Da Il Messaggero del 26/10/2004
Sul risultato elettorale il peso del non voto
di Mario Ajello
IL SETTE a zero è un sette a zero. E parla da sé. Però, dentro a questo risultato, ce n’è un altro che spiega tutto, o quasi: il sessanta per cento dei votanti non ha votato. Si dirà: è normale, per una elezione suppletiva. Però nel 1999, nell’ultima tornata di suppletive paragonabile a quella di adesso perché interessarono cinque collegi (ora sette), l’astensionismo fu “solo” del 50 per cento. Ora è dieci punti di più. E non c’è alcun sondaggista e analista di flussi elettorali che in queste ore non stia chiedendosi a chi appartengano i non-voti, da dove provengano e come si spieghino. La tesi pre-elettorale di D’Alema diceva che il Cavaliere neo-democristiano non scalda i cuori dei propri tifosi che lo adorano “nature”: duro e puro. Quindi sono restati a casa? Piero Ignazi, studioso del Mulino, autore del classico “Post-fascisti?” e specializzato sulle tendenze del centro-destra italiano e europeo, spiega: «Quando gli elettori passano da uno schieramento all’altro, non lo fanno seguendo un tragitto diretto. Ma fermandosi in una tappa intermedia: quella dell’astensionismo. Queste suppletive ci dicono che l’elettorato di centro-destra è in graduale movimento. Si è fermato nella prima tappa del suo cammino. E alle regionali e poi alle politiche potrebbe fare il tratto mancante di questo iter: dal non-voto al cambio di voto».
Nel frattempo, c’è l’Ulivo ubriaco per la vittoria e il Polo che finge di non voler andare dallo psicoanalista. Però. Avverte il mago dei numeri Nando Pagnoncelli, dell’Ipsos: «C’è sempre, in Italia, una doppia tendenza sbagliata. Quella di sovradimensionare il significato politico generale delle elezioni suppletive e quello di stupirsi, ogni volta, che l’astensionismo è alto». Invece è basso, secondo lei? «Io dico che in queste suppletive, come nelle altre, a votare sono le persone più motivate e più informate. Cioè, per lo più, gli elettori di centro-sinistra. Mentre quelli di centro-destra sono in genere più anziani, meno mobilitabili e più distanti dalla politica. Nelle indagini che abbiamo fatto, meno di un elettore su due sapeva, fino a tre settimane prima del voto, che si sarebbero svolte queste suppletive».
Insomma l’astensionismo è polista. Ma c’è chi lo circoscrive all’hic et nunc e chi lo proietta su grandi scenari. Incalza Pagnoncelli: «E’ sbagliato collegare questo voto ai prossimi appuntamenti elettorali. Il “caso Milano”, per esempio, non significa nulla né per le regionali del 2005 né per le politiche del 2006. Il Polo non si deve troppo deprimere e l’Ulivo non si deve troppo esaltare. Nelle suppletive, per esempio, non esiste quasi per nulla l’effetto trascinamento dei leader o un supporto mediatico generale capace di spingere, in quei collegi isolati dove si vota, la gente alle urne».
Anche tra i politologi oltre che fra i politici, senza nessun collegamento fra i due ambiti professionali si confrontano insomma i minimalisti e i massimalisti. Non si sa dove collocare Salvatore Vassallo, che è vice-direttore di uno dei più accreditati istituti di analisi politica, il Cattaneo di Bologna. Spiega questo giovane professore, allievo di Arturo Parisi: «I nostri sondaggi ci dicono che, da un anno e mezzo, i sostenitori del Polo sono elettoralmente più demotivati di quelli dell’opposizione. Ciò aveva portato i leader del Listone, prima delle europee, a sovrastimare le percentuali della propria vittoria. Si aspettavano, a proprio vantaggio, un forte astensionismo nel fronte berlusconiano. Ma alla fine, fra sms, comizio del Cavaliere al seggio e altre iniziative così, il Polo riuscì a mobilitare i votanti. Ciò che è accaduto alle europee non è avvenuto in queste suppletive. Che fotografano la disaffezione dell’elettorato di centro-destra nella sua nudità e senza quegli stimoli dopanti che ci sono stati la volta scorsa».
Significa che Prodi vincerà se Berlusconi non riesce a inventarsi altre diavolerie e invece rischia se dal cappello mediatico del Cavaliere esce qualche nuova magia? «Io nota Vassallo a differenza del professor Sartori credo che i poli siano abbastanza impermeabili l’uno rispetto all’altro e che insomma in Italia gli elettori non si spostano molto dal Polo all’Ulivo o viceversa. L’equilibrio cambia per effetto della smobilitazione, cioè dell’astensionismo, di uno dei due contendenti. La smobilitazione è più decisiva del travaso di voti. In queste suppletive ne ha fatto le spese il centro-destra».
Così sarà magari anche in futuro. Ma le pillole anti-depressione, che già hanno funzionato alle europee, verranno presto ritirate fuori dai cassetti del Grande Alchimista.
Nel frattempo, c’è l’Ulivo ubriaco per la vittoria e il Polo che finge di non voler andare dallo psicoanalista. Però. Avverte il mago dei numeri Nando Pagnoncelli, dell’Ipsos: «C’è sempre, in Italia, una doppia tendenza sbagliata. Quella di sovradimensionare il significato politico generale delle elezioni suppletive e quello di stupirsi, ogni volta, che l’astensionismo è alto». Invece è basso, secondo lei? «Io dico che in queste suppletive, come nelle altre, a votare sono le persone più motivate e più informate. Cioè, per lo più, gli elettori di centro-sinistra. Mentre quelli di centro-destra sono in genere più anziani, meno mobilitabili e più distanti dalla politica. Nelle indagini che abbiamo fatto, meno di un elettore su due sapeva, fino a tre settimane prima del voto, che si sarebbero svolte queste suppletive».
Insomma l’astensionismo è polista. Ma c’è chi lo circoscrive all’hic et nunc e chi lo proietta su grandi scenari. Incalza Pagnoncelli: «E’ sbagliato collegare questo voto ai prossimi appuntamenti elettorali. Il “caso Milano”, per esempio, non significa nulla né per le regionali del 2005 né per le politiche del 2006. Il Polo non si deve troppo deprimere e l’Ulivo non si deve troppo esaltare. Nelle suppletive, per esempio, non esiste quasi per nulla l’effetto trascinamento dei leader o un supporto mediatico generale capace di spingere, in quei collegi isolati dove si vota, la gente alle urne».
Anche tra i politologi oltre che fra i politici, senza nessun collegamento fra i due ambiti professionali si confrontano insomma i minimalisti e i massimalisti. Non si sa dove collocare Salvatore Vassallo, che è vice-direttore di uno dei più accreditati istituti di analisi politica, il Cattaneo di Bologna. Spiega questo giovane professore, allievo di Arturo Parisi: «I nostri sondaggi ci dicono che, da un anno e mezzo, i sostenitori del Polo sono elettoralmente più demotivati di quelli dell’opposizione. Ciò aveva portato i leader del Listone, prima delle europee, a sovrastimare le percentuali della propria vittoria. Si aspettavano, a proprio vantaggio, un forte astensionismo nel fronte berlusconiano. Ma alla fine, fra sms, comizio del Cavaliere al seggio e altre iniziative così, il Polo riuscì a mobilitare i votanti. Ciò che è accaduto alle europee non è avvenuto in queste suppletive. Che fotografano la disaffezione dell’elettorato di centro-destra nella sua nudità e senza quegli stimoli dopanti che ci sono stati la volta scorsa».
Significa che Prodi vincerà se Berlusconi non riesce a inventarsi altre diavolerie e invece rischia se dal cappello mediatico del Cavaliere esce qualche nuova magia? «Io nota Vassallo a differenza del professor Sartori credo che i poli siano abbastanza impermeabili l’uno rispetto all’altro e che insomma in Italia gli elettori non si spostano molto dal Polo all’Ulivo o viceversa. L’equilibrio cambia per effetto della smobilitazione, cioè dell’astensionismo, di uno dei due contendenti. La smobilitazione è più decisiva del travaso di voti. In queste suppletive ne ha fatto le spese il centro-destra».
Così sarà magari anche in futuro. Ma le pillole anti-depressione, che già hanno funzionato alle europee, verranno presto ritirate fuori dai cassetti del Grande Alchimista.
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