Da La Repubblica del 30/10/2004

La Palestina senza Arafat

di Tahar Ben Jelloun

Arafat non è semplicemente il capo di uno Stato che ancora non esiste, è anche il simbolo di una resistenza e la volontà di iscrivere la lotta palestinese nella Storia, perché il suo popolo non venga, puramente e semplicemente, eliminato.

Arafat è un vero capo, un uomo dal carisma capace di cambiare il movimento delle folle. Se ha le qualità di un grande dirigente, ne ha anche i difetti. Ma in questo momento, la priorità è capire che cosa diventerà la Palestina senza quest´uomo il cui destino si è identificato con quello del suo popolo.

Talmente tante volte ci si è avvicinati alla pace, talmente tante volte si è creduto che fosse possibile una coesistenza tra i due popoli, talmente tanto si è sperato di vedere la fine della guerra, che oggi la situazione è catastrofica. Quelli che hanno fatto di tutto per rifiutare il processo di pace non hanno reso un buon servizio a Israele e ancora meno ai palestinesi. Netanyahu prima e Sharon poi hanno agito ossessivamente per tagliare le radici di tutti gli accordi raggiunti, si trattasse di quelli di Madrid o di quelli di Oslo. Hanno lavorato per far regredire il processo di pace, per negarlo, in favore del fatto compiuto per mezzo della forza, e ciò ha provocato l´esasperazione delle popolazioni e ha dato ai movimenti islamisti l´occasione per entrare in scena, in contrapposizione con la politica di Arafat, un musulmano laico, rispettoso delle altre religioni.

Il sogno della destra e dell´estrema destra israeliana, se di sogno si può parlare, tanto disastroso è il risultato, è stato quello di eliminare Arafat, uomo di dialogo, e di trovarsi di fronte a estremisti palestinesi dediti al terrorismo, e perciò indegni di assurgere al ruolo di negoziatori o interlocutori validi.

Sharon ha fatto di tutto, con le sue provocazioni, per isolare Arafat, per umiliarlo, per privarlo di credibilità uccidendo con omicidi mirati dirigenti religiosi di Hamas o della Jihad islamica.

Sottoponendo Arafat, da oltre tre anni, a domicilio coatto, chiudendolo in un ufficio di dieci metri quadrati, minacciando di espellerlo e addirittura di liquidarlo fisicamente, il governo Sharon ha gettato i semi della discordia, della violenza e dell´odio.

Eppure Arafat era l´uomo che ha negoziato e firmato accordi con personalità di peso come Yitzhak Rabin o Shimon Peres. Ha acquisito una dimensione di uomo di Stato internazionalmente riconosciuta. Era riuscito a passare dalla fase della resistenza e delle azioni terroristiche alla fase del dialogo, del riconoscimento, vale a dire dell´ingresso sulla scena diplomatica e politica. Questo ingresso, Sharon e il Likud non l´hanno mai accettato. Per loro non esiste la Palestina e non esistono i palestinesi. Arafat pagherà questo riconoscimento da parte del mondo vedendo gli accordi di Oslo stracciati, annullati e gettati nella spazzatura.

Questo calcolo sbagliatissimo della destra israeliana è costato molto caro in termini di vite umane alla popolazione palestinese, e non ha portato la pace alla popolazione israeliana. Oggi, i campi palestinesi sono disseminati di bombe a scoppio ritardato. Le umiliazioni quotidiane della popolazione, le incursioni dell´esercito nei quartieri, dove le case vengono fatte saltare e dove l´esercito spara su tutti, bambini compresi (tra i 120 palestinesi uccisi dall´esercito durante l´operazione Giorni del pentimento, si contano 35 bambini), possono avere come unico effetto quello di rafforzare il sentimento di ingiustizia e la volontà di combattere.

Questa politica, che crede di garantire la pace con un muro alto otto metri, che crede più nella forza che nel diritto, è stata accompagnata dall´isolamento di Arafat, un capo disprezzato ma che, contrariamente all´analisi di Sharon, non ha fatto altro che rafforzare la sua immagine, la sua legittimità (è stato eletto democraticamente) e che continua, malgrado tutto, a essere amato dal suo popolo e da popoli del mondo arabo. Anche se è stato contestato e se la sua politica è stata vivacemente criticata, specialmente per la corruzione che alcuni degli uomini a lui vicini avrebbero praticato, Arafat resta, in ogni caso, un capo ammirato e ascoltato.

Quando si governa con l´odio non si entra nella Storia, la Storia ti rigetta. Ma questo, il signor Sharon, non lo sa ancora.
Annotazioni − Traduzione di Fabio Galimberti.

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