Da Corriere della Sera del 22/10/2004

Tutte le accuse dell’ordinanza «Arruolati per azioni militari»

di Fiorenza Sarzanini

ROMA - L’attività compiuta in Iraq dalla società Presidium di Salvatore Stefio era «una sorta di cruenta intermediazione di mano d’opera per operazioni di tipo apertamente militare». E’ questo il passaggio chiave dell’ordinanza del gip di Bari che accusa gli italiani rapiti dalle Brigate Verdi di essere «mercenari al servizio della coalizione angloamericana». Alla Presidium il magistrato dedica un lungo capitolo del provvedimento. La definisce un «centro di addestramento e arruolamento di mercenari o peggio, come farebbe pensare la scelta della sede centrale in un paradiso fiscale e la relativa tranquillità che offre l’uso di un sito internet consultabile da tutti ma rintracciabile da pochi e come avvalora la politica "aziendale" di aprire succursali solo virtuali». E poi aggiunge: «Che si trattasse di compiti militari è dimostrato dal fatto che Cupertino nelle sue dichiarazioni abbia detto che i quattro italiani avevano formato una squadra denominata "Delta", particolare da lui appreso soltanto durante la prigionia». Il provvedimento riguarda Giovanni Spinelli. Ma un ruolo centrale viene attribuito a Paolo Simeone, che in Iraq reclutava le guardie del corpo. Per descrivere il lavoro che i quattro ostaggi e gli altri contractors svolgevano in Iraq, il gip si affida al verbale di interrogatorio di Paolo Casti del 17 giugno 2004, sottolineando come le sue dichiarazioni dimostrino che si trattava di «compiti di vera e propria attività militare a supporto delle truppe della Coalizione».

«Sono stato reclutato nel febbraio 2004. Sul posto trovai Simeone, Meli e Quattrocchi. Simeone doveva reclutare undici persone. Armati di pistola e mitraglietta Mps dello stesso calibro, avevamo il potere di fermare e controllare le persone e, in caso di necessità, di aprire il fuoco, sempre e solo in risposta ad un attacco armato. Preciso che questa attività era svolta con l’avallo della sicurezza dell’albergo, della polizia irachena ivi presente e delle stesse forze della coalizione che autonomamente o su nostra richiesta ci coadiuvavano nell’espletamento delle nostre attività. Preciso che le stesse forze della coalizione (militari americani) in più occasioni hanno usufruito del comprensorio dell’albergo e delle sue strutture interne per porre delle basi di osservazione e postazioni di attacco (installazione di lanciarazzi). Secondo quanto riferitomi da Paolo Simeone la ragione di ciò poteva risiedere nel fatto che, come riferito a lui dai servizi americani, in esso vi fosse un nucleo dei "Feddayn di Saddam" verso il quale, per motivi strategici, le forze della coalizione ritenevano di non dover intervenire».

Il resto lo ha raccontato il 12 maggio 2004 Dridi Forese che «per settemila dollari al mese accettava di lavorare in Iraq come operatore di sicurezza con in dotazione una mitraglietta tedesca Mp5 calibro 9 parabellum e una pistola semiautomatica del medesimo calibro, le stesse armi fornite da Simeone ad Agliana e Cupertino al momento del loro arrivo a Bagdad». Il magistrato non sembra avere dubbi: «Le indagini hanno consentito sinora di accertare che era effettivamente vero quanto ipotizzato subito dopo il sequestro degli italiani e cioè che essi erano mercenari o quantomeno "gorilla" a protezione di uomini d’affari in quel martoriato Paese».

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