Da La Repubblica del 30/10/2004

Per la maggioranza è l´ora del rompete le righe

di Curzio Maltese

Non poteva finire peggio per Berlusconi la giornata delle parate europeiste, con le musiche del Re Sole e la solita cartapesta monumentale sullo sfondo. Il Consiglio dei ministri convocato dal premier per ratificare la Costituzione europea è precipitato in un´italianissima zuffa e ha finito soltanto per ratificare lo sfascio della maggioranza su temi non marginali come l´Europa e le tasse. La Lega, ormai ridotta a una serie di tribù padane senza guida, chiede il referendum sulla Convenzione. An colpisce Berlusconi negli affetti più cari, il conflitto d´interessi, e scopre con l´aiuto dell´Espresso che il premier guadagnerebbe 760 mila di euro all´anno dalla sua riforma.

Berlusconi fa rispondere che darà tutto in beneficienza, un vero signore. Tipico argomento populista che non risponde all´accusa di An, l´aver contrabbandato per riforma fiscale una regalia per i super ricchi come lui. E comunque siamo ai pesci in faccia, a un livello di volgarità politica senza precedenti e senza futuro.

Non bastasse, rimane sospesa sulla testa del governo la spada di Damocle del mesto ritorno di Rocco Buttiglione dalle crociate. L´Europa sarà divisa su molti temi ma sull´impresentabilità di Buttiglione come commissario Ue il consenso è generale e trasversale, supera confini politici, barriere linguistiche e unisce il continente in un ideale abbraccio. Barroso non intende impiccarsi a una scelta sbagliata degli italiani e l´ha comunicato a Berlusconi, pronto a scaricare il filosofo dopo averlo eletto a eroe della libertà. Ma la retromarcia del governo, oltre a incrementare la serie di figuracce, rischia di complicare gli equilibri già fragilissimi della maggioranza.

Lo scontro è in apparenza sulla riforma fiscale e ha come protagonisti Berlusconi e Fini, che in serata hanno rilevato sul ring i secondi (Bonaiuti e Landolfi) e hanno continuato a suonarsele in prima persona. Berlusconi ha confermato di voler abbassare l´aliquota massima sui redditi sopra i 70 mila euro dal 45 al 39 per cento. Fini ha risposto che è ingiusto abbassare le tasse ai ricchi, compreso s´intende il più ricco. Meglio abbassarle ai più poveri. Berlusconi ha replicato alla replica mentre Fini controreplicava e così all´infinito. «Alla fine un accordo s´è sempre trovato» ha sentenziato il premier.

Un accordo forse Berlusconi e Fini lo troveranno anche stavolta. Per disperazione, perché sanno che al voto anticipato sarebbero sconfitti. Ma la questione ormai non è più il compromesso di giornata. Oltre il «tutti contro tutti» o meglio il «Berlusconi contro tutti» nella maggioranza, si assiste a un fenomeno molto più importante. E´ franato il blocco sociale che per dieci anni ha sostenuto l´avventura del berlusconismo. Sta andando in pezzi quel fascio ideologico e politico, lubrificato dalle promesse, che ha tenuto insieme finora una larga fetta di ceti medi e popolari intorno alla figura messianica del Cavaliere. E ciascuno corre dunque a riprendersi e salvare il suo pezzo. La Lega si rinchiude nella gretta difesa corporativa degli artigiani e dei commercianti della provincia padana, senza più i voli ideologici di Bossi. An torna a essere il partito del pubblico impiego. I democristiani riprendono la bandiera del solidarismo cattolico. La stessa Forza Italia abbandona le finzioni populiste e s´aggrappa alla borghesia rampante che se ne frega dello stato sociale, reclama per sé sconti fiscali e un condono ogni sei mesi. E´ un rompete le righe prima sociale che politico ma si tradurrà prima o poi in dato elettorale. Anzi si è già tradotto nelle incredibili sconfitte elettorali a Milano, nel cuore simbolico e reale del berlusconismo. Fini e Follini l´hanno capito, Berlusconi no. Crede ancora di coprire la divisione profonda con la monumentale cartapesta del proprio carisma, che alla fine crollerà rivelando il palazzo in rovina.

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