosciuto il cosiddetto voto provvisorio, quello dato in un seggio diverso dal seggio indicato all'elettore, voto che in base alla legge può essere convalidato. All’ultimo istante, prima dell’apertura dei seggi, hanno anche ottenuto dalla Corte d'appello dello Stato il diritto di mandare 4 mila persone a contestare i votanti del partito opposto. I democratici, che non a torto l’hanno ritenuta una manovra contro il proprio elettorato, i poveri e le minoranze, hanno invano chiesto alla Corte Suprema sia di imporre a Taft e Blackwell il riconoscimento del voto provvisorio sia di ritirare i 4 mila.

La furiosa guerra delle Corti, parallela a quella della strada per trasportare i cittadini alle urne, ha tenuto l'America con il fiato sospeso. L'Ohio era lo Stato più in bilico tra Bush e Kerry, e poteva decidere delle elezioni, tanto che il presidente vi ha sostato per un ultimo comizio ritornando a Washington. Per prevenire intimidazioni dei votanti, Michael Moore, il regista di Fahrenheit 9/11 un nemico di Bush, ha dispiegato centinaia di telecamere davanti ai seggi, «il luogo del delitto». Tra gli osservatori dell'Osce, l'italiano Gianni Kessler ha lamentato che sia stato loro impedito l'accesso ai seggi, con il pretesto che le autorità avrebbero dovuto concederlo anche ai giornalisti. A Boston, dove si trovava con Kerry, il portavoce Joe Lockardt, un ex di Clinton, ha detto di non avere ricevuto segnalazioni di «irregolarità gravi» dall'Ohio, dove l'afflusso ha superato del 15 per cento quello del 2000: i repubblicani, ha aggiunto, «stanno fallendo l'obiettivo di contenere l'afflusso democratico alle urne». Ma le sue rassicurazioni non hanno dissipato il timore di un «bis» al veleno della Florida.

Col passare del tempo, si è rafforzata la speranza che l'America desse una prova di democrazia riscattandosi dal fiasco di 4 anni fa. Ma a tratti, è stato caos. A Volusia in Florida, un lettore ottico non ha scannerizzato 20 mila schede. Nella Louisiana si sono rotti dei computer. A Mount Laurel nel New Jersey è scattato l'allarme biochimico quando in un seggio, chiuso poi dalla polizia per due ore, si è scoperta una misteriosa sostanza bianca: si trattava solo di sale, ha riferito un poliziotto. Nel Wisconsin, qualcuno ha telefonato agli elettori spacciandosi per il generale Norman Schwarzkopf, il vincitore della Guerra del Golfo, incitandoli a votare per Kerry: il generale, un repubblicano, ha dovuto diramare un comunicato di smentita. A Philadelphia, il Drudgreport , un bollettino conservatore online , ha denunciato la scoperta di 2.000 schede per i democratici compilate prima dell'apertura dei seggi: il sindaco ha smentito la notizia. Quasi ovunque, gli scrutinatori sono risultati pochi e a volte impreparati.

Tra gli elettori, l'attesa per votare - mezza giornata per i più sfortunati - ha provocato sporadici incidenti. In Florida, un giovane ha strappato un cartello con su scritto «Mai più un 2000!», e gli ha dato fuoco. In Virginia, una donna si è scagliata contro un uomo con una maglietta che diceva «Stop Hanoi Kerry», un riferimento alla denuncia della guerra del Vietnam fatta dal senatore in gioventù. In Iowa, Michigan e Minnesota, attivisti di «Moveon.org», un sito democratico online , sono stati aggrediti da un gruppo di repubblicani. Sulle tv via cavo si sono visti alterchi, auto della polizia attorno ai seggi.

L'America del fifty fifty , metà da una parte metà dall'altra, si è confrontata con asprezza, ma dimostrando di avere mandato a mente la lezione di quattro anni fa. Malgrado i disguidi e le polemiche, le più nere previsioni della vigilia non sono sembrate concretizzarsi.

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