Da La Stampa del 24/10/2004

Il caso Buttiglione

Leggere Lolita a Strasburgo

di Barbara Spinelli

SICCOME non viviamo fuori dalla storia né dal mondo, è alla luce di quel che accade e che muta intorno a noi che conviene meditare sullo scontro in corso tra Parlamento europeo e Buttiglione, scelto dai governi dell'Unione e dal presidente dell'esecutivo Barroso come commissario incaricato delle libertà, della sicurezza e degli interni. Quel che accade intorno a noi, non solo in Italia ma nel mondo, è l'importanza sempre più grande e invasiva che sta assumendo la fede religiosa nella formulazione delle politiche interne e mondiali.

Questo è senz'altro vero per gli integralismi musulmani, ma lo è anche per una religione - il cristianesimo - che nel Vangelo ma anche nella storia europea ha rivelato di essere il monoteismo più propenso alla separazione tra politica e fede, tra quel che appartiene a Cesare e a Dio. Il ministro della Giustizia John Ashcroft è convinto che per tre anni, dall'11 settembre, la nazione Usa è stata «benedetta», e che «la mano della Provvidenza è stata assistita nella guerra contro il male dai devoti dell'amministrazione Bush». Bush stesso sostiene di essersi candidato alla presidenza, anni fa, perché Cristo in persona gli «affidò una speciale missione».

La guerra militare contro il terrore è fatta dai neoconservatori per esportare un bene - la democrazia - che il Capo di Stato Usa considera «donato direttamente agli uomini da Dio», tramite il suo braccio secolare che è l'America. Questo scontro di civiltà religiose, che il terrorismo islamico ha imposto per primo ma che la potenza guida dell'Occidente e i suoi assertori hanno fatto proprio con zelo neo-fondamentalista, è il clima in cui bisogna collocare, purtroppo, la vicenda Buttiglione. Quel che non accettiamo da certi regimi musulmani (l'ingerenza nelle scelte sessuali intime, il rifiuto dell'uguaglianza delle donne, la religione mai lasciata fuori dalla porta della res publica: altrettante scelte integraliste così ben descritte nel romanzo «Lolita a Teheran», di Azar Nafisi) non dovrebbe oggi essere un cavallo di battaglia del cristianesimo occidentale, a me pare. Il premier turco Erdogan che avesse detto parole somiglianti a quelle di Buttiglione non sarebbe giudicato idoneo, allo stato attuale, a entrare nell'Unione europea.

Non diversamente dall'America degli evangelicali, ci sono politici in Europa che si propongono di tradurre in leggi alcuni inflessibili articoli di fede sulle scelte di costume. Il momento in cui sono interrogati, dai parlamentari verso cui son responsabili, è quello in cui le loro intenzioni vengono vagliate alla luce di quel che faranno nelle vesti di legislatore che tutela credenti e non credenti.

Il presidente della Commissione parlamentare che ha censurato Buttiglione, il giscardiano Jean-Louis Bourlanges, è stato chiaro dopo la bocciatura del 6 ottobre.Ha detto che «in causa non era la fede personale di Buttiglione» (fede a suo parere più che legittima), ma quel che Buttiglione aveva già fatto in Europa: «Non è la sua dichiarazione sull'omosessualità (da Buttiglione definita "un peccato" di fronte ai parlamentari europei) ad aver creato i veri problemi - questo ha detto Bourlanges in un'intervista - ma il fatto che quando rappresentava il governo italiano nella convenzione incaricata del progetto di costituzione europea, Buttiglione propose un emendamento inteso a eliminare l'orientamento sessuale dalla lista delle discriminazioni proibite nello spazio dell'Unione». Emendamento che fu rifiutato, tanto che ora - nell'articolo 21,1 della Carta europea dei diritti (e la Carta è giuridicamente vincolante, nella costituzione che i governi approveranno il 29 ottobre a Roma), è scritto: «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali».

Non è vero dunque, secondo Bourlanges, che i deputati europei non son capaci di distinguere tra libertà di convinzione e diritto, tra credenza personale e operato politico. Ma «avendo riversato le sue convinzioni sull'omosessualità - di per sé onorevoli, secondo Bourlanges - in una pratica politica», Buttiglione è stato valutato in chiave politica.

Buttiglione non era chiamato infatti a giudicare secondo coscienza leggi già promulgate (il politico cattolico può contestarle, pur dovendo garantirne il rispetto) ma a esporre le sue propensioni in quanto legislatore futuro, in un'Europa dove non tutti son cristiani, non tutti son eterosessuali, e non tutti i cristiani la pensano allo stesso modo. È qui che il confine tra credenza privata e comportamento pubblico rischia d'essere violato. E non importa che il credo di Buttiglione sugli omosessuali sia eventualmente condiviso da ampie maggioranze: ci sono diritti (quelli garantiti dalla Carta dei diritti ma non quello di abortire più o meno facilmente) che dovrebbero valere anche quando ci son maggioranze desiderose di smantellarli.

A questo punto si pongono tre questioni. La prima attiene all'etica personale, la seconda è costituzionale europea, la terza è storico-politica, e riguarda il peso che la memoria del passato dovrebbe o non dovrebbe avere non solo sull'agire politico, ma sulle credenze stesse degli europei occidentali.

Il problema etico personale è stato sollevato, in Italia, da politici e intellettuali che denunciano il pregiudizio anticattolico che regnerebbe nell'Unione. Si è parlato di «dogma del politicamente corretto», che impedirebbe di esprimere opinioni morali su omosessuali o parità della donna. Buttiglione ha lamentato l'«odio» che lo colpirebbe, e l'esistenza di una ricattatoria «nuova ortodossia accompagnata a una nuova inquisizione, questa volta anticristiana». Queste accuse non hanno senso, perché i parlamentari non hanno condannato una fede: hanno espresso, proprio come Buttiglione, una valutazione politica. Si sono domandati quali riflessi su Buttiglione commissario-legislatore avranno le sue convinzioni etiche. Inoltre per un filosofo e storico della Chiesa è veramente fuori posto se non blasfemo, comparare l'Inquisizione con i giudizi (non mortiferi) espressi dal Parlamento europeo.

Il problema costituzionale riguarda il diritto del Parlamento europeo a bocciare un commissario, ed eventualmente l'intera commissione (anche perché son almeno 5, i commissari ritenuti incapaci o eticamente non ineccepibili). Mi sembra completamente fuori luogo parlare di «crisi istituzionale senza precedenti», in caso di censura dell'esecutivo Barroso, e di turbativa che guasterebbe le cerimonie romane del 29 ottobre, quando i governi approveranno la costituzione europea. La bocciatura di un governo da parte del Parlamento è cosa affatto normale in uno Stato, e solo chi s'oppone a un'Unione politica considera disastroso che la stessa procedura diventi normale anche nei rapporti Commissione-Parlamento europeo (salvo poi giudicare la Commissione una burocrazia senza legittimazione democratica). Ancor più grave è che Barroso e Buttiglione (parlando sulla Stampa a Amedeo La Mattina), chiamino i governi a far pressione sui gruppi parlamentari europei. La commissione è un organo federale che risponde davanti a deputati eletti direttamente dai popoli europei, non davanti agli Stati. La verità, forse, è che molti governi temono una prova di forza Commissione-Parlamento europeo, perché essa dimostrerebbe in maniera spettacolare (e per niente negativa, oltre che raddrizzabile) i poteri dell'assemblea sovrannazionale.

La terza questione è storico-morale. È vero, credere che l'omosessualità sia un peccato (vocabolo gravoso per i religiosi, che si paga con punizioni o Inferno) è un credo non censurabile in democrazia. Ma c'è qualcosa di più nella parola usata, e non basta ammettere - come Buttiglione nella lettera di ritrattazione a Barroso - che essa suscita «emotività». È qualcosa che con il cristianesimo ha poco a che vedere (non c'è condanna degli omosessuali nel verbo di Gesù, e l'omosessualità è equiparata a sodomia solo nell'XI secolo). Ed è qualcosa che occorre esaminare alla luce non solo della storia che ci è contemporanea, ma della storia europea del Novecento.

Per esser precisi: non si può fare a meno di ricordare che gli omosessuali, accanto a ebrei e zingari, erano considerati dal nazifascismo alla stregua di genia suscettibile di infettare la pura e prolifica razza ariana, e dunque da eliminare. Lo ricordano lapidi al campo di Sachsenhausen, dove finirono e morirono centinaia di omosessuali, e lo ricorda un monumento in Italia, a Bologna, presso i giardini di Villa Cassarini di fronte a Porta Saragozza. Gli omosessuali erano accusati sulla base del paragrafo 175 del codice penale nazista (28-6-1935) di atti licenziosi e lascivi tali da «distruggere - sono le parole di un discorso segreto di Himmler, nel '37 - la purezza e la continuità biologico-razziale del popolo tedesco». Durante il nazismo centomila di essi circa furono arrestati. Alcuni furono incarcerati, altri internati, indicibilmente seviziati come cavie, uccisi. Alla fine della guerra, ne erano sopravvissuti 4000.

Coloro che son onorati come martiri nei monumenti diventano oggetto di tabù, perché sulla memoria storica e sugli interdetti si è voluta costruire una società non disumana. E il tabù mette in evidenza come la discriminazione precedente il martirio sia una cosa, la discriminazione dopo il martirio un'altra, radicalmente diversa. Questo vale per il monumento Yad Vashem, a Gerusalemme, come per i monumenti di Sachsenhausen e Bologna evocanti coloro che, perché omosessuali, dovevano cucire sulla casacca il triangolo rosa. Come dobbiamo innalzare tabù sull'antisemitismo, così dobbiamo innalzarli anche su zingari e «triangoli rosa». Non possiamo dire che gli attacchi antiebraici di Dostoevskij sono improponibili dopo la Shoah, e quelli contro gli omosessuali no. Non possiamo rispettare i tabù sull'antisemitismo, e affermare che la critica contro la discriminazione degli omosessuali è invece un dogma anticristiano del politicamente corretto. Un poeta può forse: la letteratura osa l'indicibile. Un politico non può.

Lo stesso articolo di fede della Chiesa sugli omosessuali andrà forse rivisto in Europa e America (e secondo me lo sarà) così come son stati corretti alla luce dei crimini passati il pregiudizio anti-giudaico, le crociate, le conversioni forzate, la schiavitù dei negri. Sennò bisogna dire che anche il rifiuto dell'antisemitismo - o il rifiuto di criminalizzare zingari, malati mentali, slavi - è in fondo un dogma politicamente corretto, un'ortodossia che gli antidogmatici possono abbattere. Nessun democratico, immagino, vorrà cadere in sì grande contraddizione, e dimenticare la storia da cui gli Europei vengono, e che ha fondato e fonda ancor oggi la loro unità.

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